Gli intellettuali della diaspora partecipano alla normalizzazione politica nel Corno
d'Africa
Il Consiglio di Sicurezza dell'Onu ha adottato all'unanimità una risoluzione in cui
afferma di considerare urgentemente l'istituzione di un Tribunale speciale per la
Somalia, al fine di processare i sospetti pirati attivi nello Stato o nello spazio
marittimo limitrofo. Presto nuove strutture delle Nazioni Unite saranno probabilmente
all'opera sul territorio africano, dunque.
Seguendo forse una diversa sensibilità
politiva, invece, tempo fa il Primo Ministro del Governo di transizione Mohamed Abdullahi
Mohamed aveva invitato le missioni ONU già presenti in loco a prevedere l'inizio di
un ritiro dallo Stato.
Viene da domandarsi se le soluzioni messe in atto dalle
Nazioni Unite tengano sufficientemente conto del contesto locale e delle specifiche
strategie, riconosciute come legittime da parte delle popolazioni del Corno d'Africa
e spesso più efficaci per la normalizzazione politica di questa regione. Tra gli
strumenti che conservano ampio spazio nella sensibilità africana, vi è ad esempio
la cultura come veicolatore di messaggi politici e come soluzione per l'apertura di
un dialogo tra le parti in conflitto. Dalla letteratura alla musica, dalla danza alla
poesia, la cultura rappresenta anche il mezzo di comunicazione utilizzato da molti
degli intellettuali che vivono in diaspora, e che attraverso le proprie opere riescono
a partecipare all'evoluzione socio-politica dei rispettivi Paesi d'origine. Ce ne
parla Cristina Ali Farah, scrittrice italo-somala, intervistata da Silvia Koch: