Il dramma dimenticato di 358 mila mamme e 800 mila bambini morti ogni anno durante
il parto
Ogni giorno nel mondo circa 1000 donne e 2.000 bambini muoiono per complicazioni durante
il parto. Gran parte di queste morti potrebbe essere evitata garantendo l’assistenza
sanitaria di base. Sono dati tratti dall’ultimo rapporto sullo “Stato delle Madri
nel Mondo”, curato dall’Organizzazione non governativa Save the children. 48 milioni
di donne ogni anno partoriscono infatti senza alcuna assistenza medica professionale
e sovente senza alcun controllo durante la gravidanza e 2 milioni mettono al mondo
il proprio bambino completamente da sole, sia per l’assenza o la non accessibilità
delle strutture sanitarie, sia a causa del divieto - per ragioni culturali e religiose
- di chiedere aiuto a persone esterne o di uscire di casa per recarsi in strutture
sanitarie. Accade così che 358 mila donne nel mondo perdono ogni anno la vita in conseguenza
della gravidanza o del parto (spesso per emorragie) e circa 800 mila bambini muoiono
alla nascita (per difficoltà respiratorie, asfissia o sepsi). A questi si aggiungono
oltre 3 milioni di neonati che perdono la vita entro il primo mese, Le statistiche
sulla mortalità materna ed infantile danno la misura delle abissali distanze che ancora
separano i Paesi industrializzati da quelli in via di sviluppo, con la Norvegia in
cima alla classifica delle Nazioni dove mamme e bambini stanno meglio e l'Afganistan
all'ultimo posto nel mondo, tra i 164 Stati presi in esame, preceduto da Niger, Guinea
Bissau, Yemen, Ciad, Repubblica Democratica del Congo, Eritrea, Mali, Sudan, Repubblica
Centro Africana. Dal lato opposto i 10 Paesi dove il benessere materno infantile è
al massimo sono dopo la Norvegia, Australia, Islanda, Svezia, Danimarca, Nuova Zelanda,
Finlandia, Belgio, Paesi Bassi, Francia. Se in Norvegia ogni parto avviene in presenza
di personale qualificato in Afganistan questo accade solo nel 16% dei casi. Save the
Children ha calcolato che se tutti i parti avvenissero in presenza di ostetriche o
di personale sanitario con competenze analoghe, ogni anno si potrebbe salvare la
vita di 1.3 milioni di neonati e di decine di migliaia di donne. Il Rapporto denuncia
pure che 8 milioni e 100 mila bambini sotto i 5 anni muoiono ogni anno nella maggior
parte dei casi per malattie come polmonite, diarrea, malaria, evitabili e curabili
o patologie ormai debellate nei Paesi industrializzati, che potrebbero essere prevenute
con semplici ed economiche misure, dall'allattamento esclusivo al seno, ai vaccini,
all'utilizzo tempestivo di un antibiotico o sali reidratanti. “E' inaccettabile –
sottolinea Valerio Neri, direttore generale di Save the Children in Italia - che nel
XXI secolo un bambino possa morire ancora per una diarrea o una polmonite''. Nel 2000
il mondo si è impegnato a debellare la mortalità materno-infantile. Ma gli attuali
trend - spiega Valerio Neri – indicano che questo obiettivo è molto lontano per diversi
Paesi. Tuttavia “la sfida si può vincere, quindi non ci sono scuse o alibi alla non
azione'', ammonisce il direttore di Save the Children, suggerendo di agire a più livelli.
“E’ necessario – spiega - che i sistemi sanitari nazionali dei Paesi in via di sviluppo
si dotino di più operatori sanitari, inclusi i volontari comunitari per la salute
che svolgono un compito fondamentale soprattutto nelle aree più remote e rurali.
Si stima che siano necessari altri 3 milioni e mezzo di operatori sanitari” “E' poi
necessario – aggiunge - che gli Stati donatori, compresa l'Italia, non solo continuino
ad assicurare i finanziamenti promessi a sostegno della salute materno-infantile ma
incrementino il volume degli aiuti. Diversamente questa battaglia non potrà essere
vinta entro il 2015”. Per questo conclude Neri occorre “che i cittadini e le opinioni
pubbliche continuino a vigilare sui propri governi affinché mantengano le promesse''.
(A cura di Roberta Gisotti)