Mons. Bruno Forte sul nuovo ciclo di catechesi del Papa al mercoledì: la preghiera
è il respiro della vita
Benedetto XVI terrà, domani, l’udienza generale in Piazza San Pietro. Mercoledì scorso,
il Papa ha iniziato un nuovo ciclo di catechesi dedicato al tema della preghiera,
sottolineando che “pregare è parlare con Dio”. Il Pontefice ha spiegato che intento
delle sue catechesi è cercare di imparare a vivere ancora “più intensamente il nostro
rapporto con il Signore, quasi una ‘scuola di preghiera’”. Su questo nuovo ciclo di
meditazioni all’udienza del mercoledì, Alessandro Gisotti ha chiesto un commento
a mons. Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto:
R. – Il Papa
dice che il senso dell’esistenza rimane oscuro e sconfortante se non viene messo in
rapporto con il mistero di Dio e il suo disegno sul mondo. Questo, in fondo, è quello
che fa la preghiera. La preghiera àncora le opere e i giorni al mistero santo, ci
fa riscoprire custoditi nel grembo della Trinità divina e proprio così dà fondamento
ma anche orizzonti di speranza e di fiducia al nostro cammino. Ecco perché la preghiera
è il respiro della vita e per il credente è la continua sorgente di luce e di pace
che lo rende libero e capace di incidere nella storia secondo la volontà del Padre
nella sequela di Gesù.
D. – Il Papa ha detto, nell’udienza generale
di mercoledì scorso: “In ogni preghiera si esprime sempre la verità della creatura
umana”…
R. - Nel senso più profondo, perché l’uomo non è una monade:
l’uomo è creato da Dio come partner di un’alleanza d’amore: è l’Altro che Dio ha voluto
nella gratuità del dono, perché nella libertà questo “Altro” potesse corrispondergli.
Dio ci ha fatti per contemplare il suo volto: Sant’Agostino lo dice in maniera struggente
all’inizio delle “Confessioni”: “Hai fatto il nostro cuore per te ed esso è inquieto
finché non riposa in te”. E allora, pregando, l’uomo si pone nell’atteggiamento più
radicale e vero che ci possa essere, della creatura davanti al Creatore.
D.
– Con umiltà il Papa ha detto: “La preghiera non va data mai per scontata. Occorre
sempre reimparare a pregare” …
R. – E’ molto bella la formula “scuola
della preghiera”. E’ una formula che, anche personalmente, ho amato e amo molto, tanto
che nella mia diocesi ho istituito una “scuola della preghiera”. Perché è così importante
parlare di “scuola della preghiera”? Etimologicamente, “scholé” significa “l’indugiante
pensare”, come dire: la preghiera non si improvvisa. Proprio perché essa investe in
maniera così radicale l’essere umano davanti a Dio ed apre così profondamente alle
sorgenti eterne, bisogna educarsi alla preghiera.
D. – “Orazione” non
è in contrasto con “azione”: abbiamo da ultimo un esempio luminoso come il Beato Karol
Wojtyla…
R. – Giovanni Paolo II – per chiunque abbia avuto la grazia
di stargli vicino anche pochi momenti, durante una celebrazione eucaristica – appariva
un uomo totalmente immerso in Dio e nello stesso tempo, proprio per questo profondamente
umano. Ciò è la verifica sul duplice versante di quello che Papa Benedetto XVI ci
ha detto iniziando questa “scuola della preghiera”: proprio perché la preghiera ci
immerge più profondamente in Dio, Trinità Santa, ci rende anche più profondamente
umani, capaci di sintonizzarci in ciò che di vero, bello e autentico c’è in ogni essere
umano. (gf)