La recente beatificazione di Giovanni Paolo II è stata un’occasione ed uno stimolo
a rivisitare il suo pensiero e le sue azioni.Per quanto riguarda l’Africa, tornano
in mente i suoi numerosi viaggi nel continente e il primo Sinodo dei vescovi per l’Africa,
svolto nell’aprile del 1994 con l’obiettivo di riflettere sulla missione evangelizzatrice
della Chiesa in Africa, alle soglie del terzo millennio. Sulla scia del Concilio
Vaticano II era stato creato il SECAM (Simposio delle Conferenze Episcopali dell’Africa
e del Madagascar). Inoltre, i vescovi, religiosi, i teologi e i fedeli laici africani
avevano maturato il desiderio di organizzare un raduno internazionale per analizzare
lo stato dell’evangelizzazione nel continente. Facendo suo questo desiderio, nel gennaio
del 1989 Giovanni Paolo II annunciò la sua decisione di convocare un Sinodo, quale
“iniziativa di grande importanza per la diffusione del Vangelo” in Africa, come lui
stesso l’aveva definita. Il tema dell’evangelizzazione, aveva spiegato allora il Papa,
si iscriveva nell’ambito della preparazione generale della Chiesa per il Giubileo
del 2000, ma nasceva anche dalla certezza che nella salvezza dell’Africa si realizzava
la volontà di Dio e che la Chiesa avrebbe dovuto continuare la sua opera benevola
e caritatevole in questo continente martoriato da molti problemi. Con il Sinodo
Wojtyla voleva dare una nuova speranza all’Africa, rinforzare la comunione tra i membri
delle comunità ecclesiastiche locali e promuovere un’organica solidarietà pastorale
in tutto il territorio, al fine di rendere l’intervento benevolo della Chiesa più
efficace e capace di aiutare gli africani ad intraprendere la via integrale dello
sviluppo.
Il Vangelo indica il cammino da percorrere, risalta i valori
positivi del continente e si radica in essi, trasformando i cuori degli uomini e le
società. Eppure, nonostante il progresso registrato nell’opera di evangelizzazione,
milioni di africani non conoscono ancora il messaggio di Cristo. L’evangelizzazione
è quindi un’urgenza, oggi. Per realizzarla appieno è necessario confrontarsi con
la società africana nel complesso, in tutta la sua specificità e tenendo conto delle
diversità interne al continente, superare le molte sfide che nel 1994 l’Assemblea
sinodale riassunse in quattro elementi principali: inculturazione, dialogo, mezzi
di comunicazione, giustizia/pace. Il Sinodo diede un nuovo impulso al progetto di
fare della Chiesa in Africa una Chiesa famiglia di Dio, ovvero una comunità attenta
alle problematiche di tutti i suoi figli, così come accade nell’ambito di qualsiasi
genuina famiglia.
Il compito non è facile, richiede impegno, volontà e comunione.
Ma una cosa è certa e costituisce un forte incoraggiamento: gli africani hanno
sete e fame di Dio. Ne hanno dato prova in passato - accogliendo con entusiasmo
il Vangelo e regalando alla Chiesa universale, nel corso dei secoli, importanti figure
di Papi, Santi e martiri - e continueranno a farlo sicuramente in futuro. Ma, sebbene
la Chiesa abbia a cuore la dignità della persona nella sua totalità, prima ancora
di denunciare i mali che affliggono gli africani essa ha il compito di annunciare
loro la Parola di Dio. Per questa ragione la Chiesa in Africa ha bisogno innanzitutto
di “auto-evangelizzarsi” e di formare operatori pastorali, soprattutto laici, capaci
di fare breccia nelle mentalità e nelle secolari strutture della società. “Per fare
sì che la Parola di Dio sia conosciuta, amata, meditata, conservata nel cuore dei
fedeli, bisogna facilitare l’accesso alla Sacra Scrittura” – scrisse il Papa nell’Esortazione
post-sinodale, Ecclesia in Africa. Egli esortò a favorire l’apostolato biblico
con l’aiuto del CEBAM - Centro Biblico per l’Africa e il Madagascar, l’organismo
preposto dal SECAM, nel 1981, per svolgere il servizio dell’apostolato biblico in
Africa a livello scientifico e pastorale, e attraverso il sostegno di strutture simili.
Il primo Sinodo per l’Africa e l’Esortazione Apostolica che ne è scaturita sono stati
di grande sostegno per la diffusione delle Sacre Scritture: molti vescovi avevano
insistito nei loro interventi sull’apostolato biblico come ossatura di base per l’evangelizzazione
in Africa. Ancor prima del Catechismo bisognava far sì che la gente conoscesse la
Bibbia.
