2011-04-20 16:31:02

Gaza: al Qaeda minaccia il potere di Hamas


Le vicende connesse alla morte del volontario italiano Vittorio Arrigoni nella Striscia di Gaza hanno portato alla luce l’intricato conflitto che si sta combattendo in questa isolata parte del territorio palestinese. L’infiltrazione di gruppi salafiti collegati ad al Qaeda e determinati a scalzare Hamas dalla guida della Striscia complica ulteriormente il mosaico politico della regione. A Giorgio Bernardelli, giornalista esperto di Medio Oriente, Stefano Leszczynski ha chiesto se sia possibile una lettura di questo intricato contesto politico:RealAudioMP3

R. - Ci sono questi gruppi salafiti, con un legame diretto con Al Qaeda, che sono sempre più presenti all’interno della Striscia e sono anche una sfida a quello che è il governo di Gaza, guidato da Ismail Haniyeh. E’ una situazione in cui la leadership politica di Hamas si trova a dover fare i conti con un’opposizione che è ancora più radicale dal punto di vista dei gruppi islamici.

D. - Quali potrebbero essere gli obiettivi politici del controllo di un’area che è effettivamente isolata dal resto del mondo?

R. - Questa è una delle aree ideali per una presenza di tipo radicale-islamico. Si tratta di un posto di 360 chilometri quadrati, dove vive un milione e mezzo di persone in condizioni disperate, un luogo dove il mondo non mette piede. C’è un posto migliore di questo per organizzazioni terroristiche che vogliono coltivare nuove cellule, anche per alimentare quella che è una strategia di tipo globale? Una strategia come quella del boicottaggio, che tende a chiudere le porte per non far entrare e a non curarsi più di tanto di quello che succede lì dentro, sperando che questa situazione imploda da sola, è una strategia che fa molto comodo a forze come quelle dei salafiti, che vogliono propagandare la loro ideologia attraverso questo tipo di luoghi.

D. - Che spazi ci sono per una società civile, per la nascita di un pensiero diverso?

R. - Di spazi ce ne sono parecchi. Ci sono anche giovani, a Gaza, che si sono mossi, esattamente com’è successo in Egitto. E’ sostanzialmente la volontà di ripartire da un contesto nuovo. Dietro a questi movimenti giovanili, che esistono sotto traccia, che provano a venire fuori e sperimentano la repressione a Gaza e a Ramallah, c’è proprio questa sensazione, di gran parte del mondo giovanile, di non avere prospettive in questa situazione. Situazione che rimane bloccata ed è sostanzialmente funzionale al perpetuarsi dell’attuale scontro tra le due leadership. (vv)







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