“Cosa c'è di più inutile che far parlare di salute uomini di fede?”, è la provocazione
lanciata all'inizio del convegno “Scienze, fedi e salute” dal prof. Aldo Morrone,
direttore generale del San Camillo Forlanini, ideatore dell'evento che si è tenuto
ieri nell’Aula Magna dell’ospedale romano. Un’utilità invece c’è stata: quella di
aver inaugurato un felice esperimento di dialogo interreligioso e inter-culturale
sul rapporto tra fede e scienza, al di là degli stereotipi e per favorire sinergie.
Presenti rappresentanti cattolici, anglicani, islamici, ebrei, buddisti ed esponenti
del mondo laico-scientifico. Hanno partecipato anche la Specola Vaticana, la Pontificia
Accademia delle Scienze ed esponenti di ordini religiosi cattolici. Ha seguito per
noi l’evento Luca Attanasio, che ha raccolto il commento mons. Marcelo Sauchez
Sorondo, cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze:
R. - Io vedo
che la Chiesa, tutta la Chiesa cattolica, è spinta dalla scienza, che lei stessa ha
spinto a nascere. La Chiesa dice che Dio ha scritto due libri: uno è la Bibbia e l’altro
è la natura. Gli scienziati, che sono quelli che studiano la natura, questo primo
libro - il secondo è quello della Rivelazione - sono quasi come i vescovi. La Chiesa,
però, spinta da queste idee, cioè che Dio ha creato il mondo e ha lasciato un messaggio
nella natura, deve scoprire le leggi naturali. Dunque è stata la Chiesa, che ha fondato
la scienza moderna, perché la modernità, è nata con Galileo Galilei proprio in Italia.
Lo
stesso tema è stato affrontato dal punto di vista della tradizione ebraica dal rabbino
capo di Roma, Riccardo Di Segni:
R. - L’interpretazione
letterale del testo biblico, per quanto riguarda la struttura dell’universo, non è
la sola possibile e se questa interpretazione va contro quelle che sono le conoscenze
scientifiche va messa in secondo piano rispetto a quelle che sono appunto le evidenze
scientifiche. Possiamo aggiungere che un rabbino fu allievo di Galileo: Joseph Solomon
Delmedigo era nato a Creta e studiò a Padova negli anni in cui Galileo faceva le prime
osservazioni con il cannocchiale. Delmedigo dice: “Il mio maestro, Galileo, mi ha
fatto vedere nel cannocchiale”. Vediamo quindi che c’è un atteggiamento positivo,
almeno all’inizio; poi, nei secoli successivi, forse le cose sono cambiate ed alcuni
rabbini si sono espressi contro la teoria copernicana. Ma all’inizio la teoria copernicana
non ha suscitato alcun problema nel mondo ebraico. La fede ebraica ha come presupposto
che Dio ha creato il mondo, ma Dio ha creato le condizioni affinché il mondo si sviluppasse.
Però la Bibbia non è un libro di scienza, ci vuole dare un insegnamento, un messaggio,
che è quello che Dio ha una relazione con l’uomo. Credo che questa è la cosa importante
da sottolineare, piuttosto che evidenziare che Dio è creatore del mondo.
L'imam
Yahya Pallavicini, vice presidente della Comunità religiosa islamica italiana
(Coreis), sottolinea invece l’approccio interdisciplinare e interconfessionale dell’iniziativa:
R. - E’ un’esperienza
molto importante, perché permette innanzitutto di avviare un bellissimo laboratorio
tra persone molto competenti e, soprattutto, disponibili non soltanto da parte dei
rappresentanti religiosi, a rappresentare la propria dottrina ma a declinare la propria
dottrina secondo esigenze concrete e pratiche, legate al mondo della medicina o della
salute o della cura. Quindi, questa interdisciplinarità è essenziale per cercare di
affrontare concretamente esigenze che non sono soltanto di emergenza, ma che sono
esigenze di una nuova società multiculturale e di pluralismo religioso, che va un
attimo disciplinata per evitare situazioni sempre un po’ caotiche. Dovremmo quindi
cercare di favorire un dialogo tra persone che sanno declinare queste unità di relazioni
tra fede e scienza, nel contesto occidentale moderno. (gf)