Via Crucis al Colosseo. Il Papa: nell'ora delle tenebre, quando s'insinua la tentazione
della fuga, ripetiamo: "Tu solo hai parole di vita eterna"
Benedetto XVI presiederà questa sera, alle 21.15 al Colosseo, il pio esercizio della
Via Crucis. I testi di meditazione per le 14 Stazioni sono stati composti,
per incarico del Papa, dalla Madre agostiniana Maria Rita Piccione. Il servizio di
Sergio Centofanti:
La Via Crucis
di quest'anno ha una novità: saranno due bambini, due fratelli, Diletta di 10 anni
e Michele di 12, a leggere i sottotitoli delle 14 Stazioni. A portare la Croce, saranno
il cardinale vicario Agostino Vallini, una famiglia romana, una dell’Etiopia, due
monache agostiniane, un francescano e una ragazza egiziani, un malato in carrozzella
accompagnato da un barelliere e una sorella assistente dell'Unitalsi, due frati francescani
della Custodia di Terra Santa. Al termine della Via Crucis, il Pontefice rivolgerà
la sua parola ai fedeli. Nella preghiera iniziale, si legge nel libretto dell’Ufficio
delle Celebrazioni Liturgiche, il Papa, rivolgendosi al Signore, riconosce che nell’ora
delle tenebre, "quando le varie maschere della menzogna deridono la verità e le lusinghe
del successo soffocano l'intimo richiamo dell'onestà; quando il vuoto di senso e di
valori annulla l'opera educativa e il disordine del cuore sfregia l'ingenutà dei piccoli
e dei deboli", in quest'ora delle tenebre - dice - “s’insinua la tentazione della
fuga, il sentimento dello sgomento e dell’angoscia, mentre il tarlo del dubbio rode
la mente e il sipario del buio cala sull'anima”. Allora risuonano le parole di Gesù
ai Dodici: "Volete andarvene anche voi?". Ma noi, afferma il Papa, “non possiamo e
non vogliamo andare via, perché ‘tu solo hai parole di vita eterna’” e "la tua Croce
è la sola 'chiave che ci apre ai segreti della verità e della vita'. 'Noi ti seguiremo
ovunque tu andrai!'".
Al Mistero della morte di Gesù, il Papa ha dedicato
un intenso capitolo della seconda parte del libro su Gesù di Nazaret, pubblicato il
10 marzo scorso. Ripercorriamo alcuni passaggi delle riflessioni del Papa nel servizio
di Alessandro Gisotti:
(Musica -
The Passion)
“La prima parola di Gesù sulla croce”, scrive Benedetto
XVI, “è la richiesta del perdono” per i suoi carnefici: “Padre, perdona loro perché
non sanno quello che fanno”. “Ciò che il Signore ha predicato nel discorso della montagna
– sottolinea il Papa – lo compie qui personalmente. Egli non conosce alcun odio. Non
grida vendetta. Implora il perdono per quanti lo mettono in croce”. Joseph Ratzinger
si sofferma sul motivo di questa richiesta al Padre: “Non sanno quello che fanno”.
Dunque, “l’ignoranza riduce la colpa – lascia aperta la via verso la conversione”.
“Ma – avverte il Papa – non è semplicemente una scusante, perché rivela al tempo stesso
un’ottusità del cuore, un’ottusità che resiste all’appello della verità”:
“A
maggior ragione rimane una consolazione per tutti i tempi e per tutti gli uomini il
fatto che il Signore, a riguardo sia di coloro che veramente non sapevano – i carnefici
– sia di coloro che sapevano e lo avevano condannato, pone l’ignoranza quale motivo
della richiesta di perdono – la vede come porta che può aprirci alla conversione”.
Benedetto
XVI si sofferma dunque sul grido di abbandono di Gesù sulla Croce: “Dio mio, Dio mio,
perché mi hai abbandonato?” Secondo gli evangelisti, si legge nel libro, le persone
circostanti “non hanno compreso l’esclamazione di Gesù, ma l’hanno interpretata come
un grido verso Elia”. “Solo la comunità credente – spiega il Papa – ha compreso l’esclamazione
di Gesù, non capita e fraintesa dai circostanti, come l’inizio del Salmo 22 e, in
base a ciò, ha potuto intenderlo come grido veramente messianico”:
“Non
è un qualsiasi grido di abbandono. Gesù recita il grande Salmo dell’Israele sofferente
e assume così in sé tutto il tormento non solo di Israele, ma di tutti gli uomini
che soffrono in questo mondo per il nascondimento di Dio. Egli porta davanti al cuore
di Dio stesso il grido d’angoscia del mondo tormentato dall’assenza di Dio. Si identifica
con l’Israele sofferente, con l’umanità che soffre a causa del ‘buio di Dio’, assume
in sé il suo grido, il suo tormento, tutto il suo bisogno di aiuto e con ciò, al contempo,
li trasforma”.
Ecco dunque la trasformazione che porta la morte
di Gesù: “Riconciliazione, espiazione e salvezza”. “La Chiesa nascente, sotto la guida
dello Spirito Santo”, afferma il Papa, è “lentamente penetrata nella verità più profonda
della croce, mossa dal desiderio di capire almeno da lontano il motivo e lo scopo
di essa”. I primi cristiani, soggiunge, comprendono che “con la croce di Cristo, gli
antichi sacrifici del tempio erano definitivamente superati. Era accaduto qualcosa
di nuovo”:
“Nella passione di Gesù, tutto lo sporco del mondo viene
a contatto con l’immensamente Puro, con l’anima di Gesù Cristo e così con lo stesso
Figlio di Dio. Se di solito la cosa impura mediante il contatto contagia ed inquina
la cosa pura, qui abbiamo il contrario: dove il mondo, con tutta la sua ingiustizia
e con le sue crudeltà che lo inquinano viene a contatto con l’immensamente Puro –
là, Egli, il Puro, si rivela al contempo il più forte. In questo contatto, lo sporco
del mondo viene realmente assorbito, annullato, trasformato mediante il dolore dell’amore
infinito”.