Vertice Italia-Francia a Roma: riformare il Trattato di Schengen
Due i documenti a conclusione del vertice italo-francese in corso a Roma: una lettera
a firma Berlusconi-Sarkozy sui temi dell'immigrazione indirizzata al presidente del
Consiglio Ue e al presidente della Commissione Europea e una dichiarazione congiunta
tra i due Paesi relativa alla cooperazione tra l'Unione Europea e i Paesi della sponda
sud del Mediterraneo. Ma dei contenuti dell’incontro tra il presidente francese Sarkozy
e il premier italiano Berlusconi ci parla Giada Aquilino:
Era stato
annunciato come il vertice della riconciliazione quello di oggi a Villa Madama tra
il premier italiano Berlusconi e il presidente francese Sarkozy, alla presenza dei
principali ministri degli esecutivi di Roma e Parigi. Certo, i toni della vigilia
non erano stati concilianti. La Francia nelle ultime ore era tornata a criticare Roma
per i permessi di soggiorno temporanei concessi ai migranti nordafricani sbarcati
a Lampedusa fino ai primi di aprile. “I problemi ci sono” - ha detto Berlusconi -
“la Francia ha ricevuto nell’ultimo anno più di 50 mila tunisini, l’Italia 10mila”:
lo sforzo di Parigi è stato senz’altro superiore, ha riconosciuto il presidente del
Consiglio italiano. “Ci sono tensioni - gli ha fatto eco Sarkozy - ma i due Paesi
sono legati da storia e cultura”. “Vogliamo che il trattato di Schengen viva, ma perché
viva deve essere riformato”, ha precisato Sarkozy. “Nessuno di noi vuole negare Schengen
ma in circostanze eccezionali sono necessarie delle variazioni”, ha detto Berlusconi.
E’ stata quindi inviata una lettera congiunta ai vertici europei su una proposta di
revisione del Trattato per chiarire il ripristino provvisorio del controllo alle frontiere.
Chiesto un rafforzamento del pattugliamento comune Frontex. Per quanto riguarda la
missione in Libia, Berlusconi ha spiegato che quelli autorizzati ieri da Roma “non
sono bombardamenti”, per esempio con bombe a grappolo, ma interventi con razzi di
precisione su obiettivi militari. “Lo scopo è quello di proteggere la popolazione
civile”, ha ancora aggiunto il premier italiano. La decisione è stata poi comunicata
con una telefonata anche al presidente del Cnt di Bengasi, Jalil. Condanna unanime
poi di Francia e Italia per quanto sta succedendo in Siria. I due leader si sono detti
molto preoccupati e hanno lanciato un appello forte a Damasco per fermare quelle che
hanno definito “repressioni violente a dimostrazioni pacifiche”. Infine si è parlato
di questioni economiche legate, per esempio, alle scalate francesi alle aziende italiane,
l’ultima è quella di Parmalat. Auspicata la formazione di grandi multinazionali tra
i due Paesi. Affrontato anche il tema della questione nucleare civile. Insomma, a
Roma si è cercata una traccia di Europa unita in un momento che, di fatto, è già di
campagna elettorale. Imminente il test delle amministrative in Italia. Nel 2012 poi
sarà la volta delle presidenziali in Francia.
L’odissea di 10.000 persone
partite dall’Africa sub-sahariana e bloccate in Libia Continua l’odissea di
almeno diecimila immigrati dell’Africa sub-sahariana, soprattutto somali, eritrei
ed etiopi, bloccati in Libia. Molti di loro non possono tornare nei loro Paesi d’origine,
perché lì c’è la guerra o perché rischiano persecuzioni. La denuncia arriva da alcune
Ong e associazioni che si occupano di rifugiati. Tra queste anche il Centro Astalli.
Alessandro Guarasci ha intervistato il presidente padre Giovanni La Manna:
R. - Queste
persone sono rimaste bloccate in Libia a seguito ai respingimenti che il governo italiano
ha messo in atto. Tenendo conto della situazione che si è creata ora in Libia, dove
c’è una guerra in atto, dobbiamo provvedere a mettere in salvo queste persone, creando
dei canali sicuri, umanitari che ci consentano di portare in salvo queste persone,
senza lasciarle all’iniziativa di Gheddafi, che organizza barconi con 700 persone,
che viaggiano sperando di poter arrivare e nell’indifferenza di tutti.
D.
- Serve però a questo punto un intervento di un’istituzione internazionale oppure
che qualche Stato europeo se ne faccia carico…
R. - È la comunità internazionale
che ha sentito il bisogno di intervenire, perché Gheddafi sparava sui suoi concittadini:
la stessa preoccupazione dovrebbe valere per queste persone, che sono già scappate
dai loro Paesi a motivo di guerre e persecuzioni. È doveroso intervenire per salvare
queste vite umane. (mg)
Yemen L'opposizione yemenita ha dato
il suo via libera definitivo al piano proposto dal Consiglio di cooperazione del Golfo
(Ccg), che prevede le dimissioni entro un mese del presidente Saleh, la nascita di
un governo provvisorio di unità nazionale ed elezioni presidenziali dopo tre mesi.
Secondo alcune fonti, l'opposizione avrebbe ora accettato di partecipare al governo
di unità nazionale. La sua posizione sull'impunità a Saleh, invece, non è ancora chiara.
In un’intervista alla BBC, il presidente yemenita ha fatto una parziale marcia indietro
dopo essersi detto pronto a farsi da parte. Saleh ha detto infatti che qualsiasi transizione
dovrà passare per le urne e di non essere disposto a lasciare campo libero a chi “sta
tentando un colpo di Stato”. Diversa, però, è la posizione dei giovani manifestanti
che stanno portando avanti il sit-in davanti all'università di Sanàa. Gli studenti
chiedono che il capo di Stato venga processato per le vittime della repressione attuata
dalla polizia nei confronti dei manifestanti. Almeno due persone sono state uccise
ieri dalle forze di sicurezza e centinaia sono rimaste intossicate dai gas lacrimogeni
in proteste in altre città.
Tensione Iran - Bahrein Si aggrava la
tensione tra l'Iran e il Bahrein, il cui governo accusa Teheran di sostenere la sollevazione
della popolazione a maggioranza sciita nel piccolo regno-arcipelago. Manama ha annunciato
l'espulsione di un diplomatico iraniano e la Repubblica islamica ha risposto condannando
la decisione e minacciando ritorsioni. Il mese scorso i due Paesi avevano già proceduto
all'espulsione reciproca di un diplomatico. “L'ultima iniziativa del Bahrein è contraria
alle relazioni di buon vicinato tra i due Paesi e non è basata su alcun fatto reale”,
ha detto oggi il portavoce del ministero degli Esteri iraniano, Ramin Mehman-Parast,
citato dalla televisione in inglese PressTv. Teheran, ha aggiunto il portavoce, “si
riserva il diritto di prendere misure di ritorsione”. Le tensioni tra l'Iran da un
alto e il governo del Bahrein e delle altre monarchie arabe del Golfo è altissima
da quando i Paesi arabi hanno accusato Teheran di interferire nella sollevazione popolare
in Bahrein, mentre l'Iran ha condannato l'Arabia Saudita per l'invio di truppe nell'emirato
per aiutare a reprimere la sollevazione.
La Nato annuncia la morte del numero
due del terrorismo in Afghanistan Le truppe della Nato in Afghanistan hanno
annunciato che 'il nemico numero 2' e membro di al Qaeda, Abu Hafs al-Najdi, detto
anche Abdul Ghani, è stato ucciso durante un bombardamento nella zona di Dangam, nella
provincia del Kunar, il 13 aprile scorso. L'Isaf ha detto che l'uomo, di origine saudita,
operava per lo più nel Kunar e viaggiava di frequente tra Afghanistan e Pakistan.
Sempre in Afghanistan ieri un soldato statunitense della Forza internazionale di assistenza
alla sicurezza (Isaf) è morto. I militari stranieri morti in Afghanistan sono saliti
a 142 dall'inizio dell'anno e a 34 dal primo aprile 2011. Le truppe Nato operative
in Afghanistan hanno fatto sapere di aver ucciso uno dei leader di Al-Qaeda, il secondo
nella lista degli uomini più pericolosi dell'organizzazione terroristica talebana.
Attentati
in Pakistan: almeno 4 morti Almeno 4 membri della Marina pakistana morti e
37 feriti: è il bilancio di due diversi attentati contro pullman che trasportavano
personale militare a Karachi, in Pakistan. Le bombe sono esplose in due aree della
città, in un’area utilizzata dalla Nato per spedire i rifornimenti alle truppe in
Afghanistan. In un altro attentato nella provincia del Balucistan, uomini armati hanno
dato fuoco a un autobus, causando la morte di almeno 13 persone. Si registrano attentati
quotidiani di talebani e altri gruppi islamisti nella zona di frontiera tra Pakistan
e Afghanistan, dove risiede il quartier generale di al-Qaeda.
