Attentato alla metro di Minsk, salite a 12 le vittime
E' salito a 12 morti e un centinaio di feriti il bilancio delle vittime dell'esplosione
avvenuta ieri nella metro di Minsk, e ritenuta dalla polizia bielorussa un attacco
terroristico. Lo stesso presidente Aleksandr Lukashenko ha definito l’attentato un
tentativo di destabilizzare il Paese da parte di imprecisate forze esterne. Intanto,
il ministro dell’interno ha già fatto diramare gli identikit dei possibili attentatori.
Su questi primi elementi Stefano Leszczynski ha intervistato Fabrizio Dragosei,
corrispondente da Mosca del "Corriere della Sera":
R. – Sono
in molti in Bielorussia a pensare che l'attentato possa venire dall’esterno, non solo
il presidente, anche se le opinioni sono divergenti. Il presidente ha sempre accusato
l’Occidente di fomentare l’instabilità in Bielorussia mentre l’opposizione pensa che
se c’è qualcuno che vuole mettere in discussione anche la stessa attività dell’opposizione
bisogna guardare non a Occidente ma, invece, a Oriente e quindi verso la Russia e
verso i servizi segreti.
D. – Questo è stato proprio il principale timore
espresso dall’opposizione. C’era stato questo tipo di reazione in passato?
R.
– Sì, già nel 2008 quando c’era stato un attentato che in realtà era stata una cosa
molto meno seria di questa, le autorità ne avevano "approfittato". Il fatto che immediatamente
le autorità abbiano annunciato un identikit, abbiano annunciato l’identificazione,
fa pensare che forse si potrebbero temere indagini a senso unico perché naturalmente
è facile identificare gli oppositori, sono conosciuti. Ricordiamoci che a dicembre
furono arrestate 700 persone e tra queste c’erano numerosi candidati alle elezioni
presidenziali.
D. – Lukashenko non è un personaggio particolarmente
amato da molti ambienti democratici. Questo attentato potrebbe contribuire a spostare
l’attenzione da quella che è l’attività di questo presidente molto duro …
R.
– Diciamo che Lukashenko non è amato in Occidente però è oggettivamente amato in patria.
Lui vince le elezioni con percentuali plebiscitarie, perché in realtà lui garantisce
o ha garantito finora e in passato un minimo di tranquillità. Inoltre, la Bielorussia
era fino a ieri un Paese molto sicuro, dove non succedevano le cose terribili accadute
nella vicina Russia. L’attentato nella metropolitana di ieri potrebbe cambiare un
po’ le carte in tavola perché a questo punto se Lukashenko non riesce neanche più
a garantire la sicurezza, forse la gente può iniziare a ripensarci. Certamente l’atteggiamento
dell’Occidente e della Russia nei confronti di Minsk, del suo “padre-padrone”, dipenderà
anche poi da quello che uscirà fuori dalle indagini: cioè, da chi saranno effettivamente
gli eventuali personaggi che stanno dietro questo attentato. (bf)