Nucleare: giudizio, responsabilità e solidarietà anche per l’Africa
Tra gli insegnamenti che si possono trarre dalla tragica serie di incidenti nucleari
che ha colpito il Giappone, l’esigenza di una solidarietà consolidata in seno alla
Famiglia Umana rappresenta, in particolare, una preoccupazione costante per la Chiesa.Come
ovunque nel mondo, anche in Africa l’esperienza della Centrale di Fukushima Daiichi
ha stimolato un ampio dibattito, un nuovo modo di percepire la tecnologia nucleare
e il suo uso per il futuro. La Chiesa non ha mai cessato di spronare l’uomo ad
assumersi la responsabilità di tutelare il proprio habitat naturale: dopo Paolo VI,
che già invitava a riservare un’attenzione speciale alla salvaguardia dell’ambiente
al fine di evitare l’auto-distruzione dell’umanità, nel discorso per la Giornata Mondiale
per la Pace del 1990 Giovanni Paolo II ha definito le cause della crisi ecologica
in atto come riconducibili ad una mancanza di etica, invocando la “necessità morale
urgente di una solidarietà nuova”. In seguito, in un passaggio del suo messaggio per
l’edizione del 2010 della Giornata per la Pace - “Se vuoi costruire la Pace, proteggi
la creazione” - Benedetto XVI ha ripreso il concetto di Papa Wojtyla, parlando
in tale occasione di una “solidarietà mondiale”, indispensabile per far fronte alla
salvaguardia del Creato. “L’umanità ha bisogno di un profondo rinnovamento culturale;
ha bisogno di scoprire i valori che costituiscono le fondamenta solide sulle quali
costruire un avvenire migliore per tutti” (Benedetto XVI, Messaggio per la Giornata
Mondiale per la Pace 2010).
La triplice catastrofe dell’11 marzo - il terremoto,
lo tsunami e i conseguenti danni irreversibili agli impianti della centrale nucleare
– ha certamente sconvolto l’intera umanità: l’immagine di un Giappone tecnologicamente
sviluppato eppure in preda alle contraddizioni della scienza non poteva lasciare nessuno
indifferente. Il dramma che si è consumato sotto i nostri occhi in tempo reale
- grazie ai mezzi moderni di comunicazione – invita a una riflessione globale su tali
eventi, un’analisi approfondita e che vada oltre le varie campagne di appoggio o contro
il nucleare. Tale disastro ambientale dimostra ancora una volta che l’uomo - in
quanto essere posto al centro della Creazione, per dono gratuito di Dio - deve necessariamente
adottare un comportamento razionale, responsabile e premuroso nei confronti dei suoi
fratelli e della Natura. In altre parole, l’intera umanità è chiamata a realizzare
quella solidarietà da sempre professata dalla Chiesa. Le nozioni di “centralità
dell’uomo dinanzi alla Creazione”, di “responsabilità nella gestione delle risorse”
e di “dovere di solidarietà” formano un circolo virtuoso al quale oggi è doveroso
guardare, nella ricerca delle strade da percorrere per evitare il ripetersi di incidenti
come quello che ha colpito il Giappone.
Del resto, l’emergenza di Fukushima
ha stimolato l’attivazione immediata dei meccanismi di cooperazione bilaterale, anche
in Africa: numerosi Stati hanno risposto in maniera consistente con doni in natura
o sotto forma di contributi finanziari, devoluti per la maggior parte in favore degli
organismi impegnati nel contenimento dei danni all’ambiente circostante. Al di là
dei meriti che questi Paesi hanno, per la capacità di praticare forme di solidarietà
indipendentemente dalle limitate risorse economiche a loro disposizione, tali azioni
dimostrano un buon livello di coscienza dei governanti africani rispetto alla comune
appartenenza di tutte le popolazioni alla Famiglia Umana, i cui membri condividono
necessariamente, come noto, una sorte unica e uno stesso destino. Da parte sua
il Giappone – che sul continente africano aveva precedentemente avviato vari programmi
di sviluppo, soprattutto nel campo dell’educazione – non ha dimostrato alcuna volontà
di “disimpegno”, confermando anzi la propria convinzione ad onorare gli accordi assunti
e la collaborazione con gli Stati africani, per favorire lo sviluppo locale.
