Messa di mons. Vegliò in Australia: aprire la porta agli immigrati che chiedono asilo
Superare le barriere della paura e dei pregiudizi nell’accoglienza degli immigrati,
aprendo loro la porta dell’integrazione. L’auspicio è stato espresso da mons. Antonio
Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio per la Pastorale dei Migranti, che
questa mattina ha presieduto una Messa nella cattedrale di St. Mary, a Sydney. Il
capo del dicastero vaticano si trova da alcuni giorni in Australia per una visita
pastorale. Il servizio di Alessandro De Carolis:
La Chiesa
promuove ovunque il “dialogo tra le culture”, anche là dove più che al dialogo ci
si trova davanti a una “mera coesistenza tollerata”. Nel corso di una lunga omelia,
mons. Vegliò ha riproposto tutti i cardini del magistero ecclesiale in tema di migrazioni.
L’Australia, ha detto, è multietnica e multiculturale, ma “indifferenza, egoismo,
grettezza” nei riguardi di chi cerca asilo in un nuovo Paese possono essere sempre
in agguato. Ispirandosi alle immagini proposte dalla liturgia della Messa, il presidente
del dicastero vaticano per i migranti ha anzitutto messo in luce il punto di partenza
cristiano, senza il quale l’ostilità verso gli immigrati è difficilmente superabile.
“L'altra persona – ha affermato – non è un essere astratto, ma una persona reale,
alla quale è stato dato il principio interiore della libertà” e che desidera l’incontro
con altre persone. Nel contesto della mobilità umana, ha proseguito, “questo significa
che il rapporto tra le persone ha un valore molto importante, perché il rispetto,
la promozione e l’affermazione del senso dell’altro” possono trovare spazio in un
“giusto rapporto interpersonale”.
Quindi, mons. Vegliò ha preso spunto
dal versetto dell’Apocalisse – “Ecco, io sto alla porta e busso” – per una riflessione
sul simbolo della porta. “La soglia ci casa – ha osservato – segna il confine tra
ciò che è pubblico e ciò che è riservato alla famiglia che abita in quella stessa
casa, alla sua vita intima e privata. Una soglia è una soglia e non una barriera,
ma solo se noi la rendiamo un ponte tra due sponde lontane, un legame tra due mondi
lontani, se la intendiamo nel senso di un rapporto, di rispetto delle differenze”.
Alla porta di un Paese straniero, l’immigrato che bussa attende che qualcuno gli apra,
per provare a ottenere, per sé e la sua famiglia, quelle opportunità che non ha avuto
nella propria terra. “Quale sarà – si è chiesto mons. Vegliò – la reazione
di coloro che sono all'interno della casa, sicuri, al riparo, con la certezza di poter
usufruire di beni e risorse? Quella porta può rimanere chiusa, in difesa di costumi,
tradizioni, mentalità”, ma anche di “pregiudizi e paure”. Oppure, “può essere una
porta aperta, che diventa accogliente e ospitale, sia pure nel rispetto della giustizia
e della verità”. Applicato al fenomeno della mobilità umana, questo – ha commentato
– “non significa certamente favorire l’illegalità, ma la promozione della dignità
umana con una particolare attenzione alla legittima ricerca di sicurezza e di legalità”.
Il capo dicastero vaticano ha concluso invitando alla “condivisione delle risorse
nella solidarietà” che, ha ribadito, “ha l'effetto di creare una nuova condizione
di vita, in comunione”.