2011-05-05 15:18:51

Gruppo di Contatto sulla Libia. Hillary Clinton: Gheddafi deve lasciare il potere


Stamani a Roma la seconda riunione del Gruppo di contatto sulla Libia. I lavori dell’organismo, creato a Londra il 29 marzo scorso, coinvolgono un’ottantina di Paesi e diverse organizzazioni internazionali, con l’obiettivo di trovare una soluzione diplomatica alla crisi libica. Ad aprire la giornata un incontro bilaterale tra il ministro degli Esteri Italiano, Franco Frattini, e il Segretario di Stato Usa Hillary Clinton. Tanti i temi toccati nel faccia a faccia, a cominciare proprio dalla Libia. Più tardi la conferenza stampa conclusiva. Il servizio della nostra inviata alla Farnesina, Giada Aquilino:RealAudioMP3

“Gheddafi continua ad uccidere i libici, usando l’artiglieria pesante, i mercenari e i cecchini. Quella in Libia non è una guerra civile: è la resistenza del popolo libico all’aggressione dell’esercito personale di Gheddafi”. Con queste parole il ministro degli Esteri italiano Frattini ha aperto il secondo incontro del gruppo di contatto per la Libia, in cui anche la Santa Sede figura tra gli osservatori: il capo delegazione è l’arcivescovo Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti cin gli Stati. Il ministro Frattini ha auspicato che sempre più partner stabiliscano relazioni bilaterali con il Consiglio nazionale transitorio di Bengasi, annunciando un Fondo speciale per supportare economicamente lo stesso organismo. Poco prima dell’inizio della riunione, Frattini ha incontrato il segretario di Stato americano Clinton. “Oggi discutiamo - ha detto in conferenza stampa la Clinton - di come aumentare la pressione su Gheddafi, per porre fine alla violenza sui civili e per assicurare un futuro democratico al Paese”. Punto fermo, ha detto la Clinton: “Gheddafi deve lasciare il potere”. Le ha fatto eco il ministro Frattini, che ha spiegato l’importanza di una soluzione politica attraverso una pressione militare, per convincere il regime di Tripoli a cessare gli attacchi sulla popolazione. Inevitabili nelle domande della stampa i paragoni tra la fine di Bin Laden, ucciso in Pakistan dagli americani, e il futuro di Gheddafi. Il segretario di Stato americano ha detto che per la Libia si seguono le indicazioni Onu e Nato, ma certo – ha aggiunto – la guerra al terrorismo non finisce con la morte di Bin Laden. Si continuerà a collaborare con il Pakistan – ha proseguito – anche se il rapporto con Islamabad non è sempre facile. Per Frattini, quanto più i successi nella lotta al terrorismo si moltiplicano, tanto più si riducono i costi per le misure di prevenzione. Il riferimento è alle polemiche per una data della fine delle missioni militari italiane all’estero. Gli Stati Uniti - ha aggiunto la Clinton - al riguardo hanno in programma di ridurre le forze in Afghanistan dal prossimo luglio, ma le scadenze non sono state - ha detto – ancora determinate. Infine, per quanto riguarda l’accordo palestinese Hamas-Fatah, i capi delle diplomazie, statunitense e italiana, hanno sollecitato Hamas ad accettare i principi stabiliti dal quartetto per il Medio Oriente. E preoccupazione è stata espressa per la Siria con l’esortazione alle autorità di Damasco a cessare le violenze sui manifestanti che chiedono più democrazia.

Siria: 300 attivisti arrestati. L’esercito si ritira dalla città di Deraa
Sono circa 300 gli attivisti arrestati all'alba di oggi dall'esercito siriano nella periferia di Damasco. Intanto è in corso il ritiro dei militari dalla città di Deraa, assediata da undici giorni dalle forze di sicurezza. Il segretario generale dell'Onu, Ban Ki Moon lancia un nuovo appello alle autorità siriane per la fine immediata delle violenze e degli arresti di massa di manifestanti. Parlando per telefono con il presidente Assad, il Segretario si è pronunciato a favore di un'inchiesta indipendente sulle repressioni. Da parte sua, il segretario di Stato americano Hillary Clinton, ha aggiunto che “sono allo studio sanzioni mirate contro Damasco”.

Yemen: 7 morti e 16 feriti negli scontri. Uccisi 2 dirigenti di Al Qaeda
Quattro poliziotti, un militare e due civili sono rimasti uccisi nel sud dello Yemen, in un attacco contro un convoglio della polizia e negli scontri che sono seguiti. 16 i feriti. Sempre nel sud, due capi di al-Qaeda sono stati uccisi in un raid condotto da un aereo senza pilota americano.

