Sierra Leone: "marcia della pace" a 50 anni dall'indipendenza
La “marcia della pace” è cominciata sotto il “Cotton Tree”, l’albero dove si vendevano
gli schiavi. Cristiani e musulmani, insieme, hanno attraversato Freetown in un giorno
speciale: a 50 anni esatti dall’indipendenza dalla Gran Bretagna, oggi erano blu,
bianchi e verdi anche i marciapiedi. “Il corteo – dice all'agenzia Misna padre Eugenio
Montesi, un missionario saveriano che vive in città – ha raggiunto lo stadio: di fronte
a migliaia di spettatori, i rappresentanti delle religioni hanno chiesto di superare
le divisioni della guerra e di guardare avanti”. Il futuro comincia dai marciapiedi,
dipinti con il tricolore della Sierra Leone. A Freetown le strade sono pulite, le
bandiere in tutti gli uffici e, soprattutto, da quattro giorni c’è la corrente elettrica
di giorno e di notte. “È la prima volta – sottolinea padre Montesi – ed è un segnale
importante”. Molti danno il merito a Ernest Bai Koroma, un imprenditore divenuto presidente
nel 2007 grazie a elezioni giudicate tra le più libere e pacifiche mai tenute in Africa.
Non una cosa da poco perché la Sierra Leone era uscita dalla guerra civile da appena
sei anni: 50.000 vittime e nella memoria di tutti, qui e nel mondo, mutilazioni, ribelli,
orrori. “Il governo – racconta padre Montesi – ha costruito strade, completato una
nuova centrale idroelettrica e assicurato assistenza medica gratuita alle donne incinte
e ai bambini con meno di cinque anni di età”. Nell’Indice dell’Onu sullo sviluppo
umano la Sierra Leone è ancora al 158° posto, ma la voglia di futuro è più forte.
Lo conferma la testimonianza di padre Giuliano Pini, un missionario Giuseppino che
conosce bene il Paese. “Il governo – scrive – ha aumentato i contributi per l’agricoltura
e riabilitato 2500 ettari di terreno con l’obiettivo di ridurre la dipendenza nazionale
dalle importazioni di riso”. Preoccupa la disoccupazione giovanile, in un Paese dove
la metà della popolazione è costituita da persone di età compresa tra i 18 e i 35
anni. Secondo padre Pini, un aiuto potrebbe arrivare dal settore estrattivo. La Sierra
Leone ha ricchi giacimenti di minerali ferrosi, bauxite, oro e pietre preziose. La
tragedia dei “blood diamonds”, i diamanti che negli anni ’90 finanziarono i signori
della guerra, non è stata dimenticata. E anche questo, insieme con i ricordi del “Cotton
Tree” e degli schiavi tornati liberi, alimenta la speranza. (M.V.)