2011-05-16 15:29:12

Portare la Parola di Dio agli africani


La recente beatificazione di Giovanni Paolo II è stata un’occasione ed uno stimolo a rivisitare il suo pensiero e le sue azioni.Per quanto riguarda l’Africa, tornano in mente i suoi numerosi viaggi nel continente e il primo Sinodo dei vescovi per l’Africa, svolto nell’aprile del 1994 con l’obiettivo di riflettere sulla missione evangelizzatrice della Chiesa in Africa, alle soglie del terzo millennio.
Sulla scia del Concilio Vaticano II era stato creato il SECAM (Simposio delle Conferenze Episcopali dell’Africa e del Madagascar). Inoltre, i vescovi, religiosi, i teologi e i fedeli laici africani avevano maturato il desiderio di organizzare un raduno internazionale per analizzare lo stato dell’evangelizzazione nel continente. Facendo suo questo desiderio, nel gennaio del 1989 Giovanni Paolo II annunciò la sua decisione di convocare un Sinodo, quale “iniziativa di grande importanza per la diffusione del Vangelo” in Africa, come lui stesso l’aveva definita. Il tema dell’evangelizzazione, aveva spiegato allora il Papa, si iscriveva nell’ambito della preparazione generale della Chiesa per il Giubileo del 2000, ma nasceva anche dalla certezza che nella salvezza dell’Africa si realizzava la volontà di Dio e che la Chiesa avrebbe dovuto continuare la sua opera benevola e caritatevole in questo continente martoriato da molti problemi. Con il Sinodo Wojtyla voleva dare una nuova speranza all’Africa, rinforzare la comunione tra i membri delle comunità ecclesiastiche locali e promuovere un’organica solidarietà pastorale in tutto il territorio, al fine di rendere l’intervento benevolo della Chiesa più efficace e capace di aiutare gli africani ad intraprendere la via integrale dello sviluppo.

Il Vangelo indica il cammino da percorrere, risalta i valori positivi del continente e si radica in essi, trasformando i cuori degli uomini e le società. Eppure, nonostante il progresso registrato nell’opera di evangelizzazione, milioni di africani non conoscono ancora il messaggio di Cristo. L’evangelizzazione è quindi un’urgenza, oggi. Per realizzarla appieno è necessario confrontarsi con la società africana nel complesso, in tutta la sua specificità e tenendo conto delle diversità interne al continente, superare le molte sfide che nel 1994 l’Assemblea sinodale riassunse in quattro elementi principali: inculturazione, dialogo, mezzi di comunicazione, giustizia/pace. Il Sinodo diede un nuovo impulso al progetto di fare della Chiesa in Africa una Chiesa famiglia di Dio, ovvero una comunità attenta alle problematiche di tutti i suoi figli, così come accade nell’ambito di qualsiasi genuina famiglia.

Il compito non è facile, richiede impegno, volontà e comunione. Ma una cosa è certa e costituisce un forte incoraggiamento: gli africani hanno sete e fame di Dio. Ne hanno dato prova in passato - accogliendo con entusiasmo il Vangelo e regalando alla Chiesa universale, nel corso dei secoli, importanti figure di Papi, Santi e martiri - e continueranno a farlo sicuramente in futuro. Ma, sebbene la Chiesa abbia a cuore la dignità della persona nella sua totalità, prima ancora di denunciare i mali che affliggono gli africani essa ha il compito di annunciare loro la Parola di Dio. Per questa ragione la Chiesa in Africa ha bisogno innanzitutto di “auto-evangelizzarsi” e di formare operatori pastorali, soprattutto laici, capaci di fare breccia nelle mentalità e nelle secolari strutture della società. “Per fare sì che la Parola di Dio sia conosciuta, amata, meditata, conservata nel cuore dei fedeli, bisogna facilitare l’accesso alla Sacra Scrittura” – scrisse il Papa nell’Esortazione post-sinodale, Ecclesia in Africa. Egli esortò a favorire l’apostolato biblico con l’aiuto del CEBAM - Centro Biblico per l’Africa e il Madagascar, l’organismo preposto dal SECAM, nel 1981, per svolgere il servizio dell’apostolato biblico in Africa a livello scientifico e pastorale, e attraverso il sostegno di strutture simili. Il primo Sinodo per l’Africa e l’Esortazione Apostolica che ne è scaturita sono stati di grande sostegno per la diffusione delle Sacre Scritture: molti vescovi avevano insistito nei loro interventi sull’apostolato biblico come ossatura di base per l’evangelizzazione in Africa. Ancor prima del Catechismo bisognava far sì che la gente conoscesse la Bibbia.

