Benedetto XVI: radio e tv nazionali difendano il valore del dialogo, della pace e
dello sviluppo, non dell'audience
Gli strumenti della comunicazione servano “al dialogo, alla pace, e allo sviluppo
solidale dei popoli”. L’auspicio è stato espresso questa mattina da Benedetto XVI
durante l’udienza concessa in Vaticano ai circa 150 partecipanti all'Assemblea delle
Radio dell’“European Broadcasting Union” (Ebu), organizzata nei giorni scorsi dalla
Radio Vaticana in occasione del suo 80.mo di fondazione. Un anniversario sottolineato
anche dal Papa, che ha ricordato la “grande importanza” dei messaggi comunicati dai
suoi predecessori grazie ai microfoni dell’emittente pontificia. Il servizio di Alessandro
De Carolis:
Di qua, l’idea,
anzi l’ideale, di una comunicazione che serva ad avvicinare i popoli; di là, la brama
di piegarla a interessi di parte. Di qua, un mass media che diradi la nebbia delle
differenze e delle diffidenze per servire la causa della pace; di là, tv o radio che
si fanno la guerra per obbedire alla tirannia dell’audience. La Chiesa, ha affermato
Benedetto XVI, ha sempre guardato con “ottimismo” e “simpatia” agli operatori della
comunicazione sociale, ma è innegabile che problemi e condizionamenti pesino sul prodotto
finale, e che comunque ciò che esce da uno schermo o da un microfono finisce per trascinare
l’opinione pubblica. L’onda di conflitti che da mesi sta sconvolgendo il Nord Africa
e il Medio Oriente ne è una prova evidente e il Papa l’ha ricordata - alternando francese
ed inglese - dando peso soprattutto al ruolo rivestito in queste sollevazioni dai
nuovi media, specie i social network:
“We know that the new forms... Sappiamo
che le nuove forme di comunicazione hanno svolto e svolgono un ruolo non secondario
in questi stessi processi. Vi auguro di saper mettere i vostri contatti internazionali
e le vostre attività al servizio di una riflessione e di un impegno affinché gli strumenti
delle comunicazioni sociali servano al dialogo, alla pace e allo sviluppo solidale
dei popoli, superando le distanze culturali, le diffidenze o le paure”.
Obiettivi
alti ma non certo fuori orizzonte per emittenti di “servizio pubblico”, come quelle
rappresentate nella Sala degli Svizzeri a Castel Gandolfo, presentate al Papa dal
direttore generale della Radio Vaticana, padre Federico Lombardi, e dal presidente
dell'Ebu, Jean Paul Philippot. “So bene – ha riconosciuto con schiettezza il Papa
– che questo servizio incontra difficoltà, con differenti aspetti e proporzioni nei
diversi Paesi”:
“These can include the challenge... Vi
possono essere la sfida della concorrenza da parte dell’emittenza commerciale; il
condizionamento di una politica vissuta come spartizione del potere invece che come
servizio del bene comune; la scarsezza di risorse economiche accentuata da situazioni
di crisi; l’impatto degli sviluppi delle nuove tecnologie di comunicazione; la ricerca
affannosa dell’audience. Ma troppo grandi e urgenti sono le sfide del mondo odierno
di cui dovete occuparvi, per lasciarvi scoraggiare e arrendervi di fronte a queste
difficoltà”.
Poco prima, Benedetto XVI aveva ricordato che chi opera
nelle comunicazioni sociali è coinvolto in prima linea dal confronto con quei “valori
basilari” che formano la coscienza di una società e che la Chiesa sempre difende:
la vita, la famiglia, i diritti dei singoli e dei popoli, quelli dei migranti, assieme
alle sfide rappresentate da vecchie e nuove povertà, dalla lotta alle discriminazioni,
dal disarmo, dalle violazioni della libertà religiosa. “È compito delle radio come
pure delle televisioni”, ha detto chiaramente il Papa, “alimentare ogni giorno una
corretta ed equilibrata informazione e un approfondito dibattito per trovare le migliori
soluzioni condivise”:
“C'est une tâche qui requiert... E’
un compito che richiede alta onestà professionale, correttezza e rispetto, apertura
alle prospettive diverse, chiarezza nell’affrontare i problemi, libertà da steccati
ideologici, consapevolezza della complessità dei problemi. Si tratta di una ricerca
paziente di quella 'verità quotidiana' che meglio traduce i valori nella vita e meglio
orienta il cammino della società, e che va cercata insieme con umiltà”.
Nell’esprimere
apprezzamento ai membri dell’Ebu per il loro lavoro, Benedetto XVI ha ricordato il
rapporto che la Chiesa ha sempre avuto con i media, in particolare con le tecnologie
che li supportano, delle quali la Radio Vaticana è un segno evidente e storico:
“Quand
mon Prédécesseur Pie XI... Quando il mio predecessore Pio XI si rivolse
a Guglielmo Marconi perché dotasse lo Stato della Città del Vaticano di una Stazione
radio all’altezza della migliore tecnologia disponibile a quel tempo, dimostrò di
aver intuito con acutezza in quale direzione si stava sviluppando il mondo delle comunicazioni
e quali potenzialità la radio poteva offrire per il servizio della missione della
Chiesa”.
I grandi messaggi di Pio XII durante la guerra combattuta
e quelli di Giovanni XXIII durante la Guerra fredda – o il servizio in favore dei
prigionieri di guerra o quello a sostegno dei cristiani durante l’epoca delle persecuzioni
totalitaristiche – sono segno, ha detto il Pontefice, della consapevolezza che la
Santa Sede ha delle “potenzialità straordinarie” del mondo della comunicazione “per
il progresso e la crescita delle persone e della società”:
“On peut
dire que tout l'enseignement... Si può dire che tutto l’insegnamento
della Chiesa su questo settore, a partire dai discorsi di Pio XII, passando attraverso
i documenti del Concilio Vaticano II, fino ai miei più recenti messaggi sulle nuove
tecnologie digitali, è attraversato da una vena di ottimismo, di speranza e di simpatia
sincera verso coloro che si impegnano in questo campo per favorire l’incontro e il
dialogo, servire la comunità umana, contribuire alla crescita pacifica della società”.