Il patriarca Scola sulla visita del Papa a Venezia: è andata al di là di ogni aspettativa
La visita pastorale del Papa ad Aquileia e Venezia è stata breve ma molto intensa:
ascoltiamo in proposito il bilancio del patriarca di Venezia, il cardinale Angelo
Scola, al microfono di Sergio Centofanti:
R. - E’ andata
al di là di ogni aspettativa. C’è stato realmente un movimento di popolo, soprattutto
nella grande Messa che voleva riunire i fedeli di tutto il Nord-est, in vista del
Convegno di Aquileia II, al Parco di San Giuliano, che ha sorpreso tutti: grazie a
Dio, gli organizzatori sono stati molto bravi e hanno retto l’urto di un numero che
è stato più del doppio di quello che prevedevamo. Riguardo a questo mi viene una considerazione,
che è la seguente: una folla così grande non si muove alle 4-4.30 del mattino, per
stare poi fino all’una in un parco, sotto il sole, per una pura curiosità … Questo
mi consola, perché vuol dire che nel cuore dell’uomo c’è una domanda di verità; c’è
un desiderio di conoscere quale sia il proprio bene, in vista della felicità, del
compimento di una autentica libertà; e, c’è la coscienza netta che il Vangelo, interpretato
autorevolmente dal Successore di Pietro, rappresenta una risposta efficace a questa
domanda che si ha nel cuore. Questo è molto consolante, anche se mette sulle nostre
spalle una grande responsabilità.
D. - Quale messaggio ha lasciato il
Papa al Nord-est?
R. - Il Papa ha richiamato il Nord-est a non vivere
la propria grande tradizione in maniera passiva, ma a praticarla - se così possiamo
dire - in vista dei grandi cambiamenti in atto nel presente, affinché il Vangelo di
Gesù rappresenti ancora oggi una grande risorsa per tutti i popoli del Nord-est. Egli
ha invitato - meditando sui discepoli di Emmaus - a passare dalla disperazione alla
speranza, dalla tristezza alla gioia ed ha indicato come strada per questo, alla realtà
ecclesiale, l’intensificarsi di una comunione centrata sulla forza eucaristica, illuminata
dalla Parola di Dio; sulla condivisione, partendo realmente dagli ultimi; su un rapporto
bello con il creato - perché Venezia ieri era letteralmente radiosa e il Papa ne è
stato affascinato e commosso - e sul coraggio semplice di una testimonianza umile,
ma chiara e diretta in tutti gli ambienti dell’umana esistenza che chi segue Gesù
può diventare un uomo riuscito e soprattutto può essere libero davvero. Poi il Papa
ha trasposto tutto questo soprattutto nell’incontro con i rappresentanti della società
civile: ha trasposto tutta questa lettura - chiamiamola così - evangelica del nostro
cammino futuro in suggerimenti preziosi anche per il rinnovarsi della società civile.
Ha letto la bellezza di Venezia, partendo da tre parole: dalla parola “acqua”, dalla
parola “salute” e dalla parola “Serenissima”. Costruendo quasi - vorrei dire - un
manifesto per l’impegno sociale e civile di Venezia che, però, per la sua forza di
parola nei confronti di tutta l’umanità, rappresenta un impegno per gli uomini e per
le donne di oggi e, in un certo senso, di tutto il mondo. Sono, però, tutti testi
su cui bisogna avere il tempo e la pazienza di tornare in grande dettaglio, perché
l’insegnamento del Santo Padre ha una forza di attrattiva immediata, ma poi bisogna
lavorare di cesello, perché non un aggettivo è fuori posto … Quindi sento il bisogno
di assimilare. Non posso dire più di questo: il Papa ci ha lasciato una visione ecclesiale
e sociale di primaria importanza e questo ci lancia con entusiasmo nel compito che
ci attende e che attende quello che lui stesso ha indicato come il “nuovo Nord-est”.
Non dimentichiamo che ieri c’erano quasi 5 mila persone provenienti dalle Chiese nate
da Aquileia: di Slovenia, di Croazia, di Ungheria, di Austria e di Germania. Insomma,
questo segna realmente per le nostre Chiese e per le nostre società un orizzonte nuovo
e affascinante di impegno.
D. - Riguardo all’immigrazione il Papa ha
lanciato un nuovo appello alla solidarietà e lei ha parlato di un nuovo “Piano Marshall”…
R.
- Io ho usato questa espressione per dire che il Papa è stato molto netto e deciso.
Sono contento dei segnali, per esempio, che ho intravisto venire da Lampedusa, dalla
modalità e dall’impeto con cui il nostro popolo va realmente incontro a chi è nel
bisogno. La questione del “Piano Marshall” mi deve essere passata quasi come una battuta
e nasce dalla considerazione su cui, per preparare Aquileia II, abbiamo riflettuto
su che cosa è stato e su cosa può essere il Nord-est: il Nord-est è stato il crocevia,
l’incontro e la fusione di popoli germanici, slavi e latini lungo l’asse Est-Ovest.
Oggi deve assumere per forza anche un compito diverso: il compito di cerniera tra
Nord e Sud, anche perché, attraverso l’Adriatico, il Mediterraneo entra nel cuore
dell’Europa. Allora il problema del Sud si configura non soltanto come il problema
del Maghreb, ma - come si vede già dagli immigrati delle ultime due settimane - ormai
anche per i popoli del Sud del Sahara che tentano di muoversi verso di noi perché
sono in uno stato di indigenza ben più grave di quelli del Maghreb. Allora è veramente
decisivo ed importante che l’Europa e i Paesi ricchi del Nord concepiscano di poter
collaborare al “soggetto Africa”, creando un modello di sviluppo in Africa stessa,
nell’Africa Sub-sahariana: questo potrebbe rappresentare una fonte reale, oltre che
di sollevamento dalla condizione spesso di miseria di quei popoli, anche di prospettiva
futura per il nuovo ordine mondiale ed anche per un mercato sano, riequilibrato, realmente
a misura d’uomo e teso al bene comune, che è il bene di tutti e di ciascuno. (mg)