Sit-in di protesta a Damasco e le autorità siriane vietano ogni corteo
Le forze di sicurezza siriane hanno disperso stamane a Damasco un sit-in di circa
200 studenti della facoltà di Medicina dell'università cittadina mentre nella notte
ci sono stati morti nella cittadina di Homs. E le autorità hanno annunciato che da
oggi è vietato ogni tipo di corteo, manifestazione o raduno in tutto il Paese per
assicurare ''la stabilità e la sicurezza''. Il Ministero dell’interno denuncia come
“rivolta armata” le rivendicazioni dei manifestanti. Il servizio di Fausta Speranza:
Al momento
arrivano notizie di persone malmenate all’interno della facoltà di Medicina a Damasco:
su Twitter, Suhayr Attasi, esponente di spicco del movimento siriano per i diritti
umani, riferisce di un sit-in degli studenti stamane per chiedere “la fine dei massacri
commessi dal regime” e per invocare “libertà". Intanto, l’agenzia ufficiale
siriana Sana riferisce dell'uccisione ieri nei pressi di Homs, terza città del Paese,
di tre ufficiali dell'esercito e di tre bambini da non meglio precisati “gruppi criminali
armati”. Organizzazioni umanitarie locali parlano invece di almeno dieci morti a Homs
durante la repressione da parte di forze di sicurezza e agenti in borghese. Per la
seconda notte consecutiva, la gente a Homs, che si trova a nord di Damasco, si era
radunata in piazza al-Saa, per protestare contro l'uccisione di almeno diciannove
dimostranti, avvenuta il giorno precedente. Il bilancio delle vittime tra l’altro
non è certo perché è stato impedito al personale medico di accedere alla piazza per
soccorrere i feriti. I manifestanti avevano criticato il discorso con cui sabato scorso
il presidente Assad aveva promesso la revoca dello stato di emergenza in vigore dal
1963, ma senza fissare date precise né annunciare altre riforme, ammonendo anzi che
le nuove norme non sarebbero state meno severe nei confronti dei "cospiratori". Resta
da dire che il Ministero dell'interno, ieri sera, in una nota parla di "rivolta armata"
e di gruppi dell’islam radicale. E avverte che, quelle che definisce “attività terroristiche,
non saranno tollerate”.
In Yemen, fuoco delle forze dell’ordine su manifestanti:
un morto Una persona è rimasta uccisa e diverse ferite oggi in Yemen quando
le forze di sicurezza hanno aperto il fuoco contro alcune migliaia di manifestanti
anti-regime radunatisi a Taz, a Sud della capitale Sana'a. Quattro altre persone,
compreso un fotografo di un giornale locale, sono stati arrestati, stando agli organizzatori
della manifestazione. Taz, seconda città dello Yemen 200 km a sud di Sana'a, è teatro
quasi quotidianamente di manifestazioni anti-regime. Intanto, alcuni dissidenti del
partito del presidente Ali Abdallah Saleh hanno annunciato la creazione di una nuova
formazione politica che chiede l'uscita di scena “immediata” del capo di Stato, stando
ad un comunicato diffuso oggi.
Proteste nel Sud dell’Egitto contro il nuovo
governatore cristiano copto Non si ferma a Qena, nell’Egitto meridionale, la
protesta contro il nuovo governatore, Emad Shehata Michael, insediatosi giovedì. I
manifestanti accusano il governatore Michael, cristiano copto ed ex ufficiale di polizia,
di essere legato al vecchio regime e di aver contribuito alla repressione delle proteste
contro Mubarak. Fin da venerdì, sono scesi in piazza esponenti di alcune formazioni
salafite, scandendo slogan contro i copti. Questo ha spinto molti dei cristiani locali,
che inizialmente avevano aderito alla protesta, ad abbandonare la piazza. Ad oggi,
la città è completamente isolata dal resto del Paese. La protesta è in mano a esponenti
di alcune tribù locali. “Non vogliamo Michael perchè è un copto - ha ammesso Mahmoud
Saad, professore di filosofia e attivista – e il fatto che facesse parte delle forze
di polizia è una questione secondaria”. Il vescovo di Qena, mons. Kyrollos, denuncia
una situazione che rischia di esplodere. “Credo che i manifestanti siano manipolati
- ha detto - protestare contro un governatore perchè copto è inusuale e molto sospetto”.
