2011-04-22 13:22:27

28 navi in mano ai pirati. La Rosalia viaggia verso la Somalia. Nessuna notizia della Savina Caylyn


Naviga verso le coste somale la motonave italiana Rosalia D'Amato, sequestrata ieri da un gruppo di pirati a largo delle coste dell'Oman. A bordo 22 membri di equipaggio, 15 filippini e sei italiani. Nessuna notizia invece dell’altra nave italiana, la Savina Caylyn, nelle mani dei pirati dall’8 febbraio scorso. Dall’inizio dell’anno sono 28 le navi sequestrate, quasi 600 gli ostaggi. In questo scenario gli armatori chiedono che il Parlamento approvi leggi che consentano l’imbarco di militari o di guardie private. Massimiliano Menichetti ha intervistato Nicolò Carnimeo, docente di diritto della navigazione all’Università degli Studi di Bari ed autore del libro “Nei mari dei pirati” (edito da Longanesi):RealAudioMP3

R. – I pirati in Somalia sono gli stessi 'signori della guerra' che organizzano anche altri traffici illeciti, come quello delle armi o quello delle persone, che però hanno trovato nella pirateria un’attività molto florida e che non si sta arrestando. Nei primi tre mesi di quest’anno ci sono stati 96 attacchi, 35 in più rispetto all’anno precedente: sono morte sette persone, uccise dai pirati, 40 sono state ferite e almeno un’ottantina torturate. Il livello di conflitto, di scontro, si sta alzando.

D. – Anche l’Unione Europea è impegnata nelle missioni internazionali di pattugliamento, che però non riescono ad avere esiti soddisfacenti...

R. – Si spiega nel fatto che la missione Atalanta, di cui fa parte anche l’Italia, pattuglia solamente il Golfo di Aden. Infatti, nel Golfo di Aden gli attacchi sono diminuiti e quasi non ce ne sono più. Invece oggi vengono portati, come nell’ultimo caso della Rosalia, nel Mare Arabico e soprattutto nell’Oceano Indiano. I pirati sono arrivati fino alle isole Andamane.

D. – In sostanza lo specchio di mare non può essere monitorato costantemente nella sua globalità?

R. – No, assolutamente.

D. – Alcuni ritengono che nella regione settentrionale semi autonoma del Putland ci sia la base dei pirati nella città di Eyl. Perché non si interviene lì?

R. – Eyl è la base storica dei pirati. Poi però ci sono altre basi, anche a Nord di Mogadiscio ve ne sono diverse, quante sono le gang di pirati. Ma i pirati non sono solo in Somalia, adesso operano anche nel Mar Rosso e hanno delle basi nello Yemen. Si sono molto ramificati, soprattutto hanno delle basi nelle piccole isole dell’Oceano Indiano.

D. – La pirateria di fronte alle acque somale è il riflesso di un governo che non c’è, ma è diventato anche un affare a sé stante?

R. – Ci sono investitori africani e arabi, da Dubai, che investono nelle attività di abbordaggio. L’auspicio è che in realtà ovviamente si cerchi di risolvere la situazione somala, ma non c’è, anche dal punto di vista internazionale, una repressione forte, anche dal punto di vista normativo, della repressione. Pensate che nei giorni scorsi erano stati arrestati sedici pirati e li hanno liberati, perché nessuno voleva processarli. (ap)








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