Dolore e sgomento per l'uccisione del giovane cooperante italiano a Gaza
Strangolato poco dopo il sequestro. E' finita così, in tragedia, l'avventura di Vittorio
Arrigoni, l'attivista per i diritti umani dell'International Solidarity Movement rapito
ieri mattina nella Striscia di Gaza da un commando ultra-estremista salafita. Il suo
corpo senza vita è stato trovato in un appartamento di Gaza City dai miliziani di
Hamas. Dura la condanna da parte del presidente della Repubblica italiana, Giorgio
Napolitano, che in una lettera inviata alla madre del cooperante, ha scritto: “questa
barbarie terroristica suscita repulsione nelle coscienze civili. La comunità internazionale
tutta è chiamata a rifiutare ogni forma di violenza e a ricercare con rinnovata determinazione
una soluzione negoziale al conflitto che insanguina la Regione''. Il servizio è di
Salvatore Sabatino:
“Io non credo
nei confini, nelle barriere, nelle bandiere, credo che tutti apparteniamo, indipendentemente
dalle latitudini, dalle longitudini, ad una stessa famiglia, che è la famiglia umana”.
Poche
parole, pronunciate dallo stesso Vittorio Arrigoni, per disegnare il profilo della
sua esistenza; tutta incentrata sui concetti di unione, comunione e giustizia. Era
un giovane come tanti, Vittorio. Ma diverso, perché aveva un obiettivo: lottare per
il rispetto dei diritti umani, contro le ingiustizie, raccontando quello che accadeva
a Gaza, e per questo rischiava la vita ogni giorno. Fino alla fine. E non è un caso
che la sua uccisione abbia lasciato una traccia forte di sdegno e dolore a Gaza; tra
quei palestinesi che in lui avevano trovato un paladino. E non sono un caso neppure
le condanne giunte dall'Autorità nazionale palestinese di Abu Mazen, e da Hamas, che
attraverso il suo portavoce ha parlato di “un crimine atroce” contro i loro
valori. Il ricordo di Vittorio Arrigoni, nelle parole di chi lo ha conosciuto
bene, don Nandino Capovilla, coordinatore nazionale di Pax Christi,
intervistato da Fabio Colagrande:
R. – Vittorio
Arrigoni è un giovane che ho lasciato l’ultima volta, ricordo, lungo la spiaggia di
Gaza: dovevo affrettarmi per poter uscire dalla Striscia, prima che l’esercito chiudesse
ancora una volta i confini. Vittorio mi diceva: “Io ho capito che dobbiamo restituire
veramente alla popolazione l’umanità di cui è stata privata da anni e anni di assedio”.
Il motto di Vittorio erano queste parole, che ripeteva continuamente e scriveva: “Restiamo
umani”. Ecco allora che il ricordo di Vittorio e la sua stesa figura oggi restituiscono
a noi un impegno ancora più forte, che si rafforzerà con un’altra missione della Freedom
Flottiglia, che viene, ancora una volta, ostacolata. Ma noi continueremo, e Pax Christi
continuerà ad essere presente, con i cristiani, i musulmani e i palestinesi, che nella
Striscia di Gaza e nella Palestina occupata attendono come un “kairos” di giustizia
e di pace. (ap)
La tragica vicenda di Vittorio Arrigoni si è consumata
in poche ore: iniziata nella mattina di ieri, con il rapimento da parte del gruppo
estremista salafita legato ad Al Qaeda; poi la richiesta di liberazione dei loro “confratelli”
detenuti in cambio di quella dell’italiano, il video che mostrava lo stesso bendato
e con segni di percosse; e l’ultimatum, fissato per oggi alla 16.00. Poi il drammatico
epilogo, che ha portato alla scoperta del suo corpo nel corso di un blitz delle forze
di sicurezza di Hamas in un palazzo di Gaza City. Secondo fonti locali, il 36enne
sarebbe stato soffocato prima dell’irruzione nell’appartamento. E mentre proseguono
le indagini - 2 gli arresti eseguiti fino a questo momento – la radio militare israeliana
sottolinea che l'uccisione di Arrigoni mette in luce che a Gaza "cresce la guerra
interna" fra Hamas e i gruppi integralisti salafiti che si ispirano ad Al Qaeda. Su
queste profonde divisioni interpalestinesi, abbiamo sentito Giorgio Bernardelli,
esperto di questioni mediorientali:
R. – Noi continuiamo ad analizzare
sempre la situazione palestinese ragionando sullo scontro tra Fatah e Hamas. In realtà
la situazione oggi è sempre più frastagliata, sempre più complessa, soprattutto all’interno
della Striscia di Gaza. E’ proprio qui che esistono forze salafite, vicine ad al Qaeda;
da tempo sono presenti e portano avanti una loro linea che è molto più oltranzista
di quella di Hamas. Ma non è una cosa che succede da oggi, va avanti da anni. Questa
morte probabilmente getta un cono di luce su questa situazione, fa cadere la maschera.
D.
– Alcuni credono anche che il rapimento e la morte di Arrigoni siano un segnale contro
gli stranieri presenti nella Striscia?
R. – Certamente ci sono oggi
gruppi all’interno della Striscia di Gaza che guardano con preoccupazione a qualsiasi
presenza che possa dare un sostegno, una soluzione, un piccolo spiraglio per uscire
dal vicolo cieco. Sono gruppi che guardano con sospetto tutto questo perché hanno
capito che è la loro forza mantenere in questa situazione ed è la lezione di questa
morte: non si può più lasciare sola Gaza.(bf)