Il
feretro dell’attivista italiano ucciso a Gaza è in Egitto Il feretro di Vittorio
Arrigoni, il volontario ucciso nella Striscia di Gaza, è entrato in Egitto attraverso
il valico di Rafah e il suo arrivo al Cairo è previsto in serata. Lo riferiscono fonti
a Rafah. Il transito del feretro è avvenuto a conclusione d'una commemorazione solenne
svoltasi nella parte palestinese di Rafah, come ha constatato l'Ansa sul posto. L'ultimo
viaggio di Arrigoni prosegue ora verso il Cairo, dove è prevista per domani una camera
ardente. Successivamente - a quanto si è appreso - la salma sarà imbarcata su un aereo
destinato a riportarlo in Italia per i funerali. L'arrivo sarà a Milano, alla presenza
di familiari. La cerimonia funebre dovrebbe svolgersi a Bulciago, in provincia di
Lecco, paese d'origine di Arrigoni e comune del quale sua madre, Egidia Beretta, è
sindaco, ma la data resta ancora da confermare.
Algeria: scontri con gruppi
armati Sono 24 i militari uccisi in Cabilia, nell’est dell’Algeria, in seguito
a scontri con gruppi armati legati al Gruppo salafita per la predicazione e il combattimento
(Gspc). Ad essere interessata da questa nuova ondata di violenze sono in particolare
le province di Tizi Ouzou, Boumerdès e Bouira. Nel dicembre dello scorso anno, in
seguito ad una campagna militare di tre settimane, le principali basi del Gspc erano
state neutralizzate ed erano seguiti mesi di completa inattività da parte del gruppo
armato. “Ma queste puntuali azioni militari condotte dagli apparati dello Stato –
scrive il quotidiano algerino ‘El Watan’ – mostrano il loro limite di fronte a una
nebulosa terrorista capace di rigenerarsi e prosperare in un clima sociale instabile
e quindi a lei favorevole”.
In Tunisia, il capo dell’esercito nominato capo
di tutte le forze armate Il capo di stato maggiore dell'Esercito tunisino,
il generale Rachid Ammar, è stato nominato dal presidente della Repubblica, Menbazaa,
capo di stato maggiore delle forze armate tunisine. Ammar manterrà, comunque, le funzioni
di capo di stato maggiore dell'Esercito. Nel corso della cerimonia ufficiale di insediamento
di Ammar, il ministro della Difesa, Abdelkarim Zbidi, ha voluto sottolineare il ruolo
che l'alto ufficiale ha svolto nei giorni della “rivoluzione” a tutela “della dignità,
della libertà e della giustizia sociale”. Zbidi ha aggiunto, riferisce la Tap, che
le Forze armate hanno “risparmiato al Paese i tormenti della discordia e forse della
guerra civile, dando prova di fedeltà ai valori e ai principi repubblicani”.
In
Tunisia, scontri tra rifugiati dalla Libia di origine tunisina e forze dell’ordine La
città di Sidi Bouzid, dove, in dicembre, un giovane commerciante ambulante si diede
fuoco per protesta, dando il via alle manifestazioni che portarono alla caduta di
Ben Ali, è stata teatro, ieri, di violenti scontri tra rifugiati tunisini dalla Libia
e forze dell'ordine. I rifugiati, riferisce la Tap, hanno manifestato davanti alla
sede del Governatorato per protestare contro il mancato accoglimento delle richieste
di ottenere i sussidi decisi dal governo in favore dei tunisini costretti a scappare
dalla Libia. Delle 1401 domande avanzate, ne sono state rigettate 581, ritenute non
in linea con i requisiti richiesti per l'erogazione.
