2011-04-28 15:12:03

Siria: 500 le vittime della repressione. Cresce il dissenso nel Paese


In Siria si aggrava il bilancio delle vittime in seguito alla dura repressione delle proteste antigovernative. Secondo l’organizzazione per i diritti umani Sawasiah sono almeno 500 i civili morti e migliaia le persone arrestate. Sul fronte diplomatico, il Consiglio di Sicurezza dell'Onu non è riuscito a raggiungere un accordo su un documento di condanna della repressione. La Russia ha chiesto alla Siria di aprire un'inchiesta. La credibilità del governo siriano, minata anche dalle dimissioni di oltre 200 esponenti del partito Baath, appare ormai usurata, come sottolinea al microfono di Amedeo Lomonaco la professoressa Marcella Emiliani, docente di Storia e Istituzioni del Medio Oriente all'Università di Bologna-Forlì:RealAudioMP3

R. – Il presidente Bashar al-Assad ha commesso una serie di errori gravi. Prima di tutto, non si spara sulla propria popolazione. Ma, dal punto di vista della credibilità del governo, la cosa più grave è che da una parte promette riforme – il passo più importante è stato quello di eliminare lo stato d’emergenza, che era in vigore dal ’63 – e dall’altra, però, smentisce nei fatti quelle riforme che promette. Il giorno stesso che ha tolto lo stato d’emergenza ha spedito addirittura i carri armati contro la propria popolazione.

D. – Come si presenta oggi l’opposizione siriana?

R. – Pur non essendo unita, pur avendo tantissime difficoltà non cede e, quindi, questa repressione brutale, con cui Bashar al-Assad sperava di avere ragione dei dimostranti, finora non ha pagato.

D. – Nonostante la situazione sia critica, l’esercito appare ancora compatto al fianco del governo...

R. – Finora non si sono avuti quegli schieramenti dell’esercito al fianco della popolazione, che avevamo visto in Tunisia e in Egitto. L’esercito è ancora fortemente in mano a Bashar al-Assad. Naturalmente, però, se lo sgretolamento inizia all’interno del partito unico, il partito Baath, questo potrebbe avere dei riflessi sull’esercito medesimo.

D. – Come giudicare la pressione internazionale sulla Siria?

R. – Finora è stata veramente molto blanda. Questo perché la Siria è un Paese che ha in mano le chiavi della stabilità del Libano, della Palestina, dell’Iraq, e, ricordiamolo, è l’unico Stato arabo alleato di Teheran. Quindi, toccare la Siria significa mettere le mani su un vespaio che poi porterebbe ad uno scontro diretto di nuovo con l’Iran e tra Israele e Iran.

D. – Internet si conferma il motore delle proteste e su Facebook è stato lanciato un nuovo appello per partecipare domani, giorno della preghiera per i musulmani, alle proteste contro il governo...

R. – I social network sono stati il vero motore di tutte le rivolte del Medio Oriente. Per quel che riguarda la Siria poi, la repressione del regime sugli stessi social network è sempre stata molto alta e si deve a tutta una catena di siriani all’estero il fatto di avere tenuto in vita anche i social network siriani. Il Paese, però, è totalmente chiuso alla stampa. Siamo nel buio informativo più totale.

D. – Nonostante questo buio informativo, è possibile prevedere una fase di transizione nel prossimo futuro della Siria?

R. – No, nel senso che il problema in Siria è che non si riescono a intravedere neanche gli attori di questa possibile transizione. Se il regime cominciasse ad allentare la stretta repressiva, allora si potrebbe ridare un qualche spazio alla politica. (ap)







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