Gruppo di Contatto sulla Libia. Hillary Clinton: Gheddafi deve lasciare il potere
Stamani a Roma la seconda riunione del Gruppo di contatto sulla Libia. I lavori dell’organismo,
creato a Londra il 29 marzo scorso, coinvolgono un’ottantina di Paesi e diverse organizzazioni
internazionali, con l’obiettivo di trovare una soluzione diplomatica alla crisi libica.
Ad aprire la giornata un incontro bilaterale tra il ministro degli Esteri Italiano,
Franco Frattini, e il Segretario di Stato Usa Hillary Clinton. Tanti i temi toccati
nel faccia a faccia, a cominciare proprio dalla Libia. Più tardi la conferenza stampa
conclusiva. Il servizio della nostra inviata alla Farnesina, Giada Aquilino:
“Gheddafi
continua ad uccidere i libici, usando l’artiglieria pesante, i mercenari e i cecchini.
Quella in Libia non è una guerra civile: è la resistenza del popolo libico all’aggressione
dell’esercito personale di Gheddafi”. Con queste parole il ministro degli Esteri italiano
Frattini ha aperto il secondo incontro del gruppo di contatto per la Libia, in cui
anche la Santa Sede figura tra gli osservatori: il capo delegazione è l’arcivescovo
Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti cin gli Stati. Il ministro Frattini
ha auspicato che sempre più partner stabiliscano relazioni bilaterali con il Consiglio
nazionale transitorio di Bengasi, annunciando un Fondo speciale per supportare economicamente
lo stesso organismo. Poco prima dell’inizio della riunione, Frattini ha incontrato
il segretario di Stato americano Clinton. “Oggi discutiamo - ha detto in conferenza
stampa la Clinton - di come aumentare la pressione su Gheddafi, per porre fine alla
violenza sui civili e per assicurare un futuro democratico al Paese”. Punto fermo,
ha detto la Clinton: “Gheddafi deve lasciare il potere”. Le ha fatto eco il ministro
Frattini, che ha spiegato l’importanza di una soluzione politica attraverso una pressione
militare, per convincere il regime di Tripoli a cessare gli attacchi sulla popolazione.
Inevitabili nelle domande della stampa i paragoni tra la fine di Bin Laden, ucciso
in Pakistan dagli americani, e il futuro di Gheddafi. Il segretario di Stato americano
ha detto che per la Libia si seguono le indicazioni Onu e Nato, ma certo – ha aggiunto
– la guerra al terrorismo non finisce con la morte di Bin Laden. Si continuerà a collaborare
con il Pakistan – ha proseguito – anche se il rapporto con Islamabad non è sempre
facile. Per Frattini, quanto più i successi nella lotta al terrorismo si moltiplicano,
tanto più si riducono i costi per le misure di prevenzione. Il riferimento è alle
polemiche per una data della fine delle missioni militari italiane all’estero. Gli
Stati Uniti - ha aggiunto la Clinton - al riguardo hanno in programma di ridurre le
forze in Afghanistan dal prossimo luglio, ma le scadenze non sono state - ha detto
– ancora determinate. Infine, per quanto riguarda l’accordo palestinese Hamas-Fatah,
i capi delle diplomazie, statunitense e italiana, hanno sollecitato Hamas ad accettare
i principi stabiliti dal quartetto per il Medio Oriente. E preoccupazione è stata
espressa per la Siria con l’esortazione alle autorità di Damasco a cessare le violenze
sui manifestanti che chiedono più democrazia.
Siria: 300 attivisti arrestati.
L’esercito si ritira dalla città di Deraa Sono circa 300 gli attivisti arrestati
all'alba di oggi dall'esercito siriano nella periferia di Damasco. Intanto è in corso
il ritiro dei militari dalla città di Deraa, assediata da undici giorni dalle forze
di sicurezza. Il segretario generale dell'Onu, Ban Ki Moon lancia un nuovo appello
alle autorità siriane per la fine immediata delle violenze e degli arresti di massa
di manifestanti. Parlando per telefono con il presidente Assad, il Segretario si è
pronunciato a favore di un'inchiesta indipendente sulle repressioni. Da parte sua,
il segretario di Stato americano Hillary Clinton, ha aggiunto che “sono allo studio
sanzioni mirate contro Damasco”.
Yemen: 7 morti e 16 feriti negli scontri.
Uccisi 2 dirigenti di Al Qaeda Quattro poliziotti, un militare e due civili
sono rimasti uccisi nel sud dello Yemen, in un attacco contro un convoglio della polizia
e negli scontri che sono seguiti. 16 i feriti. Sempre nel sud, due capi di al-Qaeda
sono stati uccisi in un raid condotto da un aereo senza pilota americano.