Lampedusa: ripresi
gli sbarchi, arrivato un barcone con 50 migranti Dopo quattro giorni di tregua,
anche a causa delle condizioni del tempo, riprendono gli sbarchi sull’isola italiana
di Lampedusa. Una motovedetta della Guardia di Finanza ha soccorso nella notte un
barcone con 50 tunisini a bordo, tra cui due donne e due minori. I migranti sono stati
accompagnati nel centro di prima accoglienza dell’isola dove si trovano 24 minori
che dovrebbero essere trasferiti nelle prossime ore verso altri centri di accoglienza
italiani. Per gli altri tunisini dovrebbe invece scattare il rimpatrio, in base all’accordo
bilaterale stipulato tra Roma e Tunisi il 5 aprile scorso. Intanto, stamani è stata
avvistata un'altra imbarcazione in difficoltà, con a bordo circa 250 persone. Nella
zona si stanno dirigendo quattro motovedette della Guardia costiera.
Continua
l’esodo dalla Libia verso la Tunisia Non si ferma l'esodo verso la Tunisia
dei libici in fuga per la guerra. Ieri, secondo i dati raccolti dalla Tap, dal posto
di frontiera di Ras Jedir ne sono transitati 1696, su un totale di 2233 rifugiati.
Nel campo di Choucha, il numero dei rifugiati sta registrando una forte contrazione:
ieri erano soltanto 1560. Negli altri campi attivati nella zona sono ospitate circa
2250 persone.
Togo: proteste di piazza nella capitale Lomé Nella
capitale, Lomé, il fine settimana è trascorso all’insegna delle proteste di piazza.
A denunciare 20 anni di silenzio sulle rivendicazioni del popolo togolese è stato
il "Fronte per la salvaguardia delle conquiste democratiche e un governo efficiente"
(Front Sage), una coalizione di una decina di organizzazioni della società civile
nata a marzo.
Repubblica Centrafricana: “Situazione di donne e bambini molto
precaria” “L’attuazione del programma disarmo, smobilitazione e reinserimento
procede con troppa lentezza e il processo va rilanciato quanto prima”: è il parere
espresso da Jan Grauls, presidente della Commissione di consolidamento della pace
per il Centrafrica, al termine di una missione a Bangui. Il programma dovrebbe farsi
carico di circa 8mila ex-combattenti, di cui 6mila nell’instabile zona nord-orientale
di Birao, dove, secondo Grauls, “la situazione di donne e bambini rimane molto precaria”.
Kenya:
programma per migliorare le condizioni di vita della comunità Per facilitare
l’accesso ai 120 milioni di dollari messi a disposizione dal Fondo di sviluppo africano,
a Nairobi cinque paesi dell’Africa orientale hanno firmato un accordo di trasferimento
di fondi. Si dovrebbe così accelerare la realizzazione della seconda fase del programma
‘Acqua e igienizzazione’ del Lago Vittoria per migliorare le condizioni di vita e
la salute delle comunità. Lo scorso 4 aprile era stata siglata un’intesa di cooperazione
finanziaria tra la Comunità dell’Africa orientale e il Fondo di sviluppo africano.
Pakistan:
autobomba contro istituto assistenziale, almeno due feriti Un'autobomba è saltata
in aria davanti alla sede di una fondazione assistenziale a Quetta, capitale della
provincia sud-occidentale pakistana del Belucistan: almeno due feriti, tra cui una
donna. L'ente benefico preso di mira dagli attentatori si occupa di promuovere l'istruzione
grazie a donazioni ricevute anche dall'estero. Il Belucistan è teatro di una triplice
insurrezione: al tradizionale separatismo in tempi più recenti si sono cumulati gli
scontri tra estremisti di confessioni islamiche avverse e l'infiltrazione dei talebani
e di alleati di Al-Qaeda.
