Libia: Parigi e Londra chiedono alla Nato maggiore impegno al fianco dei ribelli
Libia: all’indomani del fallimento della sua missione, l’Unione africana chiede collaborazione
ai ribelli che hanno rifiutato il cessate-il-fuoco. Il regime di Tripoli, invece,
torna a minacciare la comunità internazionale, mentre Francia e Gran Bretagna chiedono
maggiore impegno alla Nato al fianco degli insorti. Il servizio è di Eugenio Bonanata:
La Nato non
sta facendo abbastanza, sia nel proteggere i civili che nel contrastare le forze di
Gheddafi. Francia e Gran Bretagna sono convinte che l’Alleanza Atlantica debba intensificare
i suoi sforzi nel Paese dopo aver assunto la guida della missione. E anche l'Italia
- con il ministro degli Esteri Frattini che oggi a Roma ha incontrato il leader dei
ribelli libici - ha auspicato un maggiore coordinamento militare con gli insorti.
Gheddafi non può garantire “un futuro di pace e democrazia alla Libia”: chiara la
posizione dell’Ashton, rappresentante della Politica estera dell’Ue all’apertura del
vertice dei ministri degli Esteri europei a Lussemburgo, dove è previsto anche un
breve incontro informale con alcuni rappresentanti del Consiglio transitorio di Bengasi.
Da giorni si ipotizza il dispiegamento di una forza militare di interposizione con
fini umanitari. Il regime di Tripoli, però, ha minacciato una “feroce resistenza”
contro qualsiasi tipo di intervento straniero, precisando che si accetteranno aiuti
umanitari soltanto dalla Croce Rossa e dalla Mezzaluna Rossa. Sembra in affanno l’Unione
Africana: ieri ha proposto invano un cessate-il-fuoco senza garanzie circa l’uscita
di scena del rais e oggi ha esortato a tenere aperta la strada del dialogo chiedendo
piena collaborazione ai ribelli. Intanto, l’Organizzazione internazionale delle migrazioni
ha previsto a breve l’arrivo nel porto di Misurata di una nave con la quale spera
di evacuare migliaia di persone, rimaste bloccate nella città assediata da giorni.
La tv di Stato libica, invece, ha annunciato un numero imprecisato di vittime a causa
di raid aerei a sud di Tripoli, mentre da Ajdabiya fonti mediche riferiscono di almeno
3 civili morti durante la violenta battaglia che ha portato gli insorti a riconquistare
la città. Dal canto suo, l’ex ministro degli Esteri libico, rifugiatosi in Gran Bretagna,
ha agitato lo spettro della Somalia e ha chiesto di non trascinare il Paese in una
guerra civile.
Siria Nuova manifestazione indetta per oggi in
tutta la Siria, attraverso i principali social network su Internet. Gli attivisti
protestano contro il regime e “in solidarietà con i martiri, i feriti e prigionieri”
provocati in questi giorni dalla repressione delle forze di sicurezza. L’appello arriva
all’indomani delle mobilitazioni studentesche in due università di Damasco e dopo
le violenze avvenute nella città di Banias e in quella di Daraa, che resta ancora
assediata dai carri armati dell’esercito. Il bilancio delle vittime dell’ultimo mese
– secondo fonti di associazioni per i diritti civili – è di almeno 20 morti.
Egitto In
Egitto arrestato il capo del partito dell’ex leader Mubarak e presidente della camera
alta egiziana. L’accusa è di corruzione e appropriazione indebita. Intanto "Human
Rights Watch" ha definito un “duro colpo contro la libertà d’espressione” l’arresto
del blogger egiziano 25enne condannato a 3 anni di carcere per aver criticato le forze
armate prima e dopo la caduta del regime.
Immigrazione - Ue Missione
oggi in Tunisia per il presidente della Commissione Europea, Barroso, con l’obiettivo
di porre le basi di una cooperazione che arresti l’immigrazione irregolare verso l'Europa.
Intanto, in Italia non si placano le polemiche per la risposta data ieri dall’Europa
sull'immigrazione, mentre prosegue il flusso di immigrati dal nord Africa. Un barcone
partito dalla Libia con oltre 100 persone a bordo, in gran parte provenienti dal Ciad
e dalla Somalia, è approdato a Malta dopo essere stato soccorso dalla marina militare
maltese. A bordo c’è anche il cadavere di una donna di 24 anni, morta durante la traversata.
In giornata, inoltre, circa 800 migranti giunti in questi giorni a Lampedusa lasceranno
l’isola. In 700 raggiungeranno altre zone d’Italia attraverso la nave “Exelsior”,
mentre gli altri migranti saranno rimpatriati forzatamente in Tunisia a bordo di due
aerei.
Algeria È stata repressa dalle forze dell’ordine la manifestazione
organizzata ieri da alcune centinaia di studenti universitari di ingegneria, in segno
di protesta contro alcune riforme ritenute a loro sfavorevoli. Per alcune ore i manifestanti
hanno bloccato la strada d’accesso al palazzo presidenziale, fino all’intervento della
polizia. I giornali algerini riferiscono di una ventina di feriti e di alcuni fermi.
Giappone La
situazione alla centrale nucleare di Fukushima “si sta stabilizzando passo dopo passo”.
Così il premier giapponese Naoto Kan, precisando che “le radiazioni stanno diminuendo”.
Preoccupazione è stata invece espressa dalla Tepco, che gestisce l’impianto, mentre
l’agenzia nipponica per la sicurezza nucleare ha innalzato al livello massimo di 7
la classificazione dell’incidente, al pari del disastro di Chernobyl del 1986. Stamani
una nuova scossa di magnitudo 6,3 ha colpito l’area.
