Beatificazione di don Giustino Russolillo, apostolo delle Vocazioni
Giovani, catechesi, vocazione: in queste tre parole si può riassumere la missione
sacerdotale di don Giustino Russolillo, per una vita parroco di Pianura, a Napoli,
e fondatore della Società delle Divine Vocazioni. Oggi è il giorno della cerimonia
di Beatificazione, nella sua Pianura, compresa all’interno della diocesi di Pozzuoli.
In rappresentanza del Santo Padre c’è il prefetto della Congregazione delle Cause
dei Santi, il cardinale Angelo Amato. Il servizio è di Roberta Barbi:
“Fatti Santo,
fatti Santo davvero, che tutto il resto è zero”. Così ammoniva i suoi giovani e i
suoi parrocchiani, don Giustino Russolillo, oggi Beato, che a Pianura fu parroco dal
1920 fino alla sua morte, sopraggiunta il 2 agosto del 1955. In un periodo
in cui la Santità era considerata un traguardo raggiungibile solo per alcuni,
seppe cogliere i segni dei tempi esi fece promotore convinto della
santificazione universale. Questo l’obiettivo della sua attività di catechesi ai giovani,
che instancabilmente svolgeva ogni giorno con canti, giochi, lunghe passeggiate,
ma soprattutto con la lettura del Vangelo, che illuminava tutta la sua missione,
come ricorda il cardinale Angelo Amato:
“La vita di don Giustino era
fondata su tre robusti pilastri: l’amore alla Parola di Dio, al Vangelo, l’obbedienza
alle divine ispirazioni e l’adorazione trinitaria. Praticamente don Giustino aveva
sempre tra le mani il Vangelo, quale vademecum di luce e di Verità. Conseguenza
di questo ascolto continuo della Parola di Dio era la sua obbedienza alle ispirazioni
di Dio, che lo incitavano a compiere sempre il bene con frequenza e convinzione”.
Giustiniello,
come lo chiamarono sempre le persone anziane di Pianura, si dedicò completamente al
servizio delle vocazioni e alla riabilitazione di quelle tradite. Per i giovani
seminaristi che avevano lasciato le loro famiglie voleva essere un amico, perché era
convinto che mentre i parenti sono gli amici che Dio ci ha dato, gli amici sono i
parenti che noi stessi ci scegliamo. La sua opera, il “Vocazionario”, era una
casa dove accoglieva gratuitamente i giovani aspiranti al sacerdozio e dove, con la
formazione, li aiutava a discernere e servire la loro vocazione:
“Don
Giustino fu un formidabile educatore di sacerdoti. Da questa spiritualità trinitaria
egli attingeva sicuri orientamenti di formazione. Ai sacerdoti formati secondo
il cuore di Cristo, il Beato Giustino affida il compito di diventare padri spirituali,
di moltiplicare le vocazioni sacerdotali e religiose, come un albero buono che produce
frutti buoni”.
A chi gli chiedeva dove avesse attinto l’idea del “Vocazionario”,
don Giustino rispondeva: “Dall’attività quotidiana del catechismo”.
Nel catechismo, infatti, diceva, si incontrano i ragazzi, si
scoprono le vocazioni e si comincia a coltivarle. Eppure il cammino verso la fondazione
dei due rami, quello maschile e quello femminile, della Società delle
Divine Vocazioni, fu tortuoso: dopo il primo esperimento del 1914, il tanto aspirato
riconoscimento pontificio arrivò nel 1948. Ma oggi, come allora, il messaggio di don
Giustino resta invariato:
“Anzitutto, ai suoi figli e figlie spirituali,
cioè ai Vocazionisti e alle Vocazioniste, dice devono vivere questo momento come una
tappa di rilancio del loro carisma, tanto urgente e necessario nella Chiesa oggi,
carente di vocazioni. Il Beato Giustino invita, poi, tutti i sacerdoti e soprattutto
i parroci, a non stancarsi di annunziare al mondo la Buona Notizia del Cristo Risorto
e a non rinunciare a indicare a tutti, grandi e piccoli, la via della santità”.