Decine di morti in Yemen per la brutale repressione attuata dall’esercito contro i
manifestanti che chiedono le dimissioni del presidente Saleh. Il bilancio provvisorio
si attesta ad oltre 50 morti, ma i disordini non si fermano nella capitale Sanaa e
la gravità della situazione ha spinto il governo statunitense ad emanare un ordine
di evacuazione per il proprio personale diplomatico. Il servizio di Giada Aquilino:
Da lunedì
le forze di sicurezza fedeli a Saleh, che rifiuta di dimettersi malgrado gli appelli
della comunità internazionale, stanno assediando la residenza dello sceicco Sadiq
al-Ahmar, capo della tribù degli Hashed e dell'opposizione. Secondo l'ultimo bilancio,
sarebbero in tutto almeno 68 le vittime dei combattimenti dall'inizio degli scontri.
Ci sarebbero inoltre almeno 24 vittime negli scontri di questa notte a Sanaa tra i
soldati dell'esercito, fedeli al presidente Ali Abdullah Saleh, e i miliziani della
tribù dello sceicco. Mentre l'esplosione di un arsenale nella capitale yemenita ha
causato 28 morti. Intanto, con una decisione che rispecchia la crescita della tensione
nello Yemen, gli Stati Uniti hanno deciso di evacuare le famiglie del personale diplomatico
Usa e tutti gli impiegati non indispensabili della sede diplomatica. Ieri il presidente
americano Barack Obama da Londra aveva chiesto al presidente yemenita, Ali Abdallah
Saleh, di lasciare il potere. Un’ipotesi che Saleh continua a respingere con fermezza.
Quattro
Paesi europei fanno appello all’Onu sul caso Siria: hanno presentato al Consiglio
di Sicurezza una bozza di risoluzione per chiedere al governo di Bashar el-Assad la
fine delle violenze contro i manifestanti che, da oltre due mesi, protestano nelle
piazze. Il servizio di Davide Maggiore:
Nella bozza,
secondo quanto riporta l’agenzia Reuters, si condannano le violazioni sistematiche
dei diritti umani da parte del governo di Damasco contro manifestanti pacifici, attivisti
e giornalisti. Le accuse includono “uccisioni, detenzioni arbitrarie, sparizioni e
torture”. Il documento è stato presentato al Consiglio di Sicurezza dai quattro Stati
europei che ne fanno parte: Gran Bretagna, Francia, Germania e Portogallo. Gli analisti
temono tuttavia che la Russia, membro permanente del Consiglio, possa bloccare la
risoluzione opponendo il veto: nelle scorse settimane il presidente Medvedev aveva
fatto sapere che Mosca non avrebbe appoggiato, contro la Siria, una risoluzione simile
a quella applicata contro la Libia. Intanto ieri Assad si è visto confermare il sostegno
del partito sciita libanese Hezbollah, suo alleato storico. Il leader del movimento
Hassan Nasrallah, si è dichiarato fedele alla sicurezza “della Siria, del suo regime
e del suo popolo”. Da parte loro i dissidenti hanno annunciato nuove manifestazioni,
e il sito Syrian Revolution ha chiesto all’esercito, finora fedele al regime, di unirsi
alle proteste. Secondo le organizzazioni locali per i diritti umani sono oltre 1000
i morti dall’inizio della crisi, in massima parte civili.