L’arcivescovo Chullikatt all’Onu: la povertà non si sconfigge impedendo ai poveri
di avere figli
I poveri sono una risorsa, non un problema: è quanto sottolineato dall’arcivescovo
Francis Chullikatt nel suo intervento alla Commissione Popolazione e Sviluppo del
Consiglio Economico e Sociale dell’Onu di New York. L’Osservatore permanente della
Santa Sede al Palazzo di Vetro ha criticato quella visione distorta di sviluppo che
per eliminare la povertà vorrebbe eliminare i poveri. Il presule ha dunque esortato
i governi a rispettare sempre la dignità della persona e in particolare il diritto
dei genitori ad avere dei figli, liberi da qualsiasi tipo di coercizione. Il servizio
di Alessandro Gisotti:
Ancora
oggi, ha avvertito mons. Chullikatt, quando si parla di salute riproduttiva e sviluppo,
la discussione è guidata dalla “falsa convinzione che in un contesto di crescita della
popolazione”, l’atto di donare la vita vada visto con timore piuttosto che essere
incoraggiato. Questa corrente di pensiero, ha osservato il presule, è basata “su un
individualismo radicale che considera la riproduzione umana come un bene che deve
essere regolato” per rendere l’economia di mercato più efficiente. Una visione, ha
affermato l’arcivescovo Chullikatt, che non può corrispondere agli obiettivi delle
Nazioni Unite. Queste interpretazioni sbagliate, ha quindi proseguito, “conducono
ad una visione distorta” secondo cui la crescita della popolazione, soprattutto dei
poveri, dovrebbe ridursi così da contrastare la povertà, l’analfabetismo e la malnutrizione.
Al contempo, si afferma la teoria senza prove che l’aumento della popolazione devasterebbe
l’ambiente e porterebbe ad uno scontro per l’utilizzo delle risorse.
“Queste
preoccupazioni – ha avvertito – contribuiscono al diffondersi di forme di tecniche
riproduttive che denigrano la natura della sessualità umana”. Tali concezioni sbagliate,
ha soggiunto, “hanno portato alcuni governi nazionali ad adottare leggi e politiche
che scoraggiano i genitori dall’esercitare il loro fondamentale e inderogabile diritto
ad avere figli, liberi da coercizioni”. Politiche che, in alcuni casi, “rendono addirittura
illegale per una madre dare la vita e per un bambino avere un fratello o una sorella”.
Mons. Chullikatt ha dunque criticato con forza la teoria secondo cui "se ci fossero
meno donne povere che partoriscono ci sarebbero tassi più limitati di mortalità materna"
e, ancora, se nascessero "meno persone affamate sarebbe più facile distribuire le
risorse per lo sviluppo". Questa visione distorta, è la denuncia del presule, “considera
i poveri un problema” da affrontare come se si trattasse di “oggetti senza importanza”
piuttosto che di “persone con un’innata dignità” meritevole di un sostegno pieno della
comunità internazionale.
Del resto, ha constatato, in alcune aree del
mondo, il calo dei tassi di fertilità ha portato all’invecchiamento della popolazione
con problemi per lo sviluppo e il necessario sostegno agli anziani. Il presule ha
così riaffermato la necessità di uno sviluppo umano integrale che tenga conto degli
aspetti politici, culturali e spirituali della persona, della famiglia e della società.
Di qui, il richiamo alla comunità internazionale ad un rispetto della dignità di ogni
persona, che sia alla base di “una nuova etica per lo sviluppo”. In particolare, ha
ribadito il presule, la Santa Sede chiede alla comunità internazionale di aumentare
il proprio sostegno alla famiglia e all’accoglimento della vita. Invece di concentrarsi
su politiche volte a ridurre il numero di persone povere, con metodi che attaccano
il matrimonio e la famiglia, ha concluso, bisognerebbe concentrare le risorse in favore
di quel miliardo di essere umani sottonutriti e lavorare affinché sia garantita l’educazione
primaria ai 69 milioni di bambini che rischiano di divenire un’altra generazione di
analfabeti.