2011-04-27 15:19:55

Siria. L'Onu esamina un documento di condanna per la repressione delle proteste


Non si fermano le violenze in Siria. Sale a 453 il bilancio dei civili uccisi dall'inizio delle manifestazioni di protesta. L’Onu convoca il Consiglio di Sicurezza per esaminare un documento di condanna mentre alcune capitali europee convocano i rispettivi ambasciatori. Il servizio di Gabriele Papini:RealAudioMP3

E' salito ad almeno 35 morti il bilancio delle vittime causate dagli scontri di questi giorni nella città siriana di Deraa ad opera delle forze militari siriane. Il Consiglio di Sicurezza dell'Onu terrà venerdì una sessione speciale sulla situazione in Siria. La riunione è stata convocata alla luce della violenta repressione dell'esercito contro i manifestanti. La questione della Siria è anche nell'agenda della prossima riunione degli ambasciatori dei Paesi dell’Unione Europea, prevista per venerdì. Si parla di possibili sanzioni. Intanto, oltre duemila persone si sono radunate oggi a Banias, città costiera a nordovest di Damasco, per manifestare contro il governo. Ma uno schieramento di forze di sicurezza ha circondato il centro abitato in vista di possibili attacchi da parte dei manifestanti. Da segnalare che i governi di Italia, Francia, Spagna, Germania e Gran Bretagna hanno deciso una convocazione coordinata degli ambasciatori della Siria accreditati nei loro rispettivi Paesi.

Yemen, attesa per la firma dell’accordo tra governo e opposizione
Almeno una persona è morta e 10 sono rimaste ferite negli scontri scoppiati a Taiz e Aden, nel sud dello Yemen tra i manifestanti che chiedono le dimissioni del presidente Saleh, e le Forze di sicurezza. Proteste anche nella capitale Sana'a. Intanto, è stato annunciato che i rappresentanti del governo e dell'opposizione sono stati invitati domani a Riad, in Arabia Saudita, per firmare l'accordo che dovrebbe porre fine alla crisi che da due mesi va avanti nel Paese arabo. L'intesa, basata sulla proposta del Consiglio di Cooperazione del Golfo, prevede le dimissioni del presidente Saleh entro un mese, la nascita di un governo di unità nazionale e la convocazione di nuove elezioni presidenziali entro tre mesi. Resta da dire che una cellula di Al-Qaeda ha ucciso due soldati yemeniti nella provincia meridionale del Paese.

Attentato a un gasdotto nel Sinai egiziano: il secondo in poche settimane
E’ stato attaccato questa mattina un gasdotto che trasporta gas naturale dall’Egitto verso Israele e Giordania causandone l'esplosione: è accaduto in un sobborgo della città di El Arish, nel Sinai egiziano. Il terminal esploso si trova a 344 chilometri a nordest del Cairo. L'oleodotto è stato quindi chiuso e le forniture di gas verso Israele e Giordania risultano attualmente interrotte. Nessuna notizia di vittime. Si tratta del secondo attacco contro la pipeline nelle ultime settimane. Già il 27 marzo uomini armati avevano collocato dell'esplosivo nel gasdotto di al-Sabil con l'intenzione di farlo esplodere, ma l'attentato era stato sventato.

Tunisia
Il governo tunisino ha ufficializzato le sue proposte per il decreto sull'elezione dell'assemblea costituente. La prima delle proposte riguarda i quadri del disciolto Rcd (il partito dell'ex presidente Ben Ali) per i quali è stata prevista la non elegibilità alla Costituente se hanno avuto incarichi di responsabilità nel corso degli ultimi dieci anni. Infine, il governo si è impegnato a rispettare la data del 24 luglio per l'organizzazione delle elezioni dell'Assemblea costituente.

