2011-05-19 15:26:18

Dimissioni di Strauss-Kahn, accusato di stupro. Partita la corsa alla guida del Fmi


Dominique Strauss-Kahn si è dimesso dall’incarico di direttore generale del Fondo monetario internazionale. Era stato arrestato nei giorni scorsi a New York con l'accusa di una presunta violenza sessuale ai danni di una cameriera d'albergo. Sentiamo Salvatore Sabatino:RealAudioMP3

Una lettera indirizzata al board dell'Fmi. Così Strauss Kahn, ha comunicato la sua uscita di scena, motivando la decisione con l'intento di proteggere l'istituzione e nel convincimento della propria innocenza che, assicura, proverà presto. E l’occasione gli verrà concesso già tra poche ore, quando comparirà per la seconda volta davanti alla Corte Penale di New York. I suoi legali hanno già fatto sapere che torneranno a chiedere la liberazione del loro assistito, dietro pagamento di una cauzione di un milione di dollari e con il braccialetto elettronico alla caviglia che ne permetta il costante controllo. Ma in molti credono che il giudice protenderà per la proroga dell’arresto. Intanto la guida del Fondo è andata, momentaneamente, al suo vice, John Lipsky, che reggerà l’incarico fino alla nuova nomina. Fra i primi nomi per la successione, spunta anche quello di un candidato cinese. L’UE, da parte sua, si dice pronta ad esprimere una forte candidatura europea, e attraverso il cancelliere tedesco Merkel insiste sulla direzione del fondo in mano ad una personalità che arrivi dal vecchio continente. Di certo c’è che le dimissioni di Strauss-Kahn lasciano vuota la poltrona del Fondo Monetario in un momento molto importante. Ma quali i contraccolpi che, nella realtà dei fatti, ci possiamo attendere? Lo abbiamo chiesto a Gianfranco Viesti, docente di Economia applicata presso l’Università di Bari:

R. - I contraccolpi saranno molto contenuti se arriverà subito un successore: Strauss-Kahn è una persona di grandissima qualità, però viste le sue vicende personali, ce ne sono altre altrettanto brave in giro per il mondo che potranno prendere il suo posto. Sarà importante, a questo punto, vedere se sarà europeo o meno, perché questo è un aspetto storico del Fondo - avere il direttore che arriva dal “vecchio continente” - ma sappiamo anche che ci sono molti pretendenti. Questo sarà importante anche per capire un po’ il segno del ruolo dell’Europa nel mondo.

D. - Molti pretendenti, che arrivano soprattutto dai Paesi in via di sviluppo: questo vuol dire che qualcosa sta cambiando?

R. - Questo sta cambiando ormai da tempo e non è un male, nel senso che quella istituzione che è nata nel ’44 per fare la banca dei Paesi ricchi e aiutarli nei casi di crisi di bilancio dei pagamenti, ormai da decenni lavora soprattutto con i Paesi emergenti, raccogliendo fondi dai Paesi emergenti, che sono ormai azionisti di grande importanza. Dunque è normale che la sua governance cambi e che ruoli di responsabilità vengano assunti da loro.

D. – E’ pur vero che l’asse economico internazionale si sta spostando verso l’Asia e non è un caso che dalla Cina arriva l’appello più importante, più forte: in un comunicato giunto da Pechino si dice, infatti, che si deve continuare a riformare la struttura del Fondo Monetario, la sua governance, e si deve scegliere la leadership in base ai principi di equità, trasparenza e merito…

R. - Che l’asse del potere si sposti verso l’Asia e che il Fondo Monetario ne subisca le conseguenze è una vicenda assolutamente normale. Naturalmente c’è sempre la diplomazia all’opera: la diplomazia europea, per così dire, difende questo posto il più possibile; la diplomazia asiatica, e in particolare quella cinese, lo richiede a gran voce. Mi sembra un gioco delle parti assolutamente normale nelle relazioni internazionali.

D. - Il Fondo Monetario Internazionale è venuto a guadagnarne dalla gestione Strauss-Kahn, che l’ha riportato ad un ruolo di primo piano: qual è l’eredità, secondo lei, che lascia al suo successore?

R. - E’ un’eredità importantissima, perché il Fondo aveva assunto una visione ideologica, soprattutto nel decennio precedente. Era stato poi coinvolto in una serie di crisi, soprattutto alla fine degli anni Novanta, nelle quali il suo ruolo era stato fortemente discusso: molti avevano sottolineato come in alcune circostanze il Fondo avesse aggravato queste crisi, piuttosto che risolverle. Strauss-Kahn ha avuto questo merito straordinario di aver modificato l’approccio, trasformandolo da una visione molto ideologica ad una visione molto più pragmatica. E questo, credo, sarà un merito che gli verrà sempre riconosciuto.

D. - Quindi il suo successore dovrà proseguire inevitabilmente su questa strada?

R. - La grande crisi internazionale, in questi ultimi anni, ci ha mostrato che una fede eccessiva in meccanismi automatici di mercato è mal riposta. Dunque una “istituzione cane da guardia” di questi automatismi, come è stato il Fondo Monetario in passato, è una istituzione un po’ fuori dal tempo adesso: abbiamo imparato che regole da parte dei governi e regole internazionali sono assolutamente indispensabili; dunque, il Fondo più che fare il paladino della “deregulation”, deve fare il paladino di una nuova, flessibile ed intelligente regolazione internazionale. (mg)







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