Guinea Più di
5mila persone hanno assistito ai funerali del militante del partito di opposizione,
Zakariaou Diallo, 32 anni, deceduto per le ferite riportate durante la manifestazione
del 3 aprile, repressa dalle forze di polizia di Conakry. Come altri sostenitori dell’Unione
delle forze democratiche di Guinea (Ufdg), Diallo partecipava ai festeggiamenti per
il rientro in patria, dopo tre mesi di assenza del loro leader, sconfitto alle presidenziali
lo scorso novembre.
Bielorussia E' salito a 12 morti e un centinaio
di feriti il bilancio delle vittime dell'esplosione avvenuta ieri nella metro di Minsk,
e ritenuta dalla polizia bielorussa un attacco terroristico. Lo stesso presidente
Aleksandr Lukashenko ha definito l’attentato un tentativo di destabilizzare il Paese
da parte di imprecisate forze esterne. Intanto, il ministro dell’interno ha già fatto
diramare gli identikit dei possibili attentatori. Su questi primi elementi Stefano
Leszczynski ha intervistato Fabrizio Dragosei, corrispondente da Mosca
del "Corriere della Sera":
R. – Sono
in molti in Bielorussia a pensare che l'attentato possa venire dall’esterno, non solo
il presidente, anche se le opinioni sono divergenti. Il presidente ha sempre accusato
l’Occidente di fomentare l’instabilità in Bielorussia mentre l’opposizione pensa che
se c’è qualcuno che vuole mettere in discussione anche la stessa attività dell’opposizione
bisogna guardare non a Occidente ma, invece, a Oriente e quindi verso la Russia e
verso i servizi segreti.
D. – Questo è stato proprio il principale timore
espresso dall’opposizione. C’era stato questo tipo di reazione in passato?
R.
– Sì, già nel 2008 quando c’era stato un attentato che in realtà era stata una cosa
molto meno seria di questa, le autorità ne avevano "approfittato". Il fatto che immediatamente
le autorità abbiano annunciato un identikit, abbiano annunciato l’identificazione,
fa pensare che forse si potrebbero temere indagini a senso unico perché naturalmente
è facile identificare gli oppositori, sono conosciuti. Ricordiamoci che a dicembre
furono arrestate 700 persone e tra queste c’erano numerosi candidati alle elezioni
presidenziali.
D. – Lukashenko non è un personaggio particolarmente
amato da molti ambienti democratici. Questo attentato potrebbe contribuire a spostare
l’attenzione da quella che è l’attività di questo presidente molto duro …
R.
– Diciamo che Lukashenko non è amato in Occidente però è oggettivamente amato in patria.
Lui vince le elezioni con percentuali plebiscitarie, perché in realtà lui garantisce
o ha garantito finora e in passato un minimo di tranquillità. Inoltre, la Bielorussia
era fino a ieri un Paese molto sicuro, dove non succedevano le cose terribili accadute
nella vicina Russia. L’attentato nella metropolitana di ieri potrebbe cambiare un
po’ le carte in tavola perché a questo punto se Lukashenko non riesce neanche più
a garantire la sicurezza, forse la gente può iniziare a ripensarci. Certamente l’atteggiamento
dell’Occidente e della Russia nei confronti di Minsk, del suo “padre-padrone”, dipenderà
anche poi da quello che uscirà fuori dalle indagini: cioè, da chi saranno effettivamente
gli eventuali personaggi che stanno dietro questo attentato. (bf)
Italia
processo breve In Italia oggi pomeriggio il provvedimento sul cosiddetto processo
breve approda in aula alla Camera per il rush finale. Alta tensione con le opposizioni
che hanno annunciato ostruzionismo presentando numerosi emendamenti. Per domani diverse
associazioni si preparano ad "assediare" con le loro proteste Montecitorio.
Tanzania Nuove
nomine ai vertici del partito di governo sono state effettuate con l’obiettivo di
contrastare un calo di popolarità rivelato dai progressi delle opposizioni e dalla
bassa affluenza alle elezioni politiche dell’anno scorso. I cambiamenti nell’organigramma
del Chama Cha Mapinduzi (Ccm) riguardano il comitato centrale e la segreteria generale,
affidata ora a Wilson Mukama, un ex-funzionario pubblico con alle spalle una lunga
carriera nel partito. Le nomine sono state annunciate al termine di un vertice incentrato
sulle strategie politiche in vista delle elezioni legislative e presidenziali del
2015. Ad alimentare i malumori nei confronti del partito di governo, in un Paese dove
oltre il 50% della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà, hanno contribuito
di recente anche alcuni casi di corruzione.
Elezioni presidenziali in Perù In
Perù, prosegue lo spoglio dopo le elezioni presidenziali di domenica scorsa. I dati
parziali, relativi all’85 per cento dei voti, vedono al primo posto il candidato della
sinistra, Humala, con oltre il 30 per cento dei consensi. In seconda posizione c’è
l’esponente della destra, Keiko Fujimori, figlia dell’ex presidente Alberto, che ha
ottenuto fino ad ora più del 23 per cento voti. Terzo posto per l’latro candidato
della destra, Kuczynski con meno del 20 per cento. Se il quadro sarà confermato saranno
i primi due i protagonisti del ballottaggio in programma il 5 giugno prossimo.
Nigeria Una
multa di 3mila Euro per non aver rispettato le norme di radiodiffusione durante le
elezioni generali in corso: la dovranno pagare 33 emittenti radiotelevisive in base
alla sanzione decisa dalla Commissione nazionale dell’audiovisivo della Nigeria (Nbc).
Sabato, mentre erano in corso le elezioni legislative, le emittenti sanzionate hanno
diffuso programmi su questioni politiche. (Panoramica internazionale a cura di
Eugenio Bonanata e Gabriele Papini)
Bollettino del Radiogiornale
della Radio Vaticana Anno LV no. 102