2011-04-18 14:39:24

L’arcivescovo di Guwahati sulla democrazia e la libertà religiosa in Bhutan


“Sarebbe un piacere e un onore, per noi cattolici, metterci al servizio del futuro del Bhutan”: così mons. Thomas Menamparampil, arcivescovo di Guwahati, in Assam, nell’India nordorientale al confine con il regno buddista, ha commentato in un’intervista all’agenzia Fides la sua recente visita in Bhutan, dove non si recava da 18 anni. All’epoca in Bhutan viveva un missionario gesuita, ma dopo la sua morte nessun altro missionario si è più stabilito in Bhutan, anche se, periodicamente, sacerdoti dalla vicina diocesi di Darjeeling, nel Bengala occidentale, India, vi si recano per celebrare la Messa. L’arcivescovo racconta di aver visto grandi cambiamenti e confida di sperare, insieme a un avvio della democrazia del quale ci sono tutti i segnali, anche un allargamento della libertà religiosa e magari all’autorizzazione a costruire nuovi luoghi di culto. Attualmente, infatti, in Bhutan i cristiani presenti, circa centomila secondi gli osservatori, leggono e pregano con la Bibbia, ma praticano il loro culto in privato, impediti per legge a praticarlo in pubblico e anche le conversioni restano vietate. Tuttavia, episodi di abusi, maltrattamenti o discriminazioni ai loro danni, si registrano solo in alcuni, esigui casi di predicazione troppo attiva: “Vivono come i primi cristiani, fra loro si avverte una forte presenza dello Spirito Santo”, dice ancora il presule, che attribuisce il “risveglio” del cristianesimo in Bhutan, con il quale confina la sua diocesi, ai progressi fatti dalle Chiese evangeliche nel vicino Nepal. Quanto ai cattolici, esiste una piccola comunità a Thimpu, ma c’è un cattolico anche in Parlamento; per il resto la maggior parte dei cristiani presenti appartiene a chiese indipendenti di derivazione Pentecostale. (R.B.)







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