La crisi di governo in Belgio conquista il guinness
dei primati La crisi senza fine del governo belga è entrata ufficialmente nel
Guinness Book dei primati mondiali. Lo ha reso noto la direttrice del marketing della
pubblicazione che registra ogni anno 40 mila record. Il 30 marzo scorso, arrivando
a 290 giorni di governo 'uscente', il Belgio aveva 'strappato' il record all'Iraq,
che però usciva da un conflitto. Oggi lo stallo che impedisce la formazione di un
nuovo governo è giunto a 310 giorni.
Nel Nepal continua l’emergenza umanitaria
dei bhutanesi Da oltre 20 anni, circa 50 mila bhutanesi di origine nepalese
sono rifugiati in campi di raccolta del Nepal. Cacciati dal loro Paese per motivi
etnici, chiedono ora di rientravi, ma ben 15 tornate di negoziati tra Bhutan e Nepal
sono sinora fallite. Ma come è nata quest’emergenza umanitaria dimenticata? Giancarlo
La Vella ne ha parlato con Simone Cantarini, dell’agenzia "AsiaNews":
R. – Nasce
tra gli anni Settanta e gli anni Novanta. Il periodo del vecchio re, che era un buddista
e ha cacciato tutti gli immigrati nepalesi, di vecchia generazione, che erano di religione
indù, per creare una sorta di Paese puro da ogni influenza esterna. Questi immigrati
hanno attraversato i confini e sono andati in India, che li ha ricacciati, e quindi
sono andati in Nepal, dove sono da quasi 20 anni.
D. – Che cosa si può
fare, a livello di comunità internazionale, affinché questa non diventi una delle
tante emergenze dimenticate?
R. – Innanzitutto, non esaltare troppo
il Bhutan per il Pil della felicità e tutte queste cose che l’hanno reso famoso, perché
dal 2006 si è aperto al mondo ed è diventato un pò lo stereotipo della "Svizzera asiatica".
Quindi, tutto perfetto, tutto bello … Da un altro punto di vista, gli Stati devono
fare pressione, affinché i suoi governanti inizino a prendersi la responsabilità di
questa tragedia. Soprattutto l’India dovrebbe fare pressione …
D. –
In quali condizioni vivono questi profughi in Nepal?
R. – Le condizioni
di vita sono molto difficili, perché non possono uscire dai campi profughi; non possono
lavorare – c’è l’Onu, nei campi profughi … Spesso ci sono incendi, ci sono malattie
… La situazione è grave. Più che altro perché queste persone sono, in realtà, prigionieri.
D.
– Secondo te, questa vicenda è l’emblema di cosa?
R. – Di grandi contraddizioni.
Del fatto che oramai l’economia, gli interessi economici hanno dimenticato ciò che
li genera, cioè l’uomo. Se l’uomo non è al centro, l’economia va contro l’uomo. Questo
è l’emblema della situazione: dell’indifferenza che ormai esiste nei riguardi dell’uomo.
Non solo nei riguardi dei diritti umani, ma proprio nei riguardi dell’uomo. (gf)
A
Cuba il partito comunista approva le riforme economiche di Raul Castro Il congresso
del Partito comunista cubano ha approvato le riforme economiche proposte dal presidente
Raul Castro. Oltre alla società statale socialista, che “resterà la forma principale
nell'economia nazionale”, Cuba riconoscerà “investimenti stranieri, cooperative, piccoli
contadini, usufruttuari, e i lavoratori autonomi”. Le riforme prevedono inoltre il
taglio di lavoratori statali, l'eliminazione graduale del libretto di razionamento
e l'ampliamento dell'iniziativa privata. Finora 130 mila contadini hanno ricevuto
appezzamenti di terra e sono state concesse 171 mila licenze per l'apertura di piccole
imprese. Entro il 2015, il governo prevede che 1,8 milioni di cubani saranno impegnati
nel settore privato. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza e Gabriele
Papini)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV
no. 109