Inoltre, come spiega l’attuale direttore del Centro, Padre Moise Adeniran
Adekambi, negli ultimi anni il CEBAM sta affidando sempre più l’attività di organizzazione
di seminari sull’animazione biblica ai coordinatori nazionali e regionali. In tal
modo il Centro può dedicarsi maggiormente alla riflessione, alla pubblicazione di
manuali tendenti a rafforzare ed orientare gli operatori pastorali a livello della
base, infine a promuovere una visione d’insieme della pastorale biblica nel continente,
coerente con la realtà della Chiesa locale. Quest’attività viene svolta in maniera
dinamica, con il supporto di “Ecclesia in Africa” e di ulteriori documenti ecclesiastici
sulla materia, come è successo nel 2010, quando il CEBAM ha realizzato a Yaoundé un
incontro su “Il Sinodo sulla Parola di Dio e l’Apostolato Biblico in Africa: bilancio
e prospettive”. Le conclusioni dell’assemblea hanno indicato che il CEBAM è sulla
buona strada, dichiara il direttore del Centro.
Il cammino non è, tuttavia,
privo di difficoltà. In Africa si soffre una grave carenza di mezzi economici devoluti
per l’apostolato. Gli scarsi strumenti di comunicazione a disposizione rendono quasi
impercettibile, a livello statale, il lavoro svolto dagli operatori della pastorale
biblica nelle varie diocesi. Non a caso si registrano diverse iniziative di auto-sostegno,
messe in atto autonomamente dalle istituzioni locali e nazionali. Sul piano continentale,
invece, il “fundraising” resta purtroppo molto problematico. Inoltre, l’opera di
traduzione della Bibbia nelle lingue locali - ognuna delle quali richiede non meno
di 10 anni di lavoro – è ancora indietro. Sebbene diverse diocesi e conferenze episcopali
abbiano da tempo avviato progetti concreti in tal senso, accade spesso che gli operatori
siano costretti a svolgere la pastorale biblica ... Senza possedere materialmente
copie della Bibbia! C’è poi da dire che il Libro Sacro è troppo costoso per molti
africani, anche se P. Adekambi resta convinto che - una volta svelata la ricchezza
della Parola di Dio, e avendo gli africani fame e sete del Vangelo - la Bibbia diventerà
una priorità e i fedeli troveranno il modo di acquistarla, a qualsiasi prezzo.
Ma
che impatto ha avuto negli ultimi 30 anni la pastorale biblica in Africa? E’ riuscito
– il CEBAM - ad innescare effettivamente quel cambiamento nei cuori, nelle menti e
nelle strutture sociali che dovrebbe naturalmente scaturire dalla conoscenza del Vangelo? E’
difficile dirlo poiché, sebbene si registrino certamente risultati positivi, le realtà
negative che affliggono il continente sono ancora numerose e spingono a riflettere.
Se si guarda al passato, in effetti, proprio le terribili violenze che si sono verificate
nel continente africano durante e dopo il primo Sinodo, e il perdurare di conflitti,
di ingiustizie sociali ed economiche spinsero Giovanni Paolo II a promuovere una seconda
assise sinodale per l’Africa sulle questioni urgenti della pace, della giustizia e
della riconciliazione. Questo secondo Sinodo ha avuto luogo nell’ottobre del 2009,
durante il Pontificato del suo successore Benedetto XVI. Quanto agli effetti positivi
dell’apostolato biblico, essi risiedono invece, in primis, nell’amore degli africani
per la Parola di Dio, nei frutti che la pastorale biblica sta dando anche in contesti
difficili, come nel caso delle comunità cristiane di base del Sudafrica. In Ruanda,
molti poveri dicono di aver scoperto nell’apostolato biblico una grande ricchezza
e che questo li ha aiutati concretamente nel processo di riconciliazione nazionale.
Semplici fedeli sono quindi in grado di comprendere maggiormente la natura delle
difficoltà sociali e cercano di migliorare la propria vita alla luce delle Sacre Scritture.
L’apostolato biblico contribuisce quindi non solo all’evangelizzazione tout
court, ma anche allo sviluppo dei Paesi e alla risoluzione dei problemi
politici del continente. Sottolineando gli insegnamenti di Papa Wojtyla sulla
Bibbia, in occasione della sua beatificazione, Benedetto XVI ha ricordato ai fedeli
che Giovanni Paolo II è una figura non solo da ammirare ma soprattutto da imitare.
Ne è ulteriore conferma l’insistenza dell’attuale Papa sull’importanza della Lectio
Divina, quale forma di evangelizzazione e di apostolato biblico, come ricorda
il direttore del CEBAM P. Adekambi, che ne fa tesoro e non perde occasione per promuoverla
presso i suoi collaboratori.
(A cura di Maria Dulce Araújo Évora, del programma
portoghese per l’Africa)