Versioni contrastanti sul blitz contro Bin Laden. La figlia: catturato e ucciso
Potrebbero essere diffusi, nelle prossime ore, documenti esclusivi sull’operazione
che ha portato alla morte di Osama Bin Laden. Le autorità americane stanno valutando
l’opportunità di diffondere alcune fotografie del blitz e del corpo senza vita dello
sceicco saudita. L’obiettivo è di fugare ogni dubbio sulla sua morte. Ma il rischio
è che le immagini, definite “agghiaccianti”, possano essere utilizzate da gruppi estremisti
islamici come strumento di propaganda antiamericana. Secondo la Cnn, alcune fotografie,
scattate in un hangar in Afghanistan, mostrano una profonda ferita alla testa di Osama
Bin Laden. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
Oltre ad
alcune fotografie, potrebbero essere diffusi anche il video della sepoltura in mare
e un messaggio del leader di Al Qaeda, registrato pochi giorni prima della sua morte.
In attesa della pubblicazione di documenti inediti, arrivano intanto nuovi dettagli
sul blitz, durato 38 minuti. Al momento dell’irruzione, Osama Bin Laden non era armato.
All’operazione, secondo il New York Times, hanno partecipato 79 militari delle forze
speciali. Un funzionario dell’amministrazione statunitense ha dichiarato che le vittime
sono almeno 5: oltre ad Osama Bin Laden, sono morti un figlio del leader di Al Qaeda,
una donna, il corriere di fiducia dello sceicco saudita e suo fratello. Altre
due donne sono rimaste ferite. Una di queste, identificata grazie ad un passaporto
yemenita, è una delle mogli di Osama Bin Laden. La tv Al Arabiya, citando fonti della
sicurezza pakistana, riferisce inoltre che, secondo una delle figlie dello
sceicco, il leader di Al Qaeda è stato catturato vivo e poi ucciso dalle forze speciali.
Secondo fonti di stampa pachistane, Osama Bin Laden sarebbe invece stato ucciso
da una sua guardia del corpo che aveva ricevuto l’ordine di ucciderlo per evitare
la cattura dello sceicco saudita.
Dopo l’uccisione del leader
di Al Qaeda, al quale dovrebbe probabilmente succedere il medico egiziano Al
Zawahiri, la Cia è entrata in possesso di un “impressionante quantitativo
di materiale”. Sono ritenuti, in particolare, una miniera d’oro i cinque computer,
ora al vaglio dell’intelligence statunitense, trovati durante il blitz seguito in
diretta dal presidente Barack Obama grazie ad una telecamera fissata sul casco di
uno dei militari delle forze speciali. Il presidente degli Stati Uniti si recherà
domani a Ground Zero, a New York, per incontrare alcuni familiari delle vittime dell’11
settembre 2001. Non sarà presente, invece, l’ex presidente George W. Bush, capo di
Stato americano all’epoca degli attentati. L’amministrazione americana, secondo il
quotidiano Washington Post, sta anche valutando la possibilità di trovare un
accordo negoziale con i talebani per un’uscita dal conflitto in Afghanistan. In
vari Paesi, infine, sono state rafforzate le misure di vigilanza e controllo. In Italia
il Ministero dell’Interno ha potenziato le misure di protezione per i luoghi di culto
e i simboli della cristianità.
Dal Pakistan, intanto, si leva la forte
richiesta d’aiuto alla comunità internazionale per combattere il terrorismo. Il primo
ministro pachistano, Yousuf Gilani, in visita a Parigi ha sottolineato che “la sicurezza
e la lotta contro l'estremismo o il terrorismo non sono il compito di una sola Nazione”.
Risposte importanti si attendono dai computer e dai documenti sequestrati dai militari
americani nel covo di Osama. Che cosa potrebbe venir fuori dall’analisi di questi
dati? Giancarlo La Vella lo ha chiesto all’esperto di politica internazionale,
Paolo Mastrolilli:
R. - Gli
esperti dell’intelligence americana, in sostanza, cercano due cose. Prima di tutto
capire se ci sono dei segnali, delle indicazioni su nuovi attentati che Al Qaeda stava
preparando e, seconda cosa, se ci sono degli elementi per individuare altri leader
dell’organizzazione che non sono stati ancora scoperti. C’è anche un terzo elemento:
capire se abbiano delle capacità speciali che non sono state ancora scoperte, ossia
armi chimiche o altre armi che non si sapeva Al Qaeda possedesse.
D.
- Smantellare Al Qaeda vuol dire eliminare gran parte del rischio terrorismo nel mondo?
R.
- Eliminarlo in maniera definitiva probabilmente no, perché Al Qaeda ormai si è organizzata
come una struttura “in franchising” dove, in sostanza, le cellule isolate possono
colpire in qualunque parte del mondo su iniziativa personale. Un altro elemento fondamentale
è che naturalmente tutti i membri di Al Qaeda non sanno, a questo punto, che cosa
è nelle mani dell’intelligence americana. Mentre quando viene preso un responsabile
di medio livello dell’organizzazione i capi probabilmente sanno di che informazioni
disponeva questa persona e quindi sanno quali sono i membri dell’organizzazione bruciati
o piani che sono stati scoperti, in questo caso, forse, la maggior parte dei membri
di Al Qaeda non sanno cosa c’era nei computer di Bin Laden e quindi non sanno più
se sono sicuri o no.
D. - L’indebolimento di Al Qaeda potrebbe avere
delle ricadute positive, in Afghanistan e Pakistan, per quello che riguarda i rapporti,
per ora esclusivamente conflittuali, con i talebani?
R. - Al momento
sono emerse due scuole di pensiero. Una è quella che spera che da quest’azione contro
Bin Laden possa maturare uno sviluppo che favorisca questo tentativo di conciliazione
che gli americani, insieme ai leader afghani, stanno cercando di condurre nel Paese
e quindi convincere i talebani ad accettare il dialogo piuttosto che lo scontro frontale.
C’è, però, anche un’altra scuola di pensiero che sostiene l’esatto opposto, cioè che
i talebani reagiranno all’uccisione di Bin Laden scatenando una serie di azioni e
rifiutando il processo di pace, cercando di radicalizzare il conflitto proprio per
impedire agli americani di utilizzare la morte di Bin Laden come una giustificazione
ed uno strumento per abbandonare finalmente l’Afghanistan, possibilmente pacificato.
D.
- Come può cambiare, in generale, il rapporto con il mondo islamico?
R.
- Questo, naturalmente, è un altro elemento fondamentale, che si collega anche alle
analisi che stanno facendo i responsabili della Casa Bianca per decidere se rilasciare
o meno delle foto di Bin Laden, riprese durante il raid. Il mondo islamico in generale
sembrava aver abbandonato Al Qaeda e Bin Laden. E’ stato chiaro, durante la primavera
araba, dall’Egitto agli altri Paesi dove ci sono state le proteste, che le persone
che sono scese in piazza non lo hanno fatto nel nome di Al Qaeda e di Bin Laden. Ora
bisogna fare in modo che quest’operazione non crei invece delle reazioni negative
di irritazione e risentimento da parte del mondo arabo e musulmano per il modo in
cui è stata gestita l’operazione e per il modo in cui è stato trattato il corpo di
Osama Bin Laden. Quindi, evitare che questo successo strategico contro il terrorismo
si trasformi poi in un insuccesso a livello d’immagine. (vv)