Iraq: dialogo con il mondo islamico per fermare l'esodo dei cristiani
Per fermare l’esodo dei cristiani dall’Iraq e costruire un futuro di pace nel Paese
l’unica via non è lo “scontro di civiltà”, ma quella del dialogo con i musulmani.
Ad affermarlo è il padre domenicano Yousif Thomas Mirkis, direttore di "Al-Fikr Al-Masihi"
(“Il pensiero cristiano”), il primo e più autorevole periodico cattolico del Paese.
In un’intervista rilasciata all’agenzia Apic a margine di un Simposio sul cristianesimo
in Mesopotamia ospitato nei giorni scorsi dall’Università di Friburgo, in Svizzera,
il sacerdote domenicano fa il punto dell’attuale situazione della comunità cristiana
irachena dopo la strage del 31 ottobre nella chiesa siro-cattolica di Nostra Signora
del Perpetuo Soccorso a Baghdad. “L’attentato è stato il nostro 11 settembre che ha
rivelato tutta la fragilità della società irachena”, dice il sacerdote, sottolineando
che il problema dell’insicurezza non riguarda solo la comunità cristiana, ma anche
la popolazione musulmana non meno vittima delle violenze e del fanatismo di questi
anni. Ed è con i musulmani moderati, che costituiscono la stragrande maggioranza della
popolazione - afferma il sacerdote - , che la comunità cristiana deve collaborare
per costruire il futuro del Paese. Un futuro che dipende anche dalla capacità di ricostituire
una nuova classe dirigente, dopo la fuga di cervelli seguita alla guerra. Con questo
obiettivo – spiega padre Mirkis - i padri domenicani hanno deciso di lanciare l’Università
aperta di Scienze umane di Baghdad (Baghdad Open University for Human Sciences, www.bag-op-univ.com).
Il Centro, realizzato con il contributo di accademici, personalità del mondo della
cultura e della politica musulmani, vuole essere infatti “uno spazio di dialogo e
di ricerca per tutti i cittadini iracheni” per ricostruire “i legami di convivenza
pacifica che l’integralismo e il fanatismo cercano di distruggere”. (L.Z.)