La rivolta raggiunge il Burkina Faso: si ribella la guardia presidenziale di Compaoré
Cresce la tensione in Burkina Faso, dove diverse unità della guardia presidenziale
si sono ammutinate ed hanno costretto il presidente, Blaise Compaoré, ad abbandonare
la capitale Ouagadougou per alcune ore. La contestazione nei confronti del presidente
è montata proprio mentre in Costa d’Avorio è riuscito a salire al potere Alassane
Ouattara, sostenuto anche da Compaoré nel corso della disputa con il presidente uscente
Gbabo. Per un commento sulla situazione nel Paese, Stefano Leszczynski ha intervistato
Angelo Turco, analista di dinamiche internazionali in Africa:
R. - Queste
tensioni si stanno manifestando già da qualche tempo. Nel mese di febbraio-marzo si
sono susseguite delle manifestazioni a diversi livelli: quella più grave è stata certamente
quella degli insegnanti delle scuole secondarie, che sono ancora in sciopero attualmente;
ci sono state ulteriori manifestazioni e repressioni; e, ci sono stati anche degli
ammutinamenti di militare a fine marzo. Questa è soltanto l’ultima. Quello che è singolare
è che il presidente Compaoré aveva cominciato una serie di colloqui, soprattutto con
i corpi militari e paramilitari, per avviare un dialogo sociale: in qualche modo questa
risposta, dopo l’attenzione manifestata dal presidente, non è che sia molto tranquillizzante.
D. - Il presidente Compaoré aveva un ruolo di rilevanza internazionale
a livello regionale per quanto riguardava la crisi in Costa d’Avorio…
R.
- Compaoré è stato molto presente sulla scena ovest africana, ma il suo ruolo è sempre
stato ambiguo: si sospettano rapporti inquietanti sia con Charles Taylor, sia con
Mohammar Gheddafi e quindi al centro di una ragnatela di personaggi poco raccomandabili.
D. - A livello sociale, c’è la possibilità che il malcontento prenda
piede?
R. - Di fatto gli apparati del potere sono fortemente autoritari
e controllati da Compaoré, dalla sua famiglia e dal suo apparato clientelare. Riforme
in Burkina Faso non se ne fanno e il Burkina Faso rimane uno dei Paesi più poveri
del mondo: non a caso le manifestazioni delle scorse settimane, sono manifestazioni
dovute all’aumento del costo della vita e in un Paese, con un dollaro e mezzo di reddito
procapite al giorno, l’aumento del costo della vita significa rendere drammatica l’esistenza
di milioni di persone. (mg)