2011-04-10 15:52:11

Libia, nuovi bombardamenti delle forze di Gheddafi ad Ajdabia e a Misurata. Al via oggi la missione dell’Unione Africana a Tripoli per raggiungere la tregua


In libia la situazione sul terreno appare ancora in fase di stallo, malgrado i combattimenti odierni soprattutto nella zona di Ajdabiya, Misurata e Brega. Intanto la diplomazia internazionale si muove alla ricerca di un cessate il fuoco. Il servizio è di Eugenio Bonanata: RealAudioMP3

Cessazione immediata di tutte le ostilità e apertura di una fase di transizione in vista di riforme democratiche. Questo il perimetro della missione dell’Unione Africana che oggi arriva a Tripoli per attivare i primi contatti con le parti. Gli uomini di Gheddafi hanno già messo sul tavolo una nuova costituzione, in cantiere dal 2007, da votare alla fine della crisi. Fredda la reazione dei ribelli che chiedono la destituzione del rais prima di avviare qualsiasi trattativa. Sulle speranze di queste ore sentiamo il collega Cristiano Tinazzi, che si trova nella capitale libica:

"Ci sono diversi Paesi, tra cui anche Mali e Sudafrica, tra i rappresentanti che arriveranno nelle prossime ore a Tripoli. Non ci sono molte speranze, perché non c’è dialogo tra le due parti".

Lo sbocco, nel breve periodo, potrebbe essere il dispiegamento di una forza di interposizione dietro preciso mandato dell’Onu e comunque a fronte di un accordo tra le parti. Un passo complicato, nonostante l’Unione Europea si sia già candidata ada assumere un ruolo guida...

"E’ difficile da valutare, il governo libico si aspetta una missione di tipo diplomatico e non militare, non sul terreno. Potrebbe creare ancora più tensioni questo".

La soluzione militare non basta, ha detto il numero uno della Nato, Rasmussen in vista della riunione del gruppo di contatto, mercoledì 13 in Qatar, e dei ministri degli esteri dell’Alleanza Atlantica il 14 e il 15 a Berlino. I ribelli chiedono ulteriore impegno contro le forze di Gheddafi sul terreno...

"Dai comportamenti della Nato sembra quasi che sostengano apertamente le forze ribelli. Ieri è stato intercettato un caccia ribelle ed è stato fatto atterrare. Se fosse successo dall’altra parte, sarebbe stato immediatamente abbattuto. Tra l’altro ieri sera il vice ministro degli esteri, ha fatto notare appunto la violazione del mandato delle Nazioni Unite e sulla no-fly zone ha detto: Se deve essere applicata, deve essere applicata ad entrambe le parti".

La Nato continua a colpire i mezzi militari dei lealisti, che stamattina hanno intensificato la battaglia nel pieno centro di Misurata e di Ajdabiya, dove gli insorti lamentano più di trenta morti. Il Consiglio nazionale di transizione libico, intanto, cerca appoggio diplomatico internazionale. All’Italia ha offerto aiuto nella lotta contro l’immigrazione clandestina. Martedì, inoltre, i leader dell’organizzazione saranno a Roma e a Lussemburgo.

Resta alta la tensione anche in altri Paesi del mondo arabo e nord africano. Nello Yemen si segnala l’uccisione di un alto ufficiale dei servizi segreti, all’indomani della repressione delle proteste antigovernative - andate avanti per tutta la notte in varie città del Paese - costate la vita ad almeno una persona. Stesso scenario anche in Sira dove fonti umanitarie riferiscono di oltre 30 vittime tra gli oppositori del governo negli ultimi due giorni. Sulla situazione siriana Eugenio Bonanata ha intervistato Fulvio Scaglione vicedirettore di Famiglia Cristiana ed Esperto di questioni internazionali:RealAudioMP3

R. – La Siria si distingue abbastanza nel contesto generale, perché il regime che sembrava, almeno teoricamente, più passibile di franare di fronte alla protesta popolare, invece si sta drammaticamente e crudelmente dimostrando forse uno dei più solidi. Il presidente Bashar al-Assad, il giovane presidente che sembrava per certi versi un re travicello, invece non viene abbandonato dai responsabili dell’esercito, delle forze di sicurezza, che fanno quadrato intorno a lui anche a costo di compiere delle vere e proprie stragi, perché questo sta succedendo in Siria.

D. – Secondo lei, qual è il ruolo dell’Iran in questa fase?

R. – Io credo che l’Iran sia in un angolo, nel senso che è il Paese dove ci sono state le rivolte più significative, proprio perché è il Paese dove meno questo era ritenuto possibile. Quindi, credo che in Iran si teme che un contagio sarebbe difficile da contenere dentro gli schemi logori, tipici di tutte le dittature, del complotto estero, dell’ingerenza degli altri Paesi e così via. La canzone che il regime di Teheran canta in questi giorni - cioè del complotto americano, giordano, saudita e così via - è abbastanza logora e mostra tutta la sua inconsistenza, tranne forse che per un aspetto: non dimentichiamo che in Bahrein c’è una minoranza sunnita che controlla una maggioranza sciita e che a questa maggioranza sciita nega molti diritti e soprattutto nega il diritto di fare ciò che di solito fanno le maggioranze: decidere, governare. L’Arabia Saudita è intervenuta militarmente in Bahrein per appoggiare il regime sunnita e questo dà qualche tipo di ragione all’Iran, che però mi sembra con il suo regime chiuso in un angolo senza grande capacità di influire. (ap)







All the contents on this site are copyrighted ©.