Iraq: 25 morti e 75 feriti per lo scoppio di un’autobomba
È di almeno 25 morti e 75 feriti il bilancio dell'esplosione di un’autobomba a Hilla, capoluogo della provincia irachena di Babilonia, 90 km a sud di Baghdad. Le vittime sono in gran parte agenti, ma si contano anche alcuni civili. Fonti della polizia spiegano che il kamikaze si è lanciato con un'auto carica di esplosivo contro un gruppo di poliziotti nei pressi di un commissariato. Molte auto e negozi nei dintorni sono stati distrutti e l'area è stata isolata dalla polizia.

Egitto: scontri tra manifestanti pro e contro Mubarak
Decine di persone sono rimaste ferite ieri sera nel centro del Cairo nel corso di scontri fra attivisti pro e contro Mubarak. Centinaia di sostenitori di Mubarak si erano riuniti ieri nel centro della città, in occasione dell'83esimo compleanno dell’ex presidente. Affermando che Mubarak è un simbolo che merita rispetto, i manifestanti hanno scatenato il furore dei sostenitori avversari presenti sul posto. Sono scoppiati scontri tra le due fazioni, prima che l'esercito intervenisse e riportasse la calma. Intanto l'ex ministro dell'Interno, Habib Ibrahim al-Adly, è stato condannato a 12 anni di prigione per malversazione e arricchimento illecito. Adly è il primo esponente del deposto governo di Mubarak ad essere portato e condannato in tribunale.

Tunisia: Ben Ali accusato di “complotto contro la sicurezza dello Stato”
L'ex presidente tunisino Ben Ali, con la moglie e il nipote, sono stati deferiti dal giudice istruttore del tribunale di prima istanza di Sousse per la strage di civili a Ouardanine, compiuta nei giorni della rivolta che portò alla caduta del governo. Le accuse ipotizzate sono quelle di “complotto contro la sicurezza interna dello Stato”, “incitamento alle persone ad armarsi gli uni contro gli altri o a provocare disordini”, “omicidio o saccheggio sul territorio tunisino”. Le stesse accuse sono state formulate nei confronti di 14 tra funzionari e agenti delle forze dell'ordine, che avrebbero aperto il fuoco contro i dimostranti che avevano sbarrato loro la strada mentre tentavano di fare uscire dalla città l’ex presidente Ben Ali.

Costa d’Avorio: ritrovati i corpi di 60 persone uccise negli scontri di piazza
In Costa d’Avorio i corpi di almeno 60 persone uccise nelle violenze dei giorni scorsi sono stati ritrovati nel quartiere di Yopugon, nella capitale Abidjan. Il quartiere è l’ultimo a sfuggire ancora al controllo del presidente Ouattara ed era diventato bastione dei miliziani fedeli al presidente decaduto Gbagbo. Ouattara ha minacciato di “disarmare con la forza” gli ultimi gruppi di partigiani rivali che rifiutano di consegnare le armi. Intanto il commissario europeo allo Sviluppo, Andris Piebalgs, venerdì incontra ad Abidjan il presidente Ouattara, al quale confermerà il sostegno dell'Ue al processo di stabilizzazione e di ripresa economica del Paese.

Marocco: due sospettati della strage di Marrakech
Due sospettati dell’attentato del 28 aprile scorso a Marrakech sono stati identificati ed interrogati dalla polizia marocchina. L’elemento decisivo per rintracciare la pista che ha condotto ai due sospettati sarebbe stato un identikit molto preciso diffuso poco dopo i fatti. Parigi ha inviato sul posto una decina di investigatori specializzati per identificare gli autori dell’attentato nel quale sette cittadini francesi sono deceduti.

Piano di aiuti al Portogallo per 78 miliardi di euro
Annunciato stamane il piano di salvataggio dell’economia del Portogallo. Cauto ottimismo da parte delle autorità di Lisbona che giudicano l’accordo “impegnativo ma realistico”. Il servizio di Gabriele Papini:RealAudioMP3

