Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica
In questa quarta Domenica di Pasqua, la liturgia ci propone il Vangelo del Buon Pastore.
Gesù parla ai discepoli con una similitudine: “chi non entra nel recinto delle pecore
dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra
dalla porta, è pastore delle pecore”. Quindi aggiunge:
«Io sono la porta
delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma
le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me,
sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo».
Su questo brano del
Vangelo, ascoltiamo il commento del padre carmelitano Bruno Secondin, docente
di Teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:
In Palestina
una scena del genere era molto familiare: pastori e greggi, pascoli e recinti, guardiani
per il salario e pastori appassionati. Ma Gesù parla in un contesto speciale: i capi
dei farisei avevano appena cacciato fuori dal Tempio il cieco nato, guarito da Gesù
stesso, perché egli non voleva ammettere che quel guaritore fosse impostore. Perciò
quei capi si erano mostrati pastori senza onestà, fissati nei loro pregiudizi, minacciosi
contro chiunque incrinasse il loro potere dispotico. Su questo sfondo i due tipi di
comportamento: c’è chi lo fa solo per interesse personale, senza amore né rispetto.
E chi invece guida – cioè fa il pastore – con dedizione e amore, anche a grave rischio.
La sintonia istintiva fra pastore e pecore è frutto di una dedizione piena, di una
premura che genera intesa e conoscenza, dai gesti alla voce, allo stile. Gesù è pastore
buono e servizievole, amato e seguito. Nell’immaginario collettivo, cioè la nostra
reazione a pelle, questa similitudine del pastore e del gregge che lo segue docile,
forse non è positiva. Perché ci teniamo alla nostra dignità e autonomia, e troppi
vorrebbero imporsi e comandare dove andare e come vivere, per loro profitto. Abbiamo
bisogno di guide vere, sagge e generose, dalle mani pulite e dal cuore onesto: che
il Signore ce le conceda con abbondanza. E non solo sacerdoti buoni e santi, ma anche
guide civili e sociali piene di sapienza e operatori di giustizia.