Filippine. Onu: migliora la situazione dei bambini soldato, ma c’è ancora molto
da fare
Messaggeri, spie, facchini, cuochi o addirittura schiavi sessuali, quando non sono
semplicemente impiegati nelle linee di fuoco: questi i compiti svolti dai cosiddetti
“bambini soldato”, cioè i piccoli che vengono arruolati dalle forze ribelli nei conflitti
armati e che secondo l’Onu attualmente sono 250mila nel mondo. Nelle Filippine, riferisce
l'agenzia Fides, la situazione sta migliorando, come è emerso da un recente incontro
svoltosi a Manila tra il rappresentante speciale delle nazioni Unite per i Bambini
e i Conflitti armati, Radhika Coomaraswamy, e due delle principali sigle ribelli operanti
nel Paese: il New people’s Army e il Moro Islamic Liberation Front, che hanno espresso
la loro intenzione di rinunciare ad arruolare bambini nelle loro truppe e si sono
detti disponibili ad avviare un processo di pace con il Presidente Aquino entro il
termine del suo mandato, che scade nel 2016. Nelle Filippine, però, c’è anche un terzo
gruppo di ribelli, legato ad al Qaeda: il problema è che la legge islamica vigente
nel Mindanao considera i maggiori di 13 anni completamente adulti e, quindi, in dovere
di dare il proprio contributo alla rivoluzione, sia per combattere la povertà, sia
per tutelare la propria famiglia, o magari per vendicare la morte di un parente. Tra
il 2007 e il 2008 nelle Filippine sono stati salvati circa 40 bambini soldato, ma
secondo l’Unicef ci sarebbero ancora 600 minori in armi: il 15% delle forze totali.
(R.B.)