Un ambizioso piano di consolidamento del bilancio per ridurre “ad un ritmo realistico” il deficit ed il debito pubblico, misure a sostegno della crescita e per creare posti di lavoro, specialmente per i giovani, interventi per ridare stabilità al settore finanziario. Questi i punti salienti del piano triennale di salvataggio dell’economia portoghese, presentato stamane dalle autorità di Lisbona e dai rappresentanti di commissione Ue, Bce e Fmi. In particolare, il piano ammonta a 78 miliardi di euro, di cui 12 per la ricapitalizzazione delle banche. Più della metà degli aiuti saranno erogati entro la fine dell’anno. Lisbona da parte sua, si impegna a rientrare sotto il 3% del rapporto deficit/Pil entro il 2013. Sono previsti aumenti delle tasse e pesanti tagli alla spesa pubblica. Sarà avviato un programma di privatizzazioni su vasta scala, con interventi per migliorare la competitività del Paese. Come afferma una nota congiunta, si tratta di un accordo con cui si gettano le basi per “un’economia portoghese più sostenibile e competitiva” e per “ripristinare la fiducia e la stabilità dei mercati”. Secondo il direttore del Fmi, Dominique Strauss Kahn, “non è stato fatto nessuno sconto a Lisbona”. Tuttavia alcuni analisti sostengono che il piano di salvataggio sia più leggero rispetto a quelli imposti a Grecia e Irlanda, anche considerando la congiuntura negativa dell’economia portoghese, prevista almeno per i prossimi 2 anni.

A Parigi manifestazione in difesa della libertà religiosa
Oggi a Parigi una manifestazione in favore della libertà religiosa con particolare attenzione ai cristiani del Medio Oriente. Il servizio di Francesca Pierantozzi:RealAudioMP3

Il grido d’allarme arriva dal sagrato di Notre-Dame: i cristiani d’Oriente sono in pericolo, in Iraq, in Pakistan, in Egitto la situazione è drammatica, con milioni di fedeli perseguitati e tantissimi costretti all’esilio. Ieri, giornata per la libertà religiosa tre vescovi di Iraq, Pakistan e Egitto si sono ritrovati davanti alla cattedrale di Parigi per pregare e allertare il mondo sulle crescenti difficoltà vissute dai cristiani d’Oriente. Secondo mons. Basile Casmoussa, già arcivescovo siro-cattolico di Mossul in Iraq, oggi vescovo della Curia Patriarcale Siro-cattolica, “un vescovo e tanti sacerdoti sono stati uccisi, decine di chiese bombardate”. Secondo mons. Basile Casmoussa i tre quarti del milione e duecentomila cristiani che vivevano in Iraq nel 2003 sono stati costretti all’esilio. Anche in Pakistan le minoranze religiose sono sempre più nel mirino e con loro i due milioni e mezzo di cristiani, come ha precisato mons. Joseph Coutts, vescovo di Faisalabad, più volte minacciato di morte. “Ogni aggressione occidentale è vista come un’aggressione dei cristiani contro i musulmani” ha osservato mons. Coutts. Situazione difficile anche in Egitto, dove ci sono tra gli 8 e i 10 milioni di copti e 250 mila cattolici. “I cristiani sono sempre disprezzati”, ha spiegato mons. Youhanna Golta, vescovo copto-cattolico di Andropoli e di Alessandria di Egitto; “per fortuna oggi stiamo vivendo una rivoluzione laica, civile e giovane” ha aggiunto. In serata una Messa è stata celebrata dal cardinale André Vingt Trois, residente della Conferenza episcopale francese, che ha rivolto un pensiero a Giovanni Paolo II, “la cui parola - ha detto - era assolutamente decisiva per dare vigore alla libertà religiosa come diritto esclusivo degli esseri umani”.

Giappone: tecnici Tepco nel reattore per la prima volta dall’incidente
Per la prima volta dall'incidente dell’11 marzo scorso, due tecnici della Tepco sono entrati nella centrale giapponese di Fukushima. L’obiettivo della Tepco, che gestisce l’impianto, è di mettere a punto un sistema di ventilazione in grado di ridurre il livello di radioattività nell’aria all’interno dell’edificio che ospita il reattore. Altri tecnici sono pronti a entrare nell'edificio e a restarvi per dieci minuti, il tempo limite per non assorbire quantità eccessive di radiazioni.

Bangladesh: la Corte suprema respinge l’appello di Yunus
La sezione d'Appello della Corte suprema del Bangladesh ha respinto l’ultimo possibile appello presentato dall'economista bengalese Muhammad Yunus, confermando la decisione adottata dal governo di escluderlo dalla presidenza della Grameen Bank. Il “padre del microcredito” è fuori dalla gestione della banca da lui fondata 30 anni fa. In una conferenza stampa subito dopo la sentenza, i nove direttori hanno rivolto un appello al governo affinchè rinomini Yunus presidente della Grameen Bank. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza e Gabriele Papini)

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 125







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