La Francia apre le frontiere ai tunisini col permesso temporaneo italiano
Hanno passato i controlli della polizia francese, alla stazione di Mentone, i tunisini
che questa mattina hanno ritirato i permessi di soggiorno temporaneo al commissariato
di Ventimiglia. La gendarmerie è salita sul treno, ha controllato i documenti e ha
fatto proseguire i migranti verso Nizza. I tunisini, una ventina in tutto, sono stati
controllati due volte dalla polizia francese, a Garavan e a Mentone. Tra loro soltanto
due sono stati fatti scendere dal treno, perché non avevano il permesso di soggiorno
temporaneo.
Fiaccolata a Gazain memoria del pacifista italiano Arrigoni Ieri
sera, si è svolta a Gaza City una fiaccolata in memoria di Vittorio Arrigoni, il volontario
italiano rapito e ucciso giovedì scorso nella Striscia di Gaza. L'iniziativa è stata
presa di gruppi di tutela dei diritti umani, associazioni professionali palestinesi
e organizzazioni non governative. Nel pomeriggio, dopo la preghiera del venerdì islamico,
un'altra manifestazione di condanna dell'uccisione di Arrigoni era stata promossa
ufficialmente all'uscita di alcune moschee anche da Hamas, la fazione islamica palestinese
che controlla la Striscia di Gaza. Oggi, fonti di uno dei gruppi ultraintegralisti
salafiti della Striscia di Gaza hanno ammesso, parlando con l'Ansa, la responsabilità
di una loro cellula “fuori controllo” nel rapimento e nella feroce uccisione dell'attivista
italiano. L'aviazione israeliana ha compiuto la scorsa notte due raid aerei, che hanno
colpito due basi di Hamas a nord della città di Gaza senza causare vittime e neppure
danni, secondo fonti della sicurezza palestinese. Ieri, due razzi Grad erano stati
lanciati da Gaza contro le città di Ashkelon e Ashdod: anche in questo caso senza
causare vittime nè danni.
Siria, manifestazione di ieri a Homs: ucciso un
poliziotto Secondo fonti istituzionali, il presidente della Siria, Bashar al
Assad, pronuncerà un discorso oggi in occasione della prima riunione del nuovo governo,
formato giovedì sull'onda della contestazione delle piazze. Intanto, l'agenzia ufficiale
Sana fa sapere che un poliziotto siriano è rimasto ucciso ieri, colpito da “bastoni
e pietre”, durante una manifestazione contro il regime nella città siriana di Homs.
Ieri, secondo testimonianze di dissidenti, almeno 4.000 persone sono scese in piazza
a Homs, 180 km a nord di Damasco, chiedendo libertà. Le forze di sicurezza siriane
sono intervenute per disperde la manifestazione.
Almeno 70 arresti in Giordania
dopo le manifestazioni di ieri Settanta islamici sono stati arrestati nel nord
della Giordania, dopo le violente manifestazioni di ieri in cui decine di persone,
in gran parte agenti, sono state ferite. I sospetti, membri del movimento salafita
(sunniti ultraconservatori), sono stati arrestati ieri a Zarqa teatro degli scontri
e nella vicina città di Rassifeh, qualche ora dopo che i manifestanti avevano attaccato
la polizia. In un primo momento, erano state fermate 120 persone: 50 sono state successivamente
liberate, mentre 70 restano sotto interrogatorio, ha detto una fonte che ha voluto
conservare l'anonimato. Secondo un militante del movimento salafita, tra gli arrestati
figurano 22 suoi aderenti compreso il capo Abdul Shahatah al-Tahawi.
Il
presidente dell’Algeria promette riforme politiche e non solo economiche Il
presidente algerino, Bouteflika, ha annunciato un programma di riforme politiche che
prevede, entro un anno, una modifica della Costituzione, della legge elettorale, di
quella sui partiti politici e della normativa sui media. In un discorso molto atteso,
il primo dopo le sollevazioni popolari che stanno scuotendo il mondo arabo, Bouteflika
ha precisato che queste riforme dovranno essere realizzate prima delle “prossime scadenze
elettorali” del maggio dell'anno prossimo. Nel 2009, la Costituzione del 1996 è stata
leggermente emendata per consentire all'attempato presidente (74 anni) di farsi eleggere
per un terzo mandato.
Costa d’Avorio, arrestato il capo della guardia dell’ex
presidente Gbabo Il generale Bruno Dogbo Blè, capo della famigerata Guardia
repubblicana dell'ex presidente Laurent Gbagbo, è stato arrestato oggi e condotto
al Golf Hotel di Abidjan, il quartier generale del presidente Ouattara. Il generale
Blè e il reparto che comandava sono stati accusati di abusi e di gravi violazioni
dei diritti umani contro la popolazione civile, nella sanguinosa crisi seguita alle
elezioni dello scorso novembre. Blè nega ogni addebito. Il generale arrestato non
faceva parte del gruppo di ufficiali superiori che, nei giorni scorsi, ha giurato
fedeltà al presidente Ouattara dopo l'arresto di Gbagbo, avvenuto lunedì. L'ex presidente
si rifiutava di lasciare il potere e di riconoscere la sconfitta alla consultazione
di novembre, nonostante la comunità internazionale avesse riconosciuto Ouattara come
legittimo vincitore. Il braccio di ferro ha portato a scontri armati tra le fazioni
fedeli ai due rivali che hanno provocato migliaia di morti.
Italia, sentenza
e condanne per la tragedia alla Thyssenkrupp Sta suscitando reazioni di grande
soddisfazione a livello politico e civile la sentenza arrivata ieri sera dalla Corte
d’assise di Torino sul rogo alla multinazionale dell’acciaio – la Thyssenkrupp – che
il 6 dicembre 2007 uccise sette operai. Sul banco degli imputati sei responsabili.
La condanna più grave per l’amministratore delegato: 16 anni e sei mesi di carcere
per omicidio volontario con dolo eventuale: sacrificò la sicurezza per il profitto.
Pene non inferiori a 10 anni per gli altri dirigenti, sanzioni per l’azienda e risarcimenti
alle parti civili. “Condanna incomprensibile”, afferma la Thyssen; “lezione di civiltà”
per sindacati e familiari delle vittime. Il ministro del lavoro, Sacconi, sollecita
ora più prevenzione e collaborazione con le aziende, mentre di sensibilità nei riguardi
della sicurezza e del valore della vita parla mons. Angelo Casile, direttore
dell’Ufficio nazionale per i problemi sociali e del lavoro della Conferenza episcopale
italiana. Lo ha intervistato Gabriella Ceraso:
R. – E’ una
sentenza e quindi anzitutto va rispettata, farà giurisprudenza. L’altro aspetto è
che senz’altro assume rilevanza appunto per il tema della sicurezza, in quanto prevale
l’attenzione nei riguardi del lavoratore in quanto persona, e non solo come prestatore
d’opera. Ovviamente, c’è tutta l’attenzione anche nei riguardi delle persone che hanno
subito questa tragedia.
D. – E’ come dire: la vita di un lavoratore
non si può trasformare in profitto…
R. – Benedetto XVI ci ricorda sempre
che ogni lavoratore, ogni persona che lavora, è un creatore, e per questo ogni persona
che lavora dovrebbe essere messa in condizione di dare il meglio di se stessa. Quindi,
è altrettanto importante anche che l’ambiente in cui la persona lavora sia un ambiente
sicuro. (gf)
Ma perché si parla di una sentenza “storica”? Gabriella
Ceraso ne ha parlato con il consulente legale dell’Anmil, Mauro Dalla Chiesa:
R. – E’ una
sentenza storica perché ha valorizzato un fatto in maniera diversa da tutti i precedenti
giurisprudenziali in materia. E’ la prima volta che un imprenditore viene condannato
per un infortunio sul lavoro a titolo di “omicidio volontario”. Questa sentenza crea
una cesura, una frattura tra quello che c’è stato prima e quello che succederà dopo.
Ma non è una sentenza innovativa dal punto di vista tecnico, perché l’impianto del
Codice penale ha consentito comunque, senza nessuna particolare modifica, di valorizzare
norme già esistenti. Il Collegio ha potuto considerare accertato che la dirigenza
della Thyssenkrupp abbia volontariamente omesso di modificare la linea antincendio
di quello stabilimento. Il loro calcolo è stato riconosciuto equivalente alla causazione
di un omicidio con dolo, cioè con volontà.
D. – E’ una sentenza, si
è detto, che farà scuola. In che senso, e cosa dovremo aspettarci d’ora in poi?
R.
– Diciamo che questa è stata una scelta coraggiosa della Procura torinese, di percorrere
questa strada che è molto più difficile rispetto alla contestazione di un omicidio
colposo, e quindi incoraggerà altre Procure a poter contestare anche l’omicidio volontario
con conseguenze sanzionatorie diverse. In altre parole, con una condanna a 16 anni,
in carcere bisogna andarci. Con una condanna a due-tre anni, in carcere, in Italia,
non ci si va.
D. – Dal punto di vista degli imprenditori, secondo lei,
questo farà riflettere?
R. – Dovrebbe significare qualcosa. Il problema,
però, è vedere come si muoveranno tutte le Procure d’Italia, perché laddove non vi
siano indagini pressanti, è chiaro che questo monito possa essere meno sentito.
D.
– Invece, per chi tutela i lavoratori come l’Anmil, e per i lavoratori stessi…
R.
- Questo crea un clima di fiducia nella giustizia, una risposta alle esigenze dei
familiari, delle vittime, degli orfani, delle vedove dei caduti sul lavoro. E’ una
risposta adeguata al vulnus che hanno subito, l’offesa massima: la perdita
della vita di un familiare. (gf)
Migliaia di persone in strada a Belgrado
per chiedere elezioni anticipate Migliaia di persone hanno invaso il centro
di Belgrado in una manifestazione antigovernativa, organizzata dal Partito del progresso
serbo (Sns), la maggiore forza di opposizione, che chiede elezioni anticipate a dicembre.
