2011-05-23 14:45:58

Nuove tensioni in Sudan: a rischio una nuova guerra tra Nord e Sud


La tensione è tornata a salire tra il Nord e il Sud Sudan a poche settimane dalla dichiarazione di indipendenza da parte del Sud, in seguito al referendum del 9 gennaio scorso. Le capitali Khartoum e Jouba si trovano ora a un passo da un nuovo conflitto a causa dell’invasione da parte dell’esercito del Nord Sudan della regione petrolifera contesa dell’Abyei. Un'azione che il Sud Sudan ha condannato come una Dichiarazione di guerra, invocando l’intervento della comunità internazionale. Immediata la condanna da parte dell’Onu e dell’Unione europea che chiedono la cessazione delle violenze nell’area contesa, violenze che mettono a rischio la vita di migliaia di persone. Sulla crisi in atto, Stefano Leszczynski ha intervistato Davide Berruti, coordinatore dell’Ong "Intersos" in Sud Sudan.RealAudioMP3

R. – Probabilmente non ci si aspettava un’iniziativa così aggressiva da parte del Nord, anche se c’erano i segnali. Le tensioni nelle regioni di Abyei e in quelle immediatamente vicine, come nel Jonglei, si sono fatte sentire in maniera abbastanza forte nelle settimane scorse. Sono sicuramente in aumento, ma non ci spettavamo questo tipo di reazione.

D. – Anche perché le emergenze relative al conflitto di una guerriglia per il momento possono avere ricadute veramente pesanti e pericolose per migliaia di persone in quell’area...

R. – Assolutamente sì. Nel Jonglei, la regione dove siamo presenti, nelle scorse settimane sono aumentati a dismisura gli attacchi tra le diverse fazioni, tra i gruppi etnici, che è un problema annoso del Sud Sudan. Man mano che ci avviciniamo al 9 luglio, giorno dell’indipendenza, la tensione cresce. Il numero di persone vittime di queste violenze attualmente sono ancora contenuti, ma non possiamo conoscerli.

D. – La questione centrale è, comunque, quella del controllo delle risorse petrolifere...

R. – Assolutamente! D’altra parte, se non fosse così l'Abyei sarebbe una regione come tutte le altre, rientrata nel Cpa con uno status già definito. Se non lo è, è proprio perché è la regione che interessa più di tutte. Quindi, dubito che il Nord se la faccia portar via.

D. – Possiamo dire che, vista la situazione in quell’area, gli accordi di pace sono un qualcosa a cui rimanere "aggrappati con le unghie e con i denti" per evitare il caos...

R. – Assolutamente sì. Anche nel nostro lavoro, che facciamo con la popolazione, con i rifugiati, con gli sfollati e le popolazioni locali, con le nostre associazioni partner e le comunità con cui operiamo, sicuramente quello della pace è un valore aggiunto, che è sempre presente in ogni nostra azione, e nel sopperire alle necessità primarie della popolazione, cerchiamo di trasmettere questo valore in ogni maniera, in ogni parola e in ogni nostro gesto. (ap)







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