2011-04-26 14:19:25

Siria, morti e centinaia di arresti nella città di Deraa. Il Paese a rischio sanzioni


Sono almeno 11 le persone uccise in Siria dopo l’invio delle forze di sicurezza nella città di Deraa, dove oggi i militari hanno ripreso a sparare contro i civili. Secondo Amnesty International, il bilancio dei morti dall’inizio delle proteste è salito a 393. Il servizio è di Gabriele Papini:RealAudioMP3

Deraa, a sud di Damasco, è per il secondo giorno consecutivo nel mirino delle forze di sicurezza siriane. Si parla di almeno 500 persone arrestate in seguito alla stretta decisa contro i manifestanti dal presidente Assad. Nella città epicentro della rivolta, i soldati sparano sulle abitazioni civili e ci sono corpi rimasti sulle strade. Stamane l’esercito ha tagliato le linee elettriche e telefoniche isolando la città. Ieri, le stesse ambulanze sono state attaccate dalle forze di sicurezza, che impedivano il soccorso dei feriti. Intanto, il Dipartimento di Stato americano ha ordinato alle famiglie dei diplomatici e al personale non indispensabile dell’ambasciata a Damasco di lasciare il Paese a causa della “instabilità” e della incertezza della situazione politica. A tal proposito, la Gran Bretagna sta lavorando con i suoi partner internazionali a possibili ulteriori sanzioni contro la Siria ed ha rivolto un appello al presidente Assad di far cessare immediatamente gli attacchi contro i manifestanti.

La comunità internazionale dunque si prepara a rispondere al regime siriano del presidente Basher el Assad con misure sanzionatorie mirate. A Stefano Silvestri, presidente dell’Istituto Affari Internazionali, Stefano Leszczynski ha chiesto come si possa leggere la posizione internazionale di fronte all’evoluzione della crisi siriana:RealAudioMP3

R. – Il problema è naturalmente duplice. Da un lato, la Siria, che è già sottoposta a sanzioni, è un problema molto più complesso della Libia: ha uno Stato molto più articolato e forte e ha collegamenti internazionali importanti sia con Paesi difficili come l’Iran sia anche con un Paese importante come la Turchia. Il secondo problema è connesso a Israele: la Siria è fondamentale nella dimensione del possibile processo di pace in Medio Oriente, quindi gli interventi saranno molto più complicati da definire politicamente. Questo non toglie, evidentemente, che sarà necessario esprimere la solidarietà con i manifestanti, ma io dubito che in questa fase sia ancora molto chiaro ciò che concretamente si possa fare a loro favore.

D. – C’è il pericolo di una guerra civile in Siria?

R. – Diciamo che una forma di guerra civile sembra già esserci a suo modo, sia pure sotto forma di una repressione molto violenta. Quando si devono mandare i carri armati contro le manifestazioni e ci sono città intere che resistono, mi sembra vi sia una situazione di "pre-guerra civile", se non altro. Non credo che avremmo di fronte un’evoluzione di tipo libico. Uno dei motivi per cui sono stati possibili una certa evoluzione in Libia e anche l’intervento militare occidentale è stato la relativa minore importanza strategica della Libia malgrado la sua importanza economica. La Siria ha un’importanza strategica molto maggiore e quindi ogni intervento probabilmente dovrà essere valutato in quest’ottica.

D. – La Giordania è anch’essa un Paese a rischio "contagio", rispetto a quello che sta avvenendo nei Paesi, ovvero l'esigenza di avviare cambiamento delle società arabe…

R. – Diciamo che la Giordania ha già avuto un certo numero di manifestazioni e sembra aver raggiunto una sorta di equilibrio in cui, praticamente, la monarchia ha mantenuto una sua legittimità popolare e, nello stesso tempo, c’è un maggiore dialogo con le forze di opposizione. Però, è chiaro che nessun Paese arabo è completamente al riparo da questa evoluzione. (bf)







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