Iraq:
25 morti e 75 feriti per lo scoppio di un’autobomba È di almeno 25 morti e
75 feriti il bilancio dell'esplosione di un’autobomba a Hilla, capoluogo della provincia
irachena di Babilonia, 90 km a sud di Baghdad. Le vittime sono in gran parte agenti,
ma si contano anche alcuni civili. Fonti della polizia spiegano che il kamikaze si
è lanciato con un'auto carica di esplosivo contro un gruppo di poliziotti nei pressi
di un commissariato. Molte auto e negozi nei dintorni sono stati distrutti e l'area
è stata isolata dalla polizia.
Egitto: scontri tra manifestanti pro e contro
Mubarak Decine di persone sono rimaste ferite ieri sera nel centro del Cairo
nel corso di scontri fra attivisti pro e contro Mubarak. Centinaia di sostenitori
di Mubarak si erano riuniti ieri nel centro della città, in occasione dell'83esimo
compleanno dell’ex presidente. Affermando che Mubarak è un simbolo che merita rispetto,
i manifestanti hanno scatenato il furore dei sostenitori avversari presenti sul posto.
Sono scoppiati scontri tra le due fazioni, prima che l'esercito intervenisse e riportasse
la calma. Intanto l'ex ministro dell'Interno, Habib Ibrahim al-Adly, è stato condannato
a 12 anni di prigione per malversazione e arricchimento illecito. Adly è il primo
esponente del deposto governo di Mubarak ad essere portato e condannato in tribunale.
Tunisia:
Ben Ali accusato di “complotto contro la sicurezza dello Stato” L'ex presidente
tunisino Ben Ali, con la moglie e il nipote, sono stati deferiti dal giudice istruttore
del tribunale di prima istanza di Sousse per la strage di civili a Ouardanine, compiuta
nei giorni della rivolta che portò alla caduta del governo. Le accuse ipotizzate sono
quelle di “complotto contro la sicurezza interna dello Stato”, “incitamento alle persone
ad armarsi gli uni contro gli altri o a provocare disordini”, “omicidio o saccheggio
sul territorio tunisino”. Le stesse accuse sono state formulate nei confronti di 14
tra funzionari e agenti delle forze dell'ordine, che avrebbero aperto il fuoco contro
i dimostranti che avevano sbarrato loro la strada mentre tentavano di fare uscire
dalla città l’ex presidente Ben Ali.
Costa d’Avorio: ritrovati i
corpi di 60 persone uccise negli scontri di piazza In Costa d’Avorio i corpi
di almeno 60 persone uccise nelle violenze dei giorni scorsi sono stati ritrovati
nel quartiere di Yopugon, nella capitale Abidjan. Il quartiere è l’ultimo a sfuggire
ancora al controllo del presidente Ouattara ed era diventato bastione dei miliziani
fedeli al presidente decaduto Gbagbo. Ouattara ha minacciato di “disarmare con la
forza” gli ultimi gruppi di partigiani rivali che rifiutano di consegnare le armi.
Intanto il commissario europeo allo Sviluppo, Andris Piebalgs, venerdì incontra ad
Abidjan il presidente Ouattara, al quale confermerà il sostegno dell'Ue al processo
di stabilizzazione e di ripresa economica del Paese.
Marocco: due sospettati
della strage di Marrakech Due sospettati dell’attentato del 28 aprile scorso
a Marrakech sono stati identificati ed interrogati dalla polizia marocchina. L’elemento
decisivo per rintracciare la pista che ha condotto ai due sospettati sarebbe stato
un identikit molto preciso diffuso poco dopo i fatti. Parigi ha inviato sul posto
una decina di investigatori specializzati per identificare gli autori dell’attentato
nel quale sette cittadini francesi sono deceduti.
Piano di aiuti al Portogallo
per 78 miliardi di euro Annunciato stamane il piano di salvataggio dell’economia
del Portogallo. Cauto ottimismo da parte delle autorità di Lisbona che giudicano l’accordo
“impegnativo ma realistico”. Il servizio di Gabriele Papini:
Un ambizioso
piano di consolidamento del bilancio per ridurre “ad un ritmo realistico” il deficit
ed il debito pubblico, misure a sostegno della crescita e per creare posti di lavoro,
specialmente per i giovani, interventi per ridare stabilità al settore finanziario.
