Usa: i vescovi contro i finanziamenti pubblici ad una lobby pro-aborto
Il presidente della Commissione per le attività pro-vita della Conferenza episcopale
statunitense (Usccb), cardinale Daniel DiNardo, ha rivolto un pressante appello al
Congresso a votare a favore della risoluzione che vuole abolire i finanziamenti pubblici
alla “Planned Parenthood”, la principale lobby pro-aborto degli Stati Uniti. La questione,
come è noto, è tra i punti cruciali dell’attuale braccio di ferro tra Democratici
e Repubblicani sul budget 2011. “Il definanziamento degli stanziamenti a favore del
più grande fornitore di aborti in questo Paese non rientra tra le decisioni più difficili
da prendere in un momento in cui occorre decidere drammatici tagli al budget”, si
legge in una lettera indirizzata alla Camera dei Rappresentanti che ribadisce l’auspicio
già espresso dai vescovi che i fondi attualmente destinati alle strutture che praticano
aborti vengano dirottati all’assistenza alle fasce sociali più povere. La missiva
elenca tre buoni motivi per approvare la risoluzione 36: “In primo luogo - afferma
- è indiscutibile the Planned Parenthood è di gran lunga il più grande fornitore
e promotore di aborti degli Stati Uniti” che costituiscono un terzo del suo budget.
In secondo luogo, il suo coinvolgimento in queste attività è aumentato negli ultimi
anni, mentre l’erogazione di altri servizi come l’assistenza prenatale e la gestione
delle adozioni è drasticamente diminuito. Il terzo motivo citato dal cardinale DiNardo
è che l’organizzazione ha intrapreso numerose campagne lobbistiche per contrastare
qualsiasi misura legale, anche la più modesta, volta a limitare gli aborti. La missiva
denuncia inoltre il tentativo di alcuni di spostare l’attenzione del dibattito dall’aborto
alla tutela della salute delle donne. Un argomento pretestuoso, dal momento che –
afferma - le strutture sanitarie cattoliche e di altre confessioni di solito già forniscono
servizi di base come mammografie, servizi di assistenza pre e post-natale alle madri,
mentre la Planned Parenthood no, e la risoluzione 36 “non riduce il finanziamento
a questi servizi di un centesimo”. La domanda da porsi - afferma quindi il cardinale
DiNardo nella lettera - è se, quando donne con basso reddito hanno bisogno di questi
servizi, il Governo federale sia autorizzato a pretendere che li ricevano da strutture
che forniscono aborti”. (A cura di Lisa Zengarini)