Costa d’Avorio Colpi
di artiglieria pesante sono risuonati questa mattina a Yopougon, l’ultimo quartiere
della capitale economica Abidjan sotto il controllo dei sostenitori dell’ex-presidente
Laurent Gbagbo. Le forze di Alassane Ouattara, il presidente riconosciuto dall’Onu
e da gran parte della comunità internazionale come legittimo vincitore delle elezioni
di novembre, hanno assunto il controllo del resto della città. Ad Abidjan negoziati
dall’esito incerto sono in corso anche con Ibrahim Coulibaly, il comandante di un’unità
irregolare che controlla alcuni settori a nord della città. Nuovi combattimenti rischierebbero
di determinare un’emergenza umanitaria per i circa 600 mila abitanti del quartiere.
Una soluzione di compromesso, aggiungono i missionari, potrebbe invece favorire l’avvio
di una fase di riconciliazione e ricostruzione dopo il dramma della guerra civile
e la nuova crisi seguita alle presidenziali.
Sud Sudan Sono decine
le vittime di scontri che negli ultimi giorni hanno contrapposto l’esercito a due
differenti gruppi armati: lo scrive il quotidiano “Sudan Tribune”, secondo il quale
nei mesi che precedono la proclamazione d’indipendenza del Sud del Paese da Khartoum
sono sette le formazioni irregolari responsabili di violenze. Secondo un portavoce
dell’esercito, in pochi giorni sarebbero stati uccisi almeno 165 “combattenti” nemici.
Ai problemi dell’insicurezza e dell’instabilità del Sud Sudan ha fatto riferimento
durante un messaggio per la Pasqua anche Salva Kiir Mayardit, dal 9 luglio presidente
del 54° Stato africano. “I nostri cuori – ha detto Kiir – restano aperti a coloro
che vogliono deporre le armi e riconciliarsi”.
Egitto Il procuratore
della Repubblica egiziana ha ordinato che l’ex presidente Hosni Mubarak sia trasferito
in un ospedale militare. La decisione segue la visita di uno staff medico che ha giudicato
stabile il suo stato di salute. Al momento non è stato ancora indicato l'ospedale
militare nel quale sarà trasferito Mubarak. Secondo indiscrezioni, però, il nosocomio
scelto potrebbe essere il Centro medico internazionale che si trova alle porte del
Cairo.
Jimmy Carter e altri 3 ex capi di Stato e di governo in Corea del
Nord per colloqui L'ex presidente americano Jimmy Carter è arrivato a Pyongyang,
capitale della Corea del Nord. Lo riferisce l'agenzia Nuova Cina. Carter avrà colloqui
con la leadership del Paese asiatico. L'ex presidente americano, nella sua visita
in Corea del Nord, è accompagnato da altri tre ex capi di Stato e di governo stranieri,
e si tratterrà tre giorni. Carter, Martti Athisaari (ex presidente finlandese), Gro
Brundtland (ex primo ministro norvegese) e Mary Robinson (ex presidente irlandese)
sono stati ricevuti all'aeroporto da Ri Yong-ho, vice ministro degli Esteri della
Repubblica democratica popolare di Corea. Nessun discorso è stato fatto all'aeroporto.
La visita di Carter e degli altri tre ex capi di Stato e di governo si focalizzerà
sul tentativo di riduzione delle tensioni nella penisola coreana, sul programma nucleare
di Pyongyang e sugli aiuti alimentari.
Nuovi scontri tra forze di Thailandia
e forze di Cambogia Non accenna a diminuire la tensione tra Thailandia e Cambogia:
nuovi scontri tra le forze dei due Paesi sono segnalati oggi presso il tempio indù
di Preah Vihear, il secondo punto di frizione lungo il confine comune, a circa 150
km di distanza dal luogo di combattimenti degli ultimi giorni. Lo hanno detto fonti
dei due Paesi. Un portavoce dell'esercito thailandese ha detto che nei combattimenti
sono stati utilizzati razzi a corto raggio e fucili automatici. (Panoramica internazionale
a cura di Fausta Speranza e Gabriele Papini)
Bollettino del Radiogiornale
della Radio Vaticana Anno LV no. 116