2011-05-11 13:58:53

Messico: i vescovi dicono “basta” alla violenza che spegne la speranza


Basta “con la violenza in Messico” che provoca vittime “dovute al traffico di droga, alla criminalità organizzata, alla corruzione dei pubblici ufficiali”. “Basta ai rapimenti, alle estorsioni, agli omicidi, alle vendette”. È quanto chiedono i presuli del Messico in un accorato messaggio, ripreso dall'Osservatore Romano, indirizzato a tutti i settori della società che intendono lavorare in favore della riconciliazione nazionale. Basta con l’infierire nei confronti di migliaia di famiglie, donne, bambini, giovani, lavoratori. Basta – aggiungono i presuli - con i sentimenti di “paura, insicurezza, violenza e morte”. Occorre “smettere di mentire” perché “il Messico ha ancora speranza”. Si deve costruire un’autentica cultura della nonviolenza ed è questo un compito – sottolineano i vescovi messicani - a cui è chiamata tutta la popolazione perché “la pace è il lavoro di tutti”. Non si può prescindere dall’impegno ad “imporre lo stato di diritto” e a “promuovere una giustizia rapida ed efficace per tutti i messicani”. Il messaggio dei vescovi fa riferimento ad una realtà nazionale da tempo ormai gravemente segnata dalla violenza con oltre 40.000 morti dal 2006 ad oggi nella guerra al narcotraffico. A questo dramma si aggiungono altre piaghe come la corruzione, le difficili condizioni dei lavoratori, in particolare di quelli impegnati nelle miniere. Una situazione che ha scatenato un’ondata d’indignazione popolare culminata, domenica scorsa, in una marcia che ha portato nelle strade della capitale 150.000 persone. Alla “Marcia per la pace, la giustizia e la dignità”, promossa da circa 150 organizzazioni sociali, ha partecipato anche il vescovo di Saltillo, mons. José Raúl Vera López, la cui voce negli ultimi tempi si è levata in difesa dei minatori del Nord del Paese, vittime di frequenti incidenti. In particolare, il vescovo ha chiesto che venga vietata la pericolosa apertura di pozzetti di carbone e che le società per l’estrazione mineraria vengano obbligate ad un maggior rigore nell’applicare le norme per la sicurezza. Questi pozzi sono spesso tollerati perché fonti di lavoro. In realtà — ha detto il presule — “sono fonti di sfruttamento e di morte”. Tra gli organizzatori della marcia, figura anche l’intellettuale Javier Sicilia, il cui figlio è stato ucciso lo scorso mese di marzo da narcotrafficanti. “Siamo andati a Città del Messico – ha detto - per chiedere alle autorità di prendersi cura di questo Paese, altrimenti arriverà il disastro totale. Bisogna dargli un buon tessuto sociale perché altrimenti non si può esprimere niente nella politica, nella società civile e nei processi democratici”. Parole condivise anche dal presidente messicano Felipe Calderón Hinojosa. “Anch’io - ha detto - voglio un Messico in pace, senza violenza e libero dalla frusta e dall’oppressione della criminalità”. (A.L.)







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