2011-05-12 15:06:45

A 30 anni di distanza, due libri indagano sull'attentato in Piazza San Pietro a Papa Wojtyla


Alla vigilia del trentennale dell’attentato a Giovanni Paolo II in Piazza San Pietro, avvenuto il 13 maggio 1981, due libri usciti in questo periodo in Italia ricostruiscono in modo divergente la trama di una vicenda molto complessa dal punto di vista giudiziario e internazionale. Il primo volume che vi presentiamo, scritto da due giornalisti – Marco Ansaldo, vaticanista del quotidiano "La Repubblica", e Yasemīn Taşkin, corrispondente in Italia del quotidiano turco "Sabah" – s'intitola “Uccidete il Papa – la verità sull’attentato a Giovanni Paolo II”. La loro tesi sostiene che la paternità dell’attentato non sia da attribuire al regime ex sovietico di allora – la cosiddetta “pista bulgara” – bensì a una precisa volontà del movimento eversivo turco dei “Lupi Grigi”, nel quale militava l’attentatore, Ali Ağca. Alessandro De Carolis ne ha parlato con uno degli autori del libro, Marco Ansaldo:RealAudioMP3

R. - Sono 20 anni che lavoriamo al nostro libro, nel senso che soprattutto Yasemin è stata a contatto con l’attentatore, visto che è una giornalista turca. Ovviamente c’è stato un rapporto - come posso dire - di fiducia, continuativo e nell’ultimo anno, da quando lui è stato liberato ed è tornato in Turchia, lo abbiamo incontrato faccia a faccia tre volte e, naturalmente, abbiamo continuato un po’ a cercare di capire quale fosse la verità. Lui ci ha detto, ad un certo punto, che tutte le ipotesi, le strade che sono state seguite fino adesso erano inutili, perché l’attentato è stata una cosa molto semplice, che è stata complicata dopo dall’intervento di molti servizi segreti internazionali. Quindi è stato sì un complotto, ma - secondo le nostre ricostruzioni e i documenti che abbiamo inserito nel libro “Uccidete il Papa” - è stato un complotto organizzato ed eseguito dai "Lupi Grigi" turchi.

D. - Il motivo per cui i "Lupi Grigi" avrebbero ordito questo assassinio del Papa qual è sostanzialmente?

R. - I "Lupi Grigi" vennero usati come manovalanza da parte dell’allora regime militare - nel 1979 e nell’80 - per atti di sovversione, disordini di piazza, omicidi: erano gli “anni di piombo turchi”. I militari ebbero buon gioco a organizzare il loro golpe, il golpe del 1980: a quel punto, però, una volta al potere, si disfecero dei "Lupi Grigi", che vennero mandati alla forca, come usava allora in Turchia. Allora scapparono, andarono soprattutto in Francia, in Germania e in Austria e qui - parlo dell’Austria - si organizzarono per vendicarsi del regime militare, per mostrare di che cosa davvero potessero essere capaci. A quel punto iniziarono a pensare una serie di obiettivi di alto livello internazionale e questo è negli atti: la Regina di Inghilterra; la Thatcher; Breznev; Kurt Waldheim, il segretario generale delle Nazioni Uniti; e la presidente del Parlamento europeo, Simone Weil. Insieme a questi 5-6 obiettivi venne messo anche il Papa, che era stato già minacciato da Ali Agca. Quando il Santo Padre andò nel 1979 in Turchia e fece la sua visita pastorale, ci fu una lettera che l’allora sconosciuto Memet Ali Agca inviò al quotidiano “Millet”, in cui diceva: “Ucciderò il capo dei cristiani!”. In quell’occasione non ce la fece, ma Ali Agca ci riprovò e compì l’attentato veramente un anno e mezzo dopo a Piazza San Pietro. (mg)

Ilario Martella, giudice istruttore dell’inchiesta della Procura di Roma sull’attentato, è invece l’autore di “13 maggio ’81. Tre spari contro il Papa”, edito da Ponte alle Grazie. Il volume, partendo dall’analisi degli atti giudiziari, rafforza la cosiddetta "ipotesi bulgara", secondo la quale alcuni servizi segreti dell’Europa dell’est ebbero un ruolo cruciale nell’organizzazione dell’attentato. Il servizio di Michele Raviart:RealAudioMP3

Ali Agça non è stato il solo a sparare al Pontefice quel pomeriggio del 13 maggio 1981. È quanto sostiene il libro-inchiesta del magistrato Ilario Martella, che cerca di fare chiarezza sulle dinamiche dell’attentato al Beato Giovanni Paolo II e sui veri mandanti di Ali Agça: ad oggi l’unico riconosciuto giuridicamente responsabile per questo crimine. Dalla ricostruzione balistica dell’attentato e dall’analisi di video e foto si può dimostrare come fossero stati tre i proiettili indirizzati al Papa e due le pistole a sparare. Ilario Martella, autore del volume:

“Tre colpi sì - ed è indubbio che sia così - perché c’è un documento cinematografico che attesta che la pistola di Agca ha sparato due colpi soltanto ed evidentemente, quindi, l’altro è stato sparato dal complice, Oral Celik: tra l’altro questo complice è stato notato mentre si allontanava dal luogo del delitto da un americano. Ho voluto scrivere questo libro per accostarmi alla verità e, quindi, la matrice turco-bulgara è la più accreditabile”.

Un’ipotesi che parte dalle rivelazioni dello stesso Agça, a volte fumose e fuorvianti, altre invece perfettamente riscontrate dai fatti, tanto da portare il magistrato Martella al rinvio a giudizio di quattro cittadini turchi e di tre cittadini bulgari, assolti per insufficienza di prove e coperti dai silenzi delle istituzioni dei Paesi di oltrecortina. Sviluppi che rafforzano l’idea di una vasta copertura internazionale alle azioni di Ali Agca. Gian Franco Svidercoschi, giornalista e vaticanista:

“Come aveva anticipato il Papa nel suo ultimo libro 'Memorie e Identità', Alì Agca era un assassino prezzolato e aveva qualcuno dietro che lo aveva istigato. Il problema è sapere chi lo avesse istigato. Penso che rimanga ancora in piedi, poi avallata indirettamente dal Papa e ancora più fortemente dal cardinale Dziwisz, il fatto che nell’attentato - risalendo su per infinite vie misteriose - si dovesse risalire a qualche servizio segreto dell’Est, se non addirittura il Kgb. Gli alleati sovietici sapevano fare bene le cose, per cui non si sapeva ufficialmente: però, dopo, la responsabilità era stata loro… (mg)







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