2011-04-21 15:07:11

Giovanni Paolo II testimone del Vangelo della sofferenza: il ricordo di mons. Zimowski


“I testimoni della Croce e della Risurrezione di Cristo hanno trasmesso alla Chiesa e all’umanità uno specifico Vangelo della sofferenza”. E’ quanto scrive Giovanni Paolo II nella Lettera apostolica “Salvifici Doloris” dell’11 febbraio del 1984 ed incentrata sul senso cristiano della sofferenza. La vita e il Pontificato di Giovanni Paolo II, che il prossimo primo maggio verrà proclamato Beato, sono profondamente legati anche a questo tema. Sul rapporto tra Papa Wojtyla e la sofferenza si sofferma al microfono di Romilda Ferrauto, mons. Zygmunt Zimowski, presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per gli Operatori Sanitari, istituito proprio da Giovanni Paolo II. RealAudioMP3

R. – Giovanni Paolo II è stato un Papa che ha avuto un rapporto davvero speciale con la sofferenza, sia dal punto di vista personale, prima di essere Papa e anche durante il Pontificato: non dimentichiamo quando Giovanni Paolo II si univa alla Via Crucis al Colosseo e si è aggrappato alla Croce di Nostro Signore Gesù Cristo! Lui ha sperimentato la sofferenza fin da bambino, quando ha perso la sua mamma a nove anni, e poi ci sono stati tanti, tanti altri eventi, in modo particolare durante la Seconda Guerra Mondiale nel corso della quale morirono tanti suoi amici … E’ stato un uomo che veramente ha toccato la sofferenza.

D. – Il futuro Beato ha provato sulla sua stessa carne la sofferenza, la malattia … C’è un momento specifico in cui Giovanni Paolo II ha accettato il suo calvario e che l’ha colpito?

R. – Nel ripercorrere la vita di questo grande Papa, ho trovato particolarmente significativo quanto disse pubblicamente nel maggio 1994, durante l’Angelus, al ritorno da un suo lungo ricovero al Policlinico Gemelli: “Vorrei che attraverso Maria sia espressa oggi la mia gratitudine per questo dono della sofferenza”. E aggiunse: “Voglio ringraziare per questo dono: ho capito che è un dono necessario”. Certamente, queste affermazioni illustrano da un lato la sua particolare devozione per la Vergine Maria e, dall’altro, l’accettazione di lunghi e molteplici patimenti fisici, e quando pronunciò queste parole era come se fosse consapevole di avere ancora molta strada da percorrere e molte, molte sofferenze fisiche da affrontare per l’umanità, per la Chiesa.

D. – Questo indebolimento fisico è stato d’ostacolo all’azione pastorale di Giovanni Paolo II?

R. – Nell’ultima parte del suo Pontificato, noi sappiamo che la sofferenza aveva indubbiamente e gravemente già segnato il suo corpo; ma vorrei, a questo proposito, riportare quanto evidenziato da Benedetto XVI in occasione degli auguri natalizi alla Curia Romana, nell’anno della morte di Giovanni Paolo II: “Nessun Papa ci ha lasciato una quantità di testi pari a quella che ci ha lasciato lui; nessun Papa in precedenza ha potuto visitare, come lui, tutto il mondo e parlare in modo diretto agli uomini di tutti i continenti”. Il Santo Padre sottolineò ancora: “Alla fine, gli è toccato un cammino di sofferenza e di silenzio”. Con le sue parole e con le sue opere ci ha donato cose grandi, ma non meno importante è la lezione che ci ha dato dalla cattedra della sofferenza e del silenzio. (gf)







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