La spianata antistante l'edificio del parlamento si è stipata di manifestanti con
striscioni contro la politica del governo, ritenuto incapace di far uscire il Paese
dalla crisi e combattere efficacemente corruzione e criminalità. Alla folla parlerà
tra gli altri Tomislav Nikolic, il leader dell'Sns che giovedì sera si è incontrato
con il presidente serbo, Boris Tadic. Il colloquio non ha portato ad alcuna intesa
sulle elezioni anticipate, che governo e presidente ritengono dannose per la stabilità
del Paese, impegnato a ottenere entro l'anno lo status di Paese candidato all'adesione
alla Ue. Nikolic ha proposto che si voti il 18 dicembre. La scadenza regolare della
legislatura in Serbia è prevista per la primavera 2012.
Manifestazioni a
Zagabria contro la condanna dell’ex generale Gotovina Alcune migliaia di persone
stanno manifestando nel centro di Zagabria in segno di protesta contro la condanna
a 24 anni di carcere inflitta ieri dal Tribunale penale dell'Aja (Tpi) all'ex generale,
Ante Gotovina, accusato di crimini di guerra e contro l'umanità commessi nel conflitto
armato con i secessionisti serbi negli anni Novanta. I dimostranti, fra i quali sono
presenti numerosi veterani, esprimono sdegno e incredulità per una condanna ritenuta
“ingiusta e vergognosa”, comminata nei confronti di chi ha combattuto per la libertà
e l'indipendenza della Croazia. Con Ante Gotovina è stato condannato a 18 anni di
reclusione l'altro ex generale, Mladen Markac, mentre un terzo ufficiale, Ivan Cermak,
è stato assolto. Manifestazioni a favore di Gotovina - che in Croazia è considerato
da molti un “eroe” - si registrano anche in altre città del Paese ex jugoslavo.
Presidenziali
in Nigeria: 73 milioni di cittadini alle urne Oltre 73 milioni di nigeriani
si recano alle urne oggi per eleggere il presidente in una consultazione che vede
favorito il presidente uscente, Gooluck Jonathan. Le legislative svoltesi una settimana
fa dopo due rinvii hanno avuto uno svolgimento sostanzialmente regolare e questo lascia
sperare che si sia chiusa la stagione di confronti politici violenti. Nelle ultime
24 ore, due ordigni sono esplosi a Maiduguri, nel nordest del Paese, uno contro una
stazione di polizia ed un altro vicino ad un seggio elettorale, ma non hanno provocato
vittime. In molti seggi nel Paese si sono formate lunghe file di gente che vuole esercitare
il diritto di voto. A favorire Jonathan, 53 anni, del Partito democratico del popolo
- che ha vinto tutte le presidenziali dalla fine del governo militare nel 1999 - sembra
ci sia la divisione delle forze di opposizione che non sono riuscite ad esprimere
un unico candidato contro di lui. Secondo gli osservatori, il solo ad avere delle
possibilità di batterlo è Muhammadu Buhari, 69 anni, ex dittatore militare, che ha
partecipato già alle ultime tre presidenziali negli ultimi 12 anni. Buhari è musulmano,
espressione del nord della Nigeria, mentre Jonathan è un cristiano del Delta del Niger,
a sud, la zona dei giacimenti petroliferi.
Nuovo accordo al G20 nel processo
di riequilibrio dell’economia globale Nuovo passo in avanti del G20 nel processo
di riequilibrio dell'economia mondiale: i ministri finanziari e i governatori delle
Banche centrali dei 20 Paesi più ricchi al mondo hanno raggiunto un accordo sulle
linee-guida per identificare i Paesi che devono fare maggiori sforzi per riassorbire
gli squilibri economici. Individuati sette i Paesi "sistemici", ovvero con un Pil
che pesa per oltre il 5% sul Pil totale del G20: sembra siano Stati Uniti, Giappone,
Francia, Germania, Regno Unito, Cina e Brasile. L'accordo sulle linee-guida segue
l'intesa raggiunta nello scorso febbraio dal G20 su una serie di indicatori che permetteranno
di focalizzarsi, attraverso un processo in due fasi, su quelli che sono i grandi squilibri
che necessitano di un'azione politica. Questi indicatori sono: il debito e il deficit
pubblici; il debito e il risparmio privato; gli squilibri esterni che comprendono
la bilancia commerciale, i flussi di investimento e i trasferimenti, tenendo in considerazione
anche i tassi di cambio, oltre che le politiche fiscali e monetarie. “Per completare
il primo passo – spiega un comunicato ufficiale – è stato raggiunto un accordo sulle
linee-guida in base alle quali ciascuno di questi indicatori sarà valutato”. Nel comunicato
si aggiunge che la ripresa economica procede, “si sta ampliando”, ma restano “rischi
al ribasso”. Gli eventi in Medio Oriente, in Nord Africa e in Giappone hanno “aumentato
l'incertezza economica e le tensioni sui prezzi dell'energia”. (Panoramica internazionale
a cura di Fausta Speranza)
Bollettino del Radiogiornale della Radio
Vaticana Anno LV no. 106