Questi i punti salienti del piano triennale di salvataggio dell’economia portoghese,
presentato stamane dalle autorità di Lisbona e dai rappresentanti di commissione Ue,
Bce e Fmi. In particolare, il piano ammonta a 78 miliardi di euro, di cui 12 per
la ricapitalizzazione delle banche. Più della metà degli aiuti saranno erogati entro
la fine dell’anno. Lisbona da parte sua, si impegna a rientrare sotto il 3% del rapporto
deficit/Pil entro il 2013. Sono previsti aumenti delle tasse e pesanti tagli alla
spesa pubblica. Sarà avviato un programma di privatizzazioni su vasta scala, con interventi
per migliorare la competitività del Paese. Come afferma una nota congiunta, si tratta
di un accordo con cui si gettano le basi per “un’economia portoghese più sostenibile
e competitiva” e per “ripristinare la fiducia e la stabilità dei mercati”. Secondo
il direttore del Fmi, Dominique Strauss Kahn, “non è stato fatto nessuno sconto a
Lisbona”. Tuttavia alcuni analisti sostengono che il piano di salvataggio sia più
leggero rispetto a quelli imposti a Grecia e Irlanda, anche considerando la congiuntura
negativa dell’economia portoghese, prevista almeno per i prossimi 2 anni.
A
Parigi manifestazione in difesa della libertà religiosa Oggi a Parigi una manifestazione
in favore della libertà religiosa con particolare attenzione ai cristiani del Medio
Oriente. Il servizio di Francesca Pierantozzi:
Il grido
d’allarme arriva dal sagrato di Notre-Dame: i cristiani d’Oriente sono in pericolo,
in Iraq, in Pakistan, in Egitto la situazione è drammatica, con milioni di fedeli
perseguitati e tantissimi costretti all’esilio. Ieri, giornata per la libertà religiosa
tre vescovi di Iraq, Pakistan e Egitto si sono ritrovati davanti alla cattedrale di
Parigi per pregare e allertare il mondo sulle crescenti difficoltà vissute dai cristiani
d’Oriente. Secondo mons. Basile Casmoussa, già arcivescovo siro-cattolico di Mossul
in Iraq, oggi vescovo della Curia Patriarcale Siro-cattolica, “un vescovo
e tanti sacerdoti sono stati uccisi, decine di chiese bombardate”. Secondo mons. Basile
Casmoussa i tre quarti del milione e duecentomila cristiani che vivevano in Iraq nel
2003 sono stati costretti all’esilio. Anche in Pakistan le minoranze religiose sono
sempre più nel mirino e con loro i due milioni e mezzo di cristiani, come ha precisato
mons. Joseph Coutts, vescovo di Faisalabad, più volte minacciato di morte. “Ogni aggressione
occidentale è vista come un’aggressione dei cristiani contro i musulmani” ha osservato
mons. Coutts. Situazione difficile anche in Egitto, dove ci sono tra gli 8 e i 10
milioni di copti e 250 mila cattolici. “I cristiani sono sempre disprezzati”, ha spiegato
mons. Youhanna Golta, vescovo copto-cattolico di Andropoli e di Alessandria
di Egitto; “per fortuna oggi stiamo vivendo una rivoluzione laica, civile e
giovane” ha aggiunto. In serata una Messa è stata celebrata dal cardinale André Vingt
Trois, residente della Conferenza episcopale francese, che ha rivolto un pensiero
a Giovanni Paolo II, “la cui parola - ha detto - era assolutamente decisiva per dare
vigore alla libertà religiosa come diritto esclusivo degli esseri umani”.
Giappone:
tecnici Tepco nel reattore per la prima volta dall’incidente Per la prima volta
dall'incidente dell’11 marzo scorso, due tecnici della Tepco sono entrati nella centrale
giapponese di Fukushima. L’obiettivo della Tepco, che gestisce l’impianto, è di mettere
a punto un sistema di ventilazione in grado di ridurre il livello di radioattività
nell’aria all’interno dell’edificio che ospita il reattore. Altri tecnici sono pronti
a entrare nell'edificio e a restarvi per dieci minuti, il tempo limite per non assorbire
quantità eccessive di radiazioni.
Bangladesh: la Corte suprema respinge
l’appello di Yunus La sezione d'Appello della Corte suprema del Bangladesh
ha respinto l’ultimo possibile appello presentato dall'economista bengalese Muhammad
Yunus, confermando la decisione adottata dal governo di escluderlo dalla presidenza
della Grameen Bank. Il “padre del microcredito” è fuori dalla gestione della banca
da lui fondata 30 anni fa. In una conferenza stampa subito dopo la sentenza, i nove
direttori hanno rivolto un appello al governo affinchè rinomini Yunus presidente della
Grameen Bank. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza e Gabriele Papini)
Bollettino
del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 125