Il dolore del Papa per la strage nella scuola di Rio de Janeiro: dire "no" a violenza
e vendetta, strade senza futuro
Benedetto XVI piange con il Brasile, ancora scosso per la folle strage di due giorni
fa, quando un 24.enne è entrato in un scuola media di Rio de Janeiro armato di pistole
uccidendo 12 alunni, tra cui nove ragazzine e tre ragazzini tra i 12 e i 14 anni.
Il Papa ha inviato un telegramma di cordoglio alla Chiesa carioca, esortando a dire
“no alla violenza” e a non cedere al sentimento della vendetta. Il servizio di Alessandro
De Carolis:
“Bambini
indifesi”, li chiama il Papa nel suo telegramma di cordoglio. E tali erano, di fronte
al folle che li ha falciati come in un allucinante tiro a segno. Ragazzine e ragazzini
di massimo 14 anni, seduti nei banchi di un’aula, pronti per una tranquilla lezione
di portoghese alle otto del mattino, e poi, in pochi secondi, inchiodati dal terrore
davanti a un ragazzo più grande che spiana contro di loro due pistole. Quanto è avvenuto
giovedì corso in una scuola media di Rio de Janeiro ha profondamente addolorato Benedetto
XVI, che in un telegramma inviato all’arcivescovo della metropoli brasiliana, Orani
João Tempesta, si dice “profondamente costernato per il drammatico attentato compiuto
contro bambini indifesi”. Assicuro, si legge nel testo a firma del cardinale segretario
di Stato, la solidarietà e il conforto spirituale “alle famiglie che hanno perso i
propri figli e a tutta la comunità scolastica con gli auguri di una rapida guarigione
dei feriti”.
Proprio uno dei 17 feriti dall’assalitore, un 13.enne,
è spirato la notte successiva in seguito alle gravi lesioni riportate. L’episodio
ha avuto per teatro la Scuola municipale Tasso da Silveira, nel quartiere di Realengo,
nella quale con una scusa era riuscito a entrare Wellington Menezes de Oliveira, questo
il nome dell’autore della strage, poco più che ventenne, dipinto come un asociale,
che ha lasciato una confusa lettera di spiegazioni del suo gesto. Cento colpi esplosi
con spietatezza agghiacciante, finché la reazione di un poliziotto, che lo ha ferito,
ha indotto il killer a suicidarsi. I primi funerali delle vittime hanno visto una
folla in lacrime e sotto shock; la stessa reazione avuta dalla presidente del
Brasile, Dilma Rousseff, rimasta sconvolta alla notizia della peggiore tragedia scolastica
del suo Paese. Tre i giorni di lutto nazionale proclamati dalla presidente, mentre
la polizia indaga per scoprire ulteