L’Unione Africana celebra oggi il 48esimo anniversario dalla sua fondazione. Sorta
il 25 maggio del 1963 accomunava le giovani nazioni africane. Oggi questo strumento
regionale si è potuto affrancare dai limiti legati allo sviluppo post-coloniale, affermando
il proprio ruolo nel contesto del diritto internazionale. Tra i temi al centro dell’odierna
riunione straordinaria dei capi di Stato e di governo africani, la crisi libica e
quella sud-sudanese, argomenti importanti anche in vista del G8 di Deauville, in Francia,
che si aprirà domani. Per fare il punto sull’evoluzione dell’Unione Africana alla
luce dei processi storico-politici di oggi Stefano Leszczynski ha intervistato
Mario Raffaelli, presidente di Amref Italia.
R. - Sicuramente
c’è un’evoluzione positiva dall’organizzazione precedente - che, oltre ad essere totalmente
inefficiente, era stata etichettata come una sorta di club di dittatori - all’organizzazione
attuale, che vede raccolti degli Stati nei quali, in molti di essi, si sono svolti
processi democratici e che sta cercando di dotarsi di una struttura più aderente alle
esigenze del continente. Ovviamente i processi non sono veloci, siamo ai primi passi.
Se si fa, però, una comparazione tra lo strumento precedente e l’Unione Africana di
adesso il bilancio è positivo.
D. - Tuttavia non è sembrata riuscire
ad adottare delle posizioni energiche per quanto riguarda ad esempio la Libia e il
Sudan…
R. - Sì, sono i due dossier su cui adesso sono chiamati ad un
impegno straordinario. Nella Libia, ovviamente, facendo i conti con le posizioni che
sono state prese dagli occidentali, nel Darfur e nel Sud Sudan, il compito è ancora
più delicato. Nel passato, però, la vecchia Unione Africana nemmeno si occupava di
questi problemi, non aveva nemmeno nel suo dna l’eventualità di occuparsi di gestione
di conflitti. Adesso sia pure con difficoltà ci si prova.
D. - Siamo
alla vigilia di una nuova riunione del G8. Oggi l’Unione Africana si presenta con
una posizione più forte, secondo lei, di fronte alle potenze occidentali, coloro
che, insomma, dovrebbero investire sullo sviluppo africano?
R. - Più
consapevole e più forte per il fatto che sono in corso appunto questi processi bilaterali
con Cina e India, in particolare, che stanno andando avanti in maniera sostenuta.
Quindi, dovrebbe essere interesse anche delle altre potenze avere un approccio importante
e nuovo. Il G8 ovviamente non è una sede di decisione, è però l’unica sede rimasta
nella quale i problemi africani possono essere presi in esame e dove possono essere
prese decisioni di principio, che poi - facendo parte del G8 le potenze più importanti
del mondo - dovrebbero trovare nelle altre istituzioni un seguito. (ap)