2011-05-04 13:57:34

Versioni contrastanti sul blitz contro Bin Laden. La figlia: catturato e ucciso


Potrebbero essere diffusi, nelle prossime ore, documenti esclusivi sull’operazione che ha portato alla morte di Osama Bin Laden. Le autorità americane stanno valutando l’opportunità di diffondere alcune fotografie del blitz e del corpo senza vita dello sceicco saudita. L’obiettivo è di fugare ogni dubbio sulla sua morte. Ma il rischio è che le immagini, definite “agghiaccianti”, possano essere utilizzate da gruppi estremisti islamici come strumento di propaganda antiamericana. Secondo la Cnn, alcune fotografie, scattate in un hangar in Afghanistan, mostrano una profonda ferita alla testa di Osama Bin Laden. Il servizio di Amedeo Lomonaco:RealAudioMP3

Oltre ad alcune fotografie, potrebbero essere diffusi anche il video della sepoltura in mare e un messaggio del leader di Al Qaeda, registrato pochi giorni prima della sua morte. In attesa della pubblicazione di documenti inediti, arrivano intanto nuovi dettagli sul blitz, durato 38 minuti. Al momento dell’irruzione, Osama Bin Laden non era armato. All’operazione, secondo il New York Times, hanno partecipato 79 militari delle forze speciali. Un funzionario dell’amministrazione statunitense ha dichiarato che le vittime sono almeno 5: oltre ad Osama Bin Laden, sono morti un figlio del leader di Al Qaeda, una donna, il corriere di fiducia dello sceicco saudita e suo fratello. Altre due donne sono rimaste ferite. Una di queste, identificata grazie ad un passaporto yemenita, è una delle mogli di Osama Bin Laden. La tv Al Arabiya, citando fonti della sicurezza pakistana, riferisce inoltre che, secondo una delle figlie dello sceicco, il leader di Al Qaeda è stato catturato vivo e poi ucciso dalle forze speciali. Secondo fonti di stampa pachistane, Osama Bin Laden sarebbe invece stato ucciso da una sua guardia del corpo che aveva ricevuto l’ordine di ucciderlo per evitare la cattura dello sceicco saudita.

Dopo l’uccisione del leader di Al Qaeda, al quale dovrebbe probabilmente succedere il medico egiziano Al Zawahiri, la Cia è entrata in possesso di un “impressionante quantitativo di materiale”. Sono ritenuti, in particolare, una miniera d’oro i cinque computer, ora al vaglio dell’intelligence statunitense, trovati durante il blitz seguito in diretta dal presidente Barack Obama grazie ad una telecamera fissata sul casco di uno dei militari delle forze speciali. Il presidente degli Stati Uniti si recherà domani a Ground Zero, a New York, per incontrare alcuni familiari delle vittime dell’11 settembre 2001. Non sarà presente, invece, l’ex presidente George W. Bush, capo di Stato americano all’epoca degli attentati. L’amministrazione americana, secondo il quotidiano Washington Post, sta anche valutando la possibilità di trovare un accordo negoziale con i talebani per un’uscita dal conflitto in Afghanistan. In vari Paesi, infine, sono state rafforzate le misure di vigilanza e controllo. In Italia il Ministero dell’Interno ha potenziato le misure di protezione per i luoghi di culto e i simboli della cristianità.

Dal Pakistan, intanto, si leva la forte richiesta d’aiuto alla comunità internazionale per combattere il terrorismo. Il primo ministro pachistano, Yousuf Gilani, in visita a Parigi ha sottolineato che “la sicurezza e la lotta contro l'estremismo o il terrorismo non sono il compito di una sola Nazione”. Risposte importanti si attendono dai computer e dai documenti sequestrati dai militari americani nel covo di Osama. Che cosa potrebbe venir fuori dall’analisi di questi dati? Giancarlo La Vella lo ha chiesto all’esperto di politica internazionale, Paolo Mastrolilli:RealAudioMP3

R. - Gli esperti dell’intelligence americana, in sostanza, cercano due cose. Prima di tutto capire se ci sono dei segnali, delle indicazioni su nuovi attentati che Al Qaeda stava preparando e, seconda cosa, se ci sono degli elementi per individuare altri leader dell’organizzazione che non sono stati ancora scoperti. C’è anche un terzo elemento: capire se abbiano delle capacità speciali che non sono state ancora scoperte, ossia armi chimiche o altre armi che non si sapeva Al Qaeda possedesse.

D. - Smantellare Al Qaeda vuol dire eliminare gran parte del rischio terrorismo nel mondo?

R. - Eliminarlo in maniera definitiva probabilmente no, perché Al Qaeda ormai si è organizzata come una struttura “in franchising” dove, in sostanza, le cellule isolate possono colpire in qualunque parte del mondo su iniziativa personale. Un altro elemento fondamentale è che naturalmente tutti i membri di Al Qaeda non sanno, a questo punto, che cosa è nelle mani dell’intelligence americana. Mentre quando viene preso un responsabile di medio livello dell’organizzazione i capi probabilmente sanno di che informazioni disponeva questa persona e quindi sanno quali sono i membri dell’organizzazione bruciati o piani che sono stati scoperti, in questo caso, forse, la maggior parte dei membri di Al Qaeda non sanno cosa c’era nei computer di Bin Laden e quindi non sanno più se sono sicuri o no.

D. - L’indebolimento di Al Qaeda potrebbe avere delle ricadute positive, in Afghanistan e Pakistan, per quello che riguarda i rapporti, per ora esclusivamente conflittuali, con i talebani?

R. - Al momento sono emerse due scuole di pensiero. Una è quella che spera che da quest’azione contro Bin Laden possa maturare uno sviluppo che favorisca questo tentativo di conciliazione che gli americani, insieme ai leader afghani, stanno cercando di condurre nel Paese e quindi convincere i talebani ad accettare il dialogo piuttosto che lo scontro frontale. C’è, però, anche un’altra scuola di pensiero che sostiene l’esatto opposto, cioè che i talebani reagiranno all’uccisione di Bin Laden scatenando una serie di azioni e rifiutando il processo di pace, cercando di radicalizzare il conflitto proprio per impedire agli americani di utilizzare la morte di Bin Laden come una giustificazione ed uno strumento per abbandonare finalmente l’Afghanistan, possibilmente pacificato.

D. - Come può cambiare, in generale, il rapporto con il mondo islamico?

R. - Questo, naturalmente, è un altro elemento fondamentale, che si collega anche alle analisi che stanno facendo i responsabili della Casa Bianca per decidere se rilasciare o meno delle foto di Bin Laden, riprese durante il raid. Il mondo islamico in generale sembrava aver abbandonato Al Qaeda e Bin Laden. E’ stato chiaro, durante la primavera araba, dall’Egitto agli altri Paesi dove ci sono state le proteste, che le persone che sono scese in piazza non lo hanno fatto nel nome di Al Qaeda e di Bin Laden. Ora bisogna fare in modo che quest’operazione non crei invece delle reazioni negative di irritazione e risentimento da parte del mondo arabo e musulmano per il modo in cui è stata gestita l’operazione e per il modo in cui è stato trattato il corpo di Osama Bin Laden. Quindi, evitare che questo successo strategico contro il terrorismo si trasformi poi in un insuccesso a livello d’immagine. (vv)







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