Non accennano a diminuire le manifestazioni nel mondo arabo per chiedere maggiore
democrazia, libertà e stato sociale. Ma in molti Stati il potere continua a non accettare
il cambiamento e risponde con una sanguinosa repressione contro ogni forma di dissenso.
Drammatica la situazione in Siria, dove in numerose città continuano i rastrellamenti
casa per casa. Un intero quartiere di Damasco è stato isolato dall’esercito, mentre
le città di Homs e Bamias sono strette d’assedio dai carri armati. Il servizio di
Stefano Leszczynski:
Il vento
della rivolta continua a spirare in Siria, dove è in corso una sanguinosa repressione
da parte del regime del presidente Assad. I blindati dell’esercito sono penetrati
nella notte e alle prime ore dell’alba nel centro di Homs a protezione delle forze
di sicurezza che stanno rastrellando gli oppositori casa per casa in almeno tre quartieri
della città. In oltre un mese e mezzo di repressione, sono circa 800 i civili uccisi,
ma la realtà non può essere verificata dal momento che le autorità siriane hanno espulso
dal Paese tutti i giornalisti stranieri. Continuano invece a cadere le bombe della
coalizione su Tripoli e le altre roccaforti del regime di Gheddafi, sulla cui sorte
aleggia il mistero. Il rais non si mostrerebbe in pubblico da almeno nove giorni.
Intanto, Misurata resta la città simbolo del conflitto libico con centinaia di morti
e una situazione umanitaria disastrosa. Un clima di forte frustrazione caratterizza
invece la Tunisia dove la crisi politica seguita alla cacciata del presidente Ben
Ali non ha ancora trovato soluzione. Negli ultimi tre giorni migliaia di persone sono
scese in piazza provocando una durissima repressione della polizia, mentre prende
sempre più corpo la possibilità che slitti la data delle elezioni per la formazione
di un’Assemblea costituente. Oltre 5 mila persone hanno inoltre inscenato una manifestazione
a Marrakech, in Marocco, aderendo all'invito del movimento "20 febbraio", che reclama
riforme politiche nel Paese, per denunciare l'attentato del 28 aprile scorso che ha
causato 17 morti tra i quali 13 turisti. Le proteste proseguono anche in Yemen, dove
da mesi l’opposizione chiede le dimissioni del presidente Saleh. Le notizie che arrivano
dal Paese riferiscono di un manifestante ucciso dalle forze di sicurezza a Taez, 250
km a sud della capitale Sanaa. Solo il giorno prima due persone erano state uccise
nel corso di una manifestazione di insegnanti che reclamavano un migliore trattamento
salariale.