In Dvd il dramma teatrale "La Bottega dell'Orefice" di Karol Wojtyla
In occasione della Beatificazione di Giovanni Paolo II, è stata approntata da Rai
Cinema la riedizione del Dvd del film “La bottega dell’orefice”, diretto nel 1989
dal regista britannico Michael Anderson e tratto da un’opera teatrale del giovane
Karol Wojtyła, arricchita da sottotitoli in italiano per non udenti, inglese, polacco,
francese e spagnolo. Il servizio di Luca Pellegrini:
L’autore
diventerà Papa. Già questa è una spirituale anomalia nella carriera di uno scrittore
di testi teatrali. Si chiamava Karol Wojtyła, era il 1960, ma già il
senso del mistero e dell'eternità, dell’amore e della fedeltà, permeava i suoi pensieri
di artista, prima ancora che quelli di sacerdote. “La bottega dell'orefice”, infatti,
dramma teatrale in tre atti, si concentra con naturalezza e profondità sul sentimento
amoroso che, dalla spensierata gioia vissuta negli anni dell’adolescenza, sboccia
in età adulta nel riconoscimento del sacrificio e della riconoscenza, attraverso la
simultanea storia di due coppie che a Cracovia iniziano il loro cammino matrimoniale,
prima e durante l’occupazione nazista; in Canada ne danno sviluppo con alterne, dolorose
vicende; a Cracovia, infine, ritrovano le ragioni della indissolubilità del loro matrimonio,
vero sacramento della Chiesa. Il giovane Karol, però, abituato a stare tra i giovani
e per i giovani, anche questa volta guarda al futuro, ossia ai figli: a loro i quattro
protagonisti infonderanno la bellezza e la difficoltà di questo vivere insieme, di
questa quotidiana condivisione. Su tutti vegliano due figure, l’una carismatica, l’altra
simbolica: un sacerdote che si chiama Adam - proprio come il primo uomo della Genesi
- e un Orefice senza nome che nel mistero della sua bottega - sospesa tra tempo e
eternità - mette sul bilancino le fedi nuziali per pesare le anime degli sposi. Da
lui promana un’aura solenne, sacrale, ma al tempo stesso premurosa e paterna. Nel
film, allora assai apprezzato dal Pontefice, questo ruolo era affidato al carismatico
Burt Lancaster, che in poche scene riusciva a disegnare un personaggio capace di sovrastare
in psicologia e bravura tutto il resto del cast, diretto comunque con semplice linearità.
E’ in quelle poche scene nella bottega, più che nei dialoghi familiari, che si sente
la mano felice di Wojtyła drammaturgo e già tutto proteso verso la sorgente
prima e mistica di ogni forma di amore umano, ma anche chinato paternamente sulle
sue debolezze, cadute, tradimenti, per rendere così l’amore capace di superare il
concetto riduttivo e egoistico di piacere e diventare un piccolo seme di eternità
gettato nel fluire della storia. Lo confermano alcune battute scritte dal futuro Papa:
“L’amore non è un’avventura. Ha il suo peso specifico. E’ il peso di tutto il tuo
destino. Non può durare un solo momento. L’eternità dell’uomo passa attraverso l’amore”.
Per questo l’Orefice, ossia Lancaster, nella penombra silenziosa che ricorda l’alba
sulla quale si staglia la figura del viscontiano “Gattopardo” da lui anni prima interpretato,
riflette sulla condizione della natura umana e sull’essenza della storia, affermando
con profetica convinzione: “Il futuro dipende dall’amore”. Pochi decenni dopo, Giovanni
Paolo II lo avrebbe testimoniato con la vita, la fede, la missione e il sacrificio.