Dimissioni di Strauss-Kahn, accusato di stupro. Partita la corsa alla guida del Fmi
Dominique Strauss-Kahn si è dimesso dall’incarico di direttore generale del Fondo
monetario internazionale. Era stato arrestato nei giorni scorsi a New York con l'accusa
di una presunta violenza sessuale ai danni di una cameriera d'albergo. Sentiamo Salvatore
Sabatino:
Una lettera
indirizzata al board dell'Fmi. Così Strauss Kahn, ha comunicato la sua uscita di scena,
motivando la decisione con l'intento di proteggere l'istituzione e nel convincimento
della propria innocenza che, assicura, proverà presto. E l’occasione gli verrà concesso
già tra poche ore, quando comparirà per la seconda volta davanti alla Corte Penale
di New York. I suoi legali hanno già fatto sapere che torneranno a chiedere la liberazione
del loro assistito, dietro pagamento di una cauzione di un milione di dollari e con
il braccialetto elettronico alla caviglia che ne permetta il costante controllo. Ma
in molti credono che il giudice protenderà per la proroga dell’arresto. Intanto la
guida del Fondo è andata, momentaneamente, al suo vice, John Lipsky, che reggerà l’incarico
fino alla nuova nomina. Fra i primi nomi per la successione, spunta anche quello di
un candidato cinese. L’UE, da parte sua, si dice pronta ad esprimere una forte candidatura
europea, e attraverso il cancelliere tedesco Merkel insiste sulla direzione del fondo
in mano ad una personalità che arrivi dal vecchio continente. Di certo c’è
che le dimissioni di Strauss-Kahn lasciano vuota la poltrona del Fondo Monetario in
un momento molto importante. Ma quali i contraccolpi che, nella realtà dei fatti,
ci possiamo attendere? Lo abbiamo chiesto a Gianfranco Viesti,
docente di Economia applicata presso l’Università di Bari:
R. - I contraccolpi
saranno molto contenuti se arriverà subito un successore: Strauss-Kahn è una persona
di grandissima qualità, però viste le sue vicende personali, ce ne sono altre altrettanto
brave in giro per il mondo che potranno prendere il suo posto. Sarà importante, a
questo punto, vedere se sarà europeo o meno, perché questo è un aspetto storico del
Fondo - avere il direttore che arriva dal “vecchio continente” - ma sappiamo anche
che ci sono molti pretendenti. Questo sarà importante anche per capire un po’ il segno
del ruolo dell’Europa nel mondo.
D. - Molti pretendenti, che arrivano
soprattutto dai Paesi in via di sviluppo: questo vuol dire che qualcosa sta cambiando?
R.
- Questo sta cambiando ormai da tempo e non è un male, nel senso che quella istituzione
che è nata nel ’44 per fare la banca dei Paesi ricchi e aiutarli nei casi di crisi
di bilancio dei pagamenti, ormai da decenni lavora soprattutto con i Paesi emergenti,
raccogliendo fondi dai Paesi emergenti, che sono ormai azionisti di grande importanza.
Dunque è normale che la sua governance cambi e che ruoli di responsabilità vengano
assunti da loro.
D. – E’ pur vero che l’asse economico internazionale
si sta spostando verso l’Asia e non è un caso che dalla Cina arriva l’appello più
importante, più forte: in un comunicato giunto da Pechino si dice, infatti, che si
deve continuare a riformare la struttura del Fondo Monetario, la sua governance, e
si deve scegliere la leadership in base ai principi di equità, trasparenza e merito…
R.
- Che l’asse del potere si sposti verso l’Asia e che il Fondo Monetario ne subisca
le conseguenze è una vicenda assolutamente normale. Naturalmente c’è sempre la diplomazia
all’opera: la diplomazia europea, per così dire, difende questo posto il più possibile;
la diplomazia asiatica, e in particolare quella cinese, lo richiede a gran voce. Mi
sembra un gioco delle parti assolutamente normale nelle relazioni internazionali.
D.
- Il Fondo Monetario Internazionale è venuto a guadagnarne dalla gestione Strauss-Kahn,
che l’ha riportato ad un ruolo di primo piano: qual è l’eredità, secondo lei, che
lascia al suo successore?
R. - E’ un’eredità importantissima, perché
il Fondo aveva assunto una visione ideologica, soprattutto nel decennio precedente.
Era stato poi coinvolto in una serie di crisi, soprattutto alla fine degli anni Novanta,
nelle quali il suo ruolo era stato fortemente discusso: molti avevano sottolineato
come in alcune circostanze il Fondo avesse aggravato queste crisi, piuttosto che risolverle.
Strauss-Kahn ha avuto questo merito straordinario di aver modificato l’approccio,
trasformandolo da una visione molto ideologica ad una visione molto più pragmatica.
E questo, credo, sarà un merito che gli verrà sempre riconosciuto.
D.
- Quindi il suo successore dovrà proseguire inevitabilmente su questa strada?
R.
- La grande crisi internazionale, in questi ultimi anni, ci ha mostrato che una fede
eccessiva in meccanismi automatici di mercato è mal riposta. Dunque una “istituzione
cane da guardia” di questi automatismi, come è stato il Fondo Monetario in passato,
è una istituzione un po’ fuori dal tempo adesso: abbiamo imparato che regole da parte
dei governi e regole internazionali sono assolutamente indispensabili; dunque, il
Fondo più che fare il paladino della “deregulation”, deve fare il paladino di una
nuova, flessibile ed intelligente regolazione internazionale. (mg)