Udienza generale. Il Papa sul Triduo Pasquale: Gesù ci invita a vegliare contro il
male e ad affidarci totalmente all’amore di Dio
Nel momento della prova estrema, Gesù si è affidato totalmente a Dio e così ha vinto
le tentazioni del Male: è quanto sottolineato da Benedetto XVI all’udienza generale
in Piazza San Pietro, alla vigilia del Triduo Pasquale. Nella sua catechesi, svolta
quasi interamente a braccio, il Papa ha esortato i fedeli a raccogliere l’esortazione
di Gesù nel Getsemani a restare vigili di fronte al Male. Quindi, si è soffermato
sull’amore tra il Figlio e il Padre, che è garanzia di salvezza per ogni uomo. Il
servizio di Alessandro Gisotti:
Comprendere
“lo stato d’animo con cui Gesù ha vissuto il momento della prova estrema”: è quanto
ha cercato di fare Benedetto XVI nell’udienza generale tutta dedicata ai tre giorni
santi in cui la Chiesa fa memoria del mistero della Passione, morte e Risurrezione
di Gesù. Il Papa ha innanzitutto invitato ogni cristiano a celebrare il sacramento
della Riconciliazione, “per poter partecipare con maggiore frutto alla Santa Pasqua”.
Dopo la Messa crismale, nella mattina del Giovedì Santo, ha rammentato, il Triduo
Pasquale inizia effettivamente nel pomeriggio con la Memoria dell’Ultima Cena:
“Pronunciando
la benedizione sul pane e sul vino, Egli anticipa il sacrificio della croce e manifesta
l’intenzione di perpetuare la sua presenza in mezzo ai discepoli: sotto le specie
del pane e del vino, Egli si rende presente in modo reale col suo corpo donato e col
suo sangue versato”.
Ed ha sottolineato come con la lavanda dei
piedi degli Apostoli, Gesù ci invita ad amarci come Lui ha amato noi. Ha così rivolto
il pensiero all’agonia del Signore nell’Orto del Getsemani. Gesù, ha ricordato, dice
ai suoi discepoli di vegliare, di non restare insensibili al male. Un’esortazione
che riguarda tutti i fedeli, anche oggi:
"Questo appello alla vigilanza
concerne proprio questo momento di angoscia, di minaccia, nella quale arriverà il
proditore [traditore], ma concerne tutta la storia della Chiesa. E' un messaggio permanente
per tutti i tempi, perché la sonnolenza dei discepoli era non solo il problema di
quel momento, ma è il problema di tutta la storia".
Ma in
che cosa consiste dunque tale sonnolenza? Questa, ha rilevato, è “una certa insensibilità
dell’anima verso il potere del male”, un non volersi far turbare troppo dalle cose
gravi che succedono nel mondo. Ma non solo:
"È insensibilità per
Dio: questa è la nostra vera sonnolenza; questa insensibilità per la presenza di Dio
che ci rende insensibili anche per il male. Non sentiamo Dio - ci disturberebbe -
e così non sentiamo, naturalmente, anche la forza del male e rimaniamo sulla strada
della nostra comodità".
Il Papa ha, così, rivolto l’attenzione alla
preghiera del Signore nel momento dell’agonia al Getsemani: “Non la mia, ma la tua
volontà”. Cristo, ha affermato, sente l’abisso della morte, il terrore del niente:
"Possiamo
capire come Gesù, con la sua anima umana, sia terrorizzato davanti a questa realtà,
che percepisce in tutta la sua crudeltà: la mia volontà sarebbe non bere il calice,
ma la mia volontà è subordinata alla tua volontà, alla volontà di Dio, alla volontà
del Padre, che è anche la vera volontà del Figlio".
L’uomo, ha
aggiunto, di per sé è tentato di opporsi alla volontà di Dio. Ma in verità questa
autonomia è sbagliata. Entrare nella volontà di Dio non è infatti “una schiavitù che
violenta” la nostra volontà, ma vuol dire entrare nella verità, nell’amore e nel bene.
Ecco allora che Gesù tira su questa nostra volontà verso la volontà di Dio:
"In
questa trasformazione del 'no' in 'sì', in questo inserimento della volontà creaturale
nella volontà del Padre, Egli trasforma l'umanità e ci redime. E ci invita a entrare
in questo suo movimento: uscire dal nostro 'no' ed entrare nel 'sì' del Figlio. La
mia volontà c'è, ma decisiva è la volontà del Padre, perché questa è la verità e l'amore". Il Pontefice ha così confrontato l’angoscia e la sofferenza di Gesù rispetto
al grande filosofo Socrate che rimane senza turbamenti davanti alla morte:
"Ma
la missione di Gesù era un'altra. La sua missione non era questa totale indifferenza
e libertà; la sua missione era portare in sé tutta la nostra sofferenza, tutto il
dramma umano. E perciò proprio questa umiliazione del Getsemani è essenziale per la
missione dell'Uomo-Dio. Egli porta in sé la nostra sofferenza, la nostra povertà,
e la trasforma secondo la volontà di Dio".
Il Papa è quindi tornato
a riflettere sull’adesione totale di Gesù alla volontà di Dio. Nel Getsemani, come
sulla Croce, ha ribadito, è questo amore tra il Figlio e il Padre che vince le tentazioni
del Maligno e ci salva:
“Il criterio che ha guidato ogni scelta di
Gesù durante tutta la sua vita è stata la sua ferma volontà di amare il Padre, di
essere uno con il Padre, e di essergli fedele; questa decisione di corrispondere al
suo amore lo ha spinto ad abbracciare, in ogni singola circostanza, il progetto del
Padre, a fare proprio il disegno di amore affidatogli di ricapitolare ogni cosa in
Lui, per ricondurre a Lui ogni cosa”.
Al momento dei saluti ai pellegrini,
il Papa ha dedicato un pensiero speciale ai partecipanti all’incontro internazionale
dell’Univ, promosso dalla Prelatura dell'Opus Dei. Il Papa ha auspicato che attraverso
la vita di questi giovani universitari si realizzi quanto auspicava San Josemaría
Escrivá: “Il tuo contegno e la tua conversazione siano tali, che tutti nel vederti
o nel sentirti parlare, possano dire: ecco uno che legge la vita di Gesù Cristo”.