Emergenza immigrazione: decine di migranti partiti da Tripoli abbandonati in mare
Immigrazione, una notizia drammatica apre le pagine del quotidiano britannico “The
Guardian”, che denuncia il mancato soccorso di decine di migranti africani partiti
da Tripoli lo scorso 25 marzo e rimasti alla deriva per 16 giorni mentre la Nato e
l’Unione Europea avrebbero ignorato le loro richieste di aiuto. L’Alleanza Atlantica
respinge le accuse al mittente e ribadisce che non risulta, fino ad oggi, alcuna registrazione
riguardo navi in pericolo o incidenti in quella zona. Intanto, in Italia, proseguono
i trasferimenti di migranti dall’isola di Lampedusa, dopo la tragedia sfiorata all’alba
di domenica con 528 persone finite in mare ma prontamente salvate. Poi, però, il ritrovamento
di tre cadaveri. Il servizio di Cecilia Seppia:
Sembra incredibile
eppure è successo. Alla fine di marzo, una barca con 72 persone a bordo, tra cui donne,
bambini e rifugiati politici scappati dalla Libia, ha avuto problemi mentre cercava
di raggiungere l’isola di Lampedusa. Il motore si ferma dopo solo 18 ore di navigazione:
i migranti contattano con un cellulare satellitare don Mussei Zerai, sacerdote eritreo
che vive a Roma, il quale a sua volta chiama la Guardia costiera italiana. Gli ufficiali
riferiscono a don Zerai che la barca è stata localizzata a circa 60 miglia a largo
da Tripoli e che sono state allertate le autorità competenti. Poco dopo, sull’imbarcazione
appare un elicottero da cui vengono gettati acqua e cibo. Il pilota invita i migranti
a mantenere la loro posizione, garantendo il prossimo arrivo di una nave per soccorrerli.
Ore di attesa, ma non arriva nessuno e così finiscono alla deriva per 16 giorni. “Ogni
mattina ci svegliavamo e trovavamo nuovi cadaveri”, ha raccontato al “Guardian” uno
degli 11 sopravvissuti, Abu Kurke. Ad un certo punto, il 29 o 30 marzo, la nave è
passata vicino ad una portaerei, probabilmente la francese “Charles de Gaulle”, secondo
le informazioni del quotidiano britannico, “così vicino che sarebbe stato impossibile
non vederla”, ha riferito un altro sopravvissuto. Più tardi due caccia avrebbero sorvolato
la barca. Il rimpallo di responsabilità è immediato. “Avevamo allertato Malta che
la nave si stava dirigendo nella sua zona di competenza, e abbiamo lanciato un allarme
alle navi in navigazione”, ha detto un ufficiale italiano, ma le autorità maltesi
negano ogni coinvolgimento nella vicenda. Da Parigi arriva un “no comment”. Ma don
Mussei Zerai continua a ripetere: “Questo è un crimine, e un crimine non può rimanere
impunito”. Intanto, il fronte dell’immigrazione diventa sempre più caldo: ieri notte
sulle coste libiche l’ennesimo naufragio, stesso copione vicino Lampedusa. Qui gli
scogli di Punta Spada portano ancora i segni della tragedia sfiorata: il barcone
è ancora lì, inclinato sul fianco sinistro; intorno sono disseminati oggetti di ogni
tipo, mentre poco fa sono stati recuperati tre cadaveri sotto l’imbarcazione.
Le condizioni di salute dei sopravvissuti sono buone ma resta lo choc di aver
visto la morte in faccia. Il dott. Iganzio Accomando, psicologo
del team di medici che lavora sull’isola:
R. – Le operazioni
di soccorso si sono protratte per l’intera notte perché le persone venivano portate
al pronto soccorso per curare e suturare tagli, c’è stata una frattura scomposta …
Poi c’è il dramma umano e psicologico di chi magari non ha subito il danno fisico,
ma che è completamente bagnato, infreddolito dopo cinque giorni di digiuno pieno,
senza aver potuto bere e tutto quello che consegue da questo flusso migratorio in
condizioni davvero tragiche …