2011-05-26 20:11:20

A Deauville, in Normandia, l'apertura del G8 con appelli a Libia e Siria a cessare la violenza


Vertice dei capi di stato e di governo del G8 a Deauville, in Normandia e che vedrà domani, ultimo giorno del summit, la sessione allargata alla partnership con l’Africa. Dieci i paesi africani presenti, più i capi di Onu, Ue, Fondo monetario internazionale, Banca Mondiale e Unione Africana. Francesca Pierantozzi RealAudioMP3

Nell’incontro tra i rappresentanti degli otto grandi della Terra, in discussione anche l’emergenza nucleare in Giappone, la situazione economica mondiale a quasi tre anni dall'inizio della crisi finanziaria globale, il processo di pace israelo-palestinese e tanti temi caldi del momento. Di fronte ad un’agenda così vasta con quale stato d’animo guardare a questo G8? Giancarlo La Vella ha raccolto il parere di Sergio Marelli, presidente della Focsiv, la Federazione Organismi Cristiani di Servizio Internazionale Volontario: RealAudioMP3

R. – Quello di comprendere come ancora un club di Paesi, che non riveste più la maggioranza delle economie e del prodotto interno lordo mondiale, potrà e saprà ritagliarsi un ambito di discussione distinto, non sovrapposto a quello del G20, quell’ambito che ormai per le questioni economiche e finanziarie globali ha assunto il ruolo di protagonista nello scenario internazionale. E’ un G8 dove i Paesi industrializzati devono ridimostrare la tenuta della propria leadership e della propria valenza sullo scenario internazionale.

D. – Di fronte al gruppo dei tradizionali potenti del mondo si vanno affermando anche economie emergenti come il Brasile, la Russia, l’India, la Cina o il Sudafrica, il cosiddetto gruppo “BRICS”. Ci sono interessi divergenti tra queste due parti?

R. – Purtroppo io penso, invece, che ci sia una convergenza di interessi. Questi Paesi, alcuni dei quali fino a un po’ di tempo fa erano anche i portabandiera della voce dei Paesi poveri, nel momento in cui le loro economie sono state ammesse nel gotha della finanza internazionale, sembrano aver profondamente modificato i loro atteggiamenti, facendoli diventare molto simili a quelli dei vecchi Paesi industrializzati, che da sempre hanno dominato l’economia e la finanza a livello mondiale. La speranza è che essi non si dimentichino di essere appena usciti da una situazione di povertà e nella quale hanno direttamente sperimentato la necessità di soluzioni democratiche, di soluzioni che coinvolgano la società civile e di prospettive che tengano conto del destino e del benessere di tutti e non solamente della promozione di interessi particolari di pochi.

D. – In questi vertici sembra rimanere, purtroppo, sempre a margine quella che è la tematica sociale e umanitaria. Per quale motivo?

R. – Sicuramente, perché oggi l’interesse dei governanti è fortemente attratto dalle questioni della crisi economica che ha colpito i Paesi industrializzati e non solo negli ultimi anni. Non si è compreso, invece, che non occuparsi delle questioni sociali, non occuparsi della questione delle povertà e delle miserie del mondo, non occuparsi del destino di quei tre miliardi di persone che stanno fuori dalle economie che ce l’hanno fatta, non può essere la via per trovare una soluzione. Io considero questa scelta una grande miopia politica. (bf)










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