2011-05-10 15:33:48

Aborto. Uno studio australiano conferma: la pillola Ru486 non è innocua


La pillola abortiva Ru486 è più pericolosa dell’aborto chirurgico. E’ una delle conclusioni di uno studio pubblicato in Australia sulla rivista Australian Family Physicians. L’analisi di quasi 7000 aborti eseguiti nel biennio 2009 2010 – spiegano le autrici dello studio – indica che il 3,3% delle donne che hanno fatto ricorso all’aborto chimico nel primo trimestre di gravidanza ha dovuto rivolgersi al pronto soccorso di un ospedale, contro il 2,2% di chi aveva subito l’intervento chirurgico. Per il presidente dell’Associazione Scienza e Vita, Lucio Romano, si tratta di una conferma indiscutibile di dati già noti e ribadisce che “l’aborto è la soppressione di una vita umana e non può mai essere banalizzato”. Massimiliano Menichetti lo ha intervistato:RealAudioMP3

R. – Nella pubblicazione sono riportate in maniera molto specifica le complicazioni della RU486 che, sotto il profilo “percentuale”, sono di gran lunga superiori rispetto a quelle evidenziate dopo un aborto di tipo chirurgico. Il che rende ragione ulteriormente - qualora ce ne fosse ancora bisogno - che l’aborto chimico è un aborto estremamente rischioso. Questo non vuol dire che l’Associazione Scienza e Vita sia a favore dell’aborto chirurgico rispetto all’aborto chimico: siamo comunque e sempre contro l’aborto. Ma la banalizzazione che ha portato l’introduzione della Ru486 dell’aborto è estremamente pericolosa. Vige ancora una cultura - tra donne e tra ginecologi a favore della Ru486 - che il ricorso all’aborto chimico sia innocuo, che non porti effetti collaterali che sia da preferire.

D. - Si aprono spazi per poter modificare l’assunzione di questa pillola in Italia?

R. – Che si possa rivedere e riportare in termini di legalità l’assunzione della Ru486, sicuramente sì. Auspichiamo non solo un ritorno all’ospedalizzazione, ma una rigorosa somministrazione delle due molecole che deve avvenire in ospedale non a casa. Non credo però che oggi in Italia si usi la Ru486 in ragione di quello che è stato indicato dal Ministero. Su questo grava un altro pericolo: si vorrebbe introdurre in Italia la cosiddetta “pillola dei 5 giorni dopo” che non è altro che una molecola che appartiene allo stesso gruppo farmacologico della Ru486.

D. - Voi ribadite: bisogna applicare quella parte della legge sull’aborto che in realtà indica alle donne altre alternative …

R. – Bisogna dare la possibilità a queste donne di poter essere a conoscenza delle vie alternative all’aborto, quindi di una cultura a difesa e a tutela della vita, e far capire la gravità dell’intervento che porta alla soppressione di una vita e le cui ripercussioni si avranno anche psicologicamente nella donna negli anni a venire. Solo una cultura per la vita può essere la via d’uscita da una spirale che ci porta a cadere sempre più in basso e a banalizzare un evento che è drammatico. (bf)







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