Episodi di violenza ai seggi in Nigeria
Tensione alle stelle in Nigeria, ieri, in occasione delle elezioni per la scelta di 26 governatori dei 36 Stati confederato in cui si suddivide il Paese. Attentati e assalti ai seggi hanno provocato morti e feriti. Il servizio di Giulio Albanese.RealAudioMP3

La giornata si è aperta con tre bombe, esplose senza causare vittime a Borno, nel nord della Nigeria. Poco dopo nel sudest del Paese la polizia ha fatto in tempo a scoprire e disinnescare altri due ordigni. Vittime si sono poi registrate a Makurdi, nella Nigeria centrale, dove agenti di sicurezza hanno ucciso due persone che tentavano di rubare schede e altro materiale elettorale. Il colmo si è comunque raggiunto nello Stato del Delta, quando alcuni giovani facinorosi si sono fatti largo tra i votanti a colpi di mitragliatrice, disarmando i poliziotti di guardia e rubando urne piene e schede. Nel pomeriggio è comunque andato coraggiosamente a votare anche il vincitore delle presidenziali, Goodluck Jonathan, il quale dopo avere espresso la sua preferenza nel seggio ha dichiarato che “nel complesso l’intera tornata elettorale è stata libera in Nigeria, trasparente e tutto sommato pacifica”, ma, a detta dei cronisti locali, non è sembrato affatto convincente.

Nessuna notizia della nave sequestrata la settimana scorsa al largo dell'Oman
Ancora non è stata recuperata la motonave italiana "Rosalia D'Amato", sequestrata la scorsa settimana da un gruppo di pirati a largo delle coste dell'Oman. A bordo 22 membri di equipaggio, 15 filippini e sei italiani. Nessuna notizia anche dell’altra nave italiana, la "Savina Caylyn", nelle mani dei pirati dall’8 febbraio scorso. Dall’inizio dell’anno, sono 28 le navi sequestrate, quasi 600 gli ostaggi. In questo scenario gli armatori chiedono che il parlamento approvi leggi che consentano l’imbarco di militari o di guardie private. Massimiliano Menichetti ha intervistato Nicolò Carnimeo, docente di Diritto della navigazione all’Università degli Studi di Bari ed autore del libro “Nei mari dei pirati”, edito da Longanesi:RealAudioMP3

R. - I pirati in Somalia sono gli stessi “signori della guerra” che organizzano anche altri traffici illeciti, come quello delle armi o quello relativo al commercio delle persone, ma che hanno trovato nella pirateria un’attività molto, molto florida, che non si arresta. Nei primi tre mesi di quest’anno, ci sono stati 96 attacchi, 35 in più rispetto all’anno precedente. Sono morte sette persone, uccise dai pirati, e 40 sono state ferite e almeno un’ottantina di persone sono state torturate. Il livello di conflitto e di scontro si sta alzando.

D. - Anche l’Unione Europea è impegnata nelle missioni internazionali di pattugliamento che, però, non riesco ad avere esiti soddisfacenti…

R. - Questo si spiega nel fatto che la missione “Atalanta” - di cui fa parte anche l’Italia - pattuglia solamente il Golfo di Aden e infatti nel Golfo Di Aden gli attacchi sono diminuiti, non ce ne sono quasi più. Invece, oggi, vengono compiuti - come nell’ultimo caso della Rosalia - nel Mare Arabico e soprattutto nell’Oceano Indiano: i pirati sono arrivati fino alle Isole Andamane.

D. - In sostanza, lo specchio di mare non può essere monitorato costantemente nella sua globalità...

R. - No, assolutamente.

D. - Professore, alcuni ritengono che nella regione settentrionale semiautonoma del Putland ci sia la base dei pirati, la città di Heil: perché non si interviene lì?

R. - Heil è - diciamo - la base storica dei pirati. Ci sono poi, però, altre basi, che sono anche al nord di Mogadiscio: ve ne sono quante sono le gang dei pirati! I pirati non sono solo in Somali: adesso operano anche nel Mar Rosso. Hanno delle basi in Yemen. Si sono molto ramificati e hanno soprattutto delle basi nelle piccole isole dell’Oceano Indiano.

D. - La pirateria di fronte alle acque somale è il riflesso di un governo che non c’è. Ma è diventato anche un affare a se stante?

R. - Ci sono investitori africani e arabi, da Dubai, che investono nella attività di abbordaggio. L’auspicio è che in realtà si cerchi di risolvere la situazione somala, ma non c’è - dal punto di vista internazionale - una repressione forte, anche in senso normativo. Si pensi che nei giorni scorsi erano stati arrestati 16 pirati, già stati liberati perché nessuno voleva processarli… (mg)

Afghanistan
L’Isaf ha sostenuto che nei mesi scorsi sono stati uccisi in Afghanistan oltre 25 fra esponenti e combattenti dell'organizzazione terroristica Al Qaeda. Col trascorrere degli anni, comunque, gli esperti hanno convenuto che l'importanza di Al Qaeda nel Paese si è ridotta progressivamente. Intanto, stamani un ex pilota afghano, sembra legato ad Al Qaeda, ha aperto il fuoco contro soldati della forza Isaf nel quartier generale dell'Aviazione, uccidendo sei militari americani. Il portavoce del Ministero della difesa afghano non ha fornito dati sul numero e sulla nazionalità delle vittime, riferendo genericamente di “alcuni morti e feriti”. Anche un portavoce dell'Isaf, il maggiore Tim Jones, ha annunciato che vi sono "vittime tra le forze Isaf". Jones ha parlato di "incidente", ma i talebani hanno rivendicato l'accaduto con una telefonata alla France Presse.

Ancora colpi di artiglieria al confine Thailandia-Cambogia
Sono proseguiti anche oggi con colpi di artiglieria gli scontri al confine tra Thailandia e Cambogia, che in sei giorni hanno provocato 14 morti, mentre le richieste di cessate-il-fuoco continuano a essere ignorate e un primo incontro diretto tra i rispettivi ministri della Difesa è stato annullato dalle autorità thailandesi. Nella notte, nuovi colpi sono stati sparati attorno ai templi contesi di Ta Moan e Ta Krabey, dove venerdì scorso è iniziata la serie di combattimenti,che ha portato alla morte il primo civile (thailandese) dopo otto militari thailandesi e cinque cambogiani. Ieri si era tornati a sparare 150 km a nord-est, attorno al tempio di Preah Vihear, il cui controllo alimenta la tensione tra i due Paesi dal 2008 a oggi. Nel 1962, l'Onu ha assegnato il tempio alla Cambogia, senza per deliberare sul possesso di un'area circostante di 4,6 chilometri quadrati. Con le due parti che continuano ad accusarsi a vicenda di aprire il fuoco per prime, il primo ministro cambogiano Hun Sen si è detto oggi favorevole a una tregua e a colloqui all'interno della cornice dell'Asean (l'organizzazione dei Paesi del Sud-est asiatico). In particolare, molti osservatori temono che i militari thailandesi - che hanno aumentato la loro influenza dietro il governo di Abhisit Vejjajiva - utilizzino lo spettro di una guerra per sabotare le elezioni anticipate attese per inizio luglio, nelle quali i sondaggi prevedono un testa a testa tra la coalizione di Abhisit e l'opposizione fedele all'ex premier in esilio Thaksin Shinawatra, deposto da un colpo di Sstato nel 2006.

Pechino, colloqui Cina-Usa sui diritti umani
Sono cominciati stamattina a Pechino i colloqui, che dureranno fino a domani, tra Stati Uniti e Cina sui diritti umani. La delegazione americana è guidata da Michael Posner, assistente segretario per la democrazia, il lavoro e i diritti umani dell'amministrazione statunitense. Le discussioni, secondo un comunicato dell'ambasciata americana a Pechino, si focalizzeranno sugli sviluppi dei diritti umani, incluso il recente aumento delle scomparse forzate, detenzioni extragiudiziarie, arresti e deportazioni, così come il ruolo della legge, la libertà di religione, la libertà di espressione, il diritto al lavoro, i diritti delle minoranze e altre questioni riguardanti i diritti umani. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 117







All the contents on this site are copyrighted ©.