Inoltre, come spiega l’attuale direttore del Centro, Padre Moise Adeniran Adekambi, negli ultimi anni il CEBAM sta affidando sempre più l’attività di organizzazione di seminari sull’animazione biblica ai coordinatori nazionali e regionali. In tal modo il Centro può dedicarsi maggiormente alla riflessione, alla pubblicazione di manuali tendenti a rafforzare ed orientare gli operatori pastorali a livello della base, infine a promuovere una visione d’insieme della pastorale biblica nel continente, coerente con la realtà della Chiesa locale. Quest’attività viene svolta in maniera dinamica, con il supporto di “Ecclesia in Africa” e di ulteriori documenti ecclesiastici sulla materia, come è successo nel 2010, quando il CEBAM ha realizzato a Yaoundé un incontro su “Il Sinodo sulla Parola di Dio e l’Apostolato Biblico in Africa: bilancio e prospettive”. Le conclusioni dell’assemblea hanno indicato che il CEBAM è sulla buona strada, dichiara il direttore del Centro.

Il cammino non è, tuttavia, privo di difficoltà. In Africa si soffre una grave carenza di mezzi economici devoluti per l’apostolato. Gli scarsi strumenti di comunicazione a disposizione rendono quasi impercettibile, a livello statale, il lavoro svolto dagli operatori della pastorale biblica nelle varie diocesi. Non a caso si registrano diverse iniziative di auto-sostegno, messe in atto autonomamente dalle istituzioni locali e nazionali. Sul piano continentale, invece, il “fundraising” resta purtroppo molto problematico.
Inoltre, l’opera di traduzione della Bibbia nelle lingue locali - ognuna delle quali richiede non meno di 10 anni di lavoro – è ancora indietro. Sebbene diverse diocesi e conferenze episcopali abbiano da tempo avviato progetti concreti in tal senso, accade spesso che gli operatori siano costretti a svolgere la pastorale biblica ... Senza possedere materialmente copie della Bibbia!
C’è poi da dire che il Libro Sacro è troppo costoso per molti africani, anche se P. Adekambi resta convinto che - una volta svelata la ricchezza della Parola di Dio, e avendo gli africani fame e sete del Vangelo - la Bibbia diventerà una priorità e i fedeli troveranno il modo di acquistarla, a qualsiasi prezzo.

Ma che impatto ha avuto negli ultimi 30 anni la pastorale biblica in Africa? E’ riuscito – il CEBAM - ad innescare effettivamente quel cambiamento nei cuori, nelle menti e nelle strutture sociali che dovrebbe naturalmente scaturire dalla conoscenza del Vangelo?
E’ difficile dirlo poiché, sebbene si registrino certamente risultati positivi, le realtà negative che affliggono il continente sono ancora numerose e spingono a riflettere. Se si guarda al passato, in effetti, proprio le terribili violenze che si sono verificate nel continente africano durante e dopo il primo Sinodo, e il perdurare di conflitti, di ingiustizie sociali ed economiche spinsero Giovanni Paolo II a promuovere una seconda assise sinodale per l’Africa sulle questioni urgenti della pace, della giustizia e della riconciliazione. Questo secondo Sinodo ha avuto luogo nell’ottobre del 2009, durante il Pontificato del suo successore Benedetto XVI.
Quanto agli effetti positivi dell’apostolato biblico, essi risiedono invece, in primis, nell’amore degli africani per la Parola di Dio, nei frutti che la pastorale biblica sta dando anche in contesti difficili, come nel caso delle comunità cristiane di base del Sudafrica. In Ruanda, molti poveri dicono di aver scoperto nell’apostolato biblico una grande ricchezza e che questo li ha aiutati concretamente nel processo di riconciliazione nazionale. Semplici fedeli sono quindi in grado di comprendere maggiormente la natura delle difficoltà sociali e cercano di migliorare la propria vita alla luce delle Sacre Scritture. L’apostolato biblico contribuisce quindi non solo all’evangelizzazione tout court, ma anche allo sviluppo dei Paesi e alla risoluzione dei problemi politici del continente.
Sottolineando gli insegnamenti di Papa Wojtyla sulla Bibbia, in occasione della sua beatificazione, Benedetto XVI ha ricordato ai fedeli che Giovanni Paolo II è una figura non solo da ammirare ma soprattutto da imitare. Ne è ulteriore conferma l’insistenza dell’attuale Papa sull’importanza della Lectio Divina, quale forma di evangelizzazione e di apostolato biblico, come ricorda il direttore del CEBAM P. Adekambi, che ne fa tesoro e non perde occasione per promuoverla presso i suoi collaboratori.

(A cura di Maria Dulce Araújo Évora, del programma portoghese per l’Africa)







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