La straordinaria storia dell'amore di Dio per l'uomo: le parole di Benedetto XVI nella
Settimana Santa
Nella Settimana Santa, centro di tutto l’Anno liturgico, Benedetto XVI ha pronunciato
parole intense, parole forti: una sorta di appello accorato all’umanità per ribadire
che la porta del Cielo per raggiungere Dio è stata aperta. Ripercorriamo le parole
del Papa in questo servizio di Sergio Centofanti.
Il Papa,
in questa Settimana Santa appena trascorsa, ha illustrato la straordinaria storia
dell’amore di Dio per l’uomo. A quanti negano Dio o sono dubbiosi ha ricordato che
le perfezioni del cosmo non si sono prodotte da sé: l’ordine non è generato dal caso
o dall’irrazionalità. Dietro una cosa ben fatta c’è un’intelligenza che la produce.
Questa Intelligenza, questa Ragione creatrice, è Dio, e Dio è Amore e ha voluto comunicare
in modo particolare il suo amore a una creatura, l’uomo:
“Se l’uomo
fosse soltanto un prodotto casuale dell’evoluzione in qualche posto al margine dell’universo,
allora la sua vita sarebbe priva di senso o addirittura un disturbo della natura.
Invece no: la Ragione è all’inizio, la Ragione creatrice, divina.”. (Omelia per la
Veglia Pasquale, 23 aprile)
Senza libertà non c’è vero amore. Per
questo l’uomo è libero di rifiutare Dio, di negare addirittura la sua esistenza. E
Dio non s’impone. Ma nel cuore dell’uomo resta pur sempre l’impronta divina e senza
Dio è perennemente inquieto. Aspira a raggiungere l’infinito, ad essere come Dio,
totalmente libero, perfetto, e ci prova con le sue forze:
“Noi da
soli siamo troppo deboli per sollevare il nostro cuore fino all’altezza di Dio. Non
ne siamo in grado. Proprio la superbia di poterlo fare da soli ci tira verso il basso
e ci allontana da Dio. Dio stesso deve tirarci in alto, ed è questo che Cristo ha
iniziato sulla Croce. Egli è disceso fin nell’estrema bassezza dell’esistenza umana,
per tirarci in alto verso di sé, verso il Dio vivente. Egli è diventato umile ...
Soltanto così la nostra superbia poteva essere superata: l’umiltà di Dio è la forma
estrema del suo amore, e questo amore umile attrae verso l’alto”. (Omelia per la Domenica
delle Palme, 17 aprile)
Dio è sceso perché l’uomo possa salire.
Salire è difficile, non è comodo. La nostra volontà è un’altra. Seguire la volontà
di un Altro è duro: è la nostra croce, la nostra morte. Ma Gesù ci ha mostrato che
da questa morte viene la vita. Lui ha fatto la volontà del Padre ed è risorto:
“La
risurrezione di Cristo non è il frutto di una speculazione, di un’esperienza mistica:
è un avvenimento, che certamente oltrepassa la storia, ma che avviene in un momento
preciso della storia e lascia in essa un’impronta indelebile”. (Messaggio Pasquale,
24 aprile)
La risurrezione di Gesù è un fatto inaudito che cambia
la storia, cambia la vita di tutti. I discepoli, già in fuga davanti al Maestro arrestato
e crocifisso, si sarebbero dispersi se non avessero visto con i loro occhi qualcosa
di inimmaginabile. Per questo hanno potuto dare la vita per il loro Signore: perché
l’hanno visto risorto. Ora non avevano più paura della morte. Nasce la Chiesa:
“La
Chiesa non è una qualsiasi associazione che si occupa dei bisogni religiosi degli
uomini, ma che ha, appunto, lo scopo limitato di tale associazione. No, essa porta
l’uomo in contatto con Dio”. (Omelia per la Veglia Pasquale, 23 aprile)
La
Chiesa è fatta di uomini deboli che devono annunciare cose ben più grandi di loro,
la Parola di Dio. Per questo è attaccata da Satana davanti al mondo. Noi la vorremmo
diversa, perfetta come Dio è perfetto. Anche gli apostoli non accettavano l’idea di
un Cristo debole, umile, crocifisso:
“Tutti noi dobbiamo sempre di
nuovo imparare ad accettare Dio e Gesù Cristo così come Egli è, e non come noi vorremmo
che fosse. Anche noi stentiamo ad accettare che Egli si sia legato ai limiti della
sua Chiesa e dei suoi ministri. Anche noi non vogliamo accettare che Egli sia senza
potere in questo mondo. Anche noi ci nascondiamo dietro pretesti, quando l’appartenenza
a Lui ci diventa troppo costosa e troppo pericolosa. Tutti noi abbiamo bisogno di
conversione che accoglie Gesù nel suo essere-Dio ed essere-Uomo. Abbiamo bisogno dell’umiltà
del discepolo che segue la volontà del Maestro”. (Omelia per la Messa nella Cena del
Signore, 21 aprile)
Essere cristiani non è un vanto, ma una responsabilità:
significa testimoniare al mondo il Dio vivente. Il Papa si rivolge ai cristiani: ai
cristiani che si credono migliori perché hanno fatto un lungo percorso di fede. Li
esorta ad essere umili come catecumeni, sempre all’inizio del cammino, sempre in cerca
del Volto di Dio. Si rivolge ai cristiani sonnolenti, insensibili dinanzi al male
che sconvolge il mondo perché insensibili a Dio e all’amore. E senza amore la fede
è morta. Si rivolge ai popoli dell’Occidente, stanchi della propria fede, e li invita
a non disprezzare la Croce: è l’unica speranza dell’umanità:
“La
Croce non è il segno della vittoria della morte, del peccato, del male ma è il segno
luminoso dell’amore, anzi della vastità dell’amore di Dio, di ciò che non avremmo
mai potuto chiedere, immaginare o sperare: Dio si è piegato su di noi, si è abbassato
fino a giungere nell’angolo più buio della nostra vita per tenderci la mano e tirarci
a sé, portarci fino a Lui”. (Discorso per la Via Crucis al Colosseo, 22 aprile)