Nuove prospettive a Cuba dopo la rinuncia di Fidel Castro alla guida del partito
Dopo più di 50 anni di socialismo, Cuba ha deciso di 'aggiornare' il suo modello economico
attraverso una serie di riforme approvate dal VI Congresso del partito, conclusosi
ieri all'Avana. Fidel Castro ha formalizzato l'addio all'ultima carica rimastagli,
quella di segretario del partito comunista che viene assunta dal fratello Raul già
da qualche anno capo del Consiglio di Stato. Diventa secondo segretario il dirigente
storico ottantenne, José Machado Ventura. Fidel, 84 anni, ha partecipato all'ultima
giornata dei lavori approvando le riforme economiche proposte dal fratello Raul, 79
anni. L'aggiornamento del modello socialista, secondo il documento del partito, avrà
sempre come riferimento la pianificazione anche se “terrà conto delle tendenze del
mercato”. Di fatto i cubani potranno comprare e vendere case (al momento sono autorizzati
ufficialmente soltanto gli scambi) e auto (consentite solo quelle fabbricate prima
del 1959). Restrizioni queste considerate “assurde” dallo stesso Raul e da anni non
rispettate dai cubani. Ma senz’altro ora viene accordato maggiore spazio all'iniziativa
privata. Fausta Speranza ha chiesto al nostro Luis Badilla, che segue
le questioni dell’America Latina, di che portata sia la svolta:
R. - Io penso
che quanto ha detto Raul Castro sia molto interessante e, in un certo qual modo, credo
che crei o apra a speranze per Cuba e per il suo popolo, nonché per lo stesso regime
che si trova in grosse difficoltà. Il problema adesso consiste nel sapere quale sarà
la classe dirigente che porterà avanti questo programma. Raul Castro ha presentato
molte riforme interessanti che in molti hanno chiesto a Cuba ma bisogna vedere se
il gruppo della classe dirigente che è stato scelto ma che deve essere completato
nei prossimi giorni, avrà l’energia spirituale e culturale per realizzare questa svolta.
Secondo punto: alcuni silenzi nel rapporto di Raul Castro saranno riempiti solo prossimamente.
Parlo sostanzialmente del fatto che Raul, affermando che il partito si deve separare
dal governo e viceversa, non ha detto nulla però di quale sarà l’autonomia e la libertà
che verrà data alle società intermedie fra lo Stato e il popolo: alle organizzazioni
territoriali, culturali, religiose e via dicendo.
D. – In qualche modo,
dunque, sembra che sia più chiaro il piano economico e meno il valore politico di
queste riforme...
R. – E’ questo il punto. Molto di quello che non è
stato detto o riempito verrà in qualche modo messo in moto da queste riforme economiche.
Se si democratizza - per così dire - l’economia, è ovvio che si vada anche dialetticamente,
dinamicamente, verso una certa democratizzazione politica e culturale. Ma bisogna
vedere come. C’è molto da vedere. Il punto di partenza, il motore delle riforme economiche
è fondamentale ed interessante. L’importante è capire se poi la dinamica sociale che
queste riforme scateneranno sarà accompagnata, seguita dai governanti o se sarà repressa.
D. – Commentiamo questa frase di Raul Castro: ‘vogliamo perfezionare
il socialismo ma non permettere mai il ritorno al modello capitalista’. Una terza
via, dunque?
R. – E’ probabile, ma non so quanto sia possibile. Nella
formulazione dei modelli non ci sono problemi: i problemi sorgono poi quando devi
confrontare i modelli con la realtà. Questo terzo modello economico che mette insieme
un regime del partito unico con un’economia capitalista, un po’ come succede in Cina,
non so se sia possibile a Cuba. Qualcuno lo prospetta come possibile. La grande incognita,
nel bene e nel male, resta in quel punto di prima: la dinamica che tutto questo metterà
in moto come sarà controllata e quale sbocco avrà? (ap)