L’esperienza
del Giappone, che riporta l’attenzione sull’inaffidabilità dei sistemi di salvataggio
delle centrali atomiche, ha mostrato ancora una volta la gravità e il rischio legato
ad eventuali scelte politiche irresponsabili, che non tengono in debito conto la sicurezza
nucleare. Inoltre, Fukushima rappresenta un'ulteriore prova che le questioni energetiche
riguardano inevitabilmente il mondo intero. Da un lato perché buona parte dell’uranio
bruciato in Giappone e nelle centrali del mondo è prodotto altrove (nella maggior
parte dei casi proprio in Africa); dall'altro perché oggi, nell'epoca della globalizzazione,
della massima circolazione delle merci e delle persone, è pressoché impossibile contenere
i danni degli incidenti entro i confini territoriali. Oltre alla solidarietà
materiale utile per far fronte all'emergenza, nell'ambito della discussione mondiale
sulla produzione di energia nucleare l’Africa è dunque chiamata a fornire il proprio
contributo intellettuale e politico. Nel continente una dozzina di Paesi, tra
i quali l’Egitto, il Sudan, la Nigeria ed il Sudafrica, sono già in possesso di tecnologia
nucleare o hanno manifestato una volontà legittima di dotarsene, ai fini della produzione
di energia elettrica. Sebbene Fukushima abbia ricordato una volta di più la difficoltà
di avere un pieno controllo sulla produzione di energia atomica, il nucleare civile
rimane una risorsa importante in Africa, specialmente per quei Paesi che difficilmente
riescono a provvedere in altro modo alla produzione dell’elettricità necessaria allo
sviluppo nazionale, in alcuni casi a causa della scarsità delle piogge, in altri per
il malfunzionamento delle centrali a carbone o per gli alti rischi legati allo sfruttamento
delle tecnologie pesanti alimentate a benzina.
Tuttavia, le Chiese locali non
perdono occasione per ricordare ai governanti che il giudizio rappresenta il criterio
da prediligere nel perseguimento del bene pubblico. Evitando di entrare nei dettagli
tecnici, la Chiesa riporta la questione energetica a un livello di “umanità”, puntando
sempre l’attenzione sulla relazione tra il Creatore, l’essere umano e la Natura (o
Creato). Sebbene l’incidente verificatosi in Giappone non possa considerarsi
in senso stretto il frutto di un errore umano, tuttavia esso costituisce l’ennesima
prova che la produzione di energia nucleare richiede la massima attenzione, competenza
e responsabilità di tutti coloro i quali partecipano al processo, come dei politici
che si assumono le scelte a monte. Al di là delle razze, delle forme politiche
e dei confini territoriali, l’umanità intera è coinvolta nelle decisioni di qualunque
Stato legate all’energia atomica. Tutti i Figli di Dio ne sono responsabili e hanno
il dovere di ispirarsi alla solidarietà, in altre parole di prendersi cura dei propri
fratelli. É significativo che per due volte, nel 1945 e nel 2011, il Giappone abbia
sperimentato gli effetti devastanti del nucleare: la prima volta a causa della diretta
volontà umana di colpire e danneggiare la Nazione, nella presunzione di evitare in
questo modo un male più grande. La seconda volta è stata invece la Natura che ha messo
in crisi la solidità delle tecnologie e delle capacità umane. In entrambi i casi,
tuttavia, è stato l’essere umano a patirne.
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Benedetto XVI, dall’Enciclica
"Caritas in Veritate": Bisogna poi tenere in grande considerazione il bene comune.
(…) È il bene di quel noi-tutti, formato da individui, famiglie e gruppi intermedi
che si uniscono in comunità sociale. (…) Volere il bene comune e adoperarsi per esso
è esigenza di giustizia e di carità. Impegnarsi per il bene comune è prendersi cura,
da una parte, e avvalersi, dall’altra, di quel complesso di situazioni che strutturano
giuridicamente, civilmente, politicamente, culturalmente, il vivere sociale (...)
Le
attuali dinamiche economiche internazionali, caratterizzate da gravi distorsioni e
disfunzioni, richiedono profondi cambiamenti anche nel modo di intendere l’impresa.
(…) Negli ultimi anni si è notata la crescita di una nuova classe cosmopolita di manager,
che spesso rispondono solo alle indicazioni dei nuovi azionisti di riferimento costituiti
in genere da fondi anonimi che stabiliscono di fasto i loro compensi. (...)
Gli
attori e le cause sia del sottosviluppo sia dello sviluppo sono molteplici, le colpe
e i meriti sono differenziati. Le ideologie semplificano modo artificioso la realtà.
Bisogna esaminare lo spessore umano dei problemi.
(A cura di Albert Mianzoukouta,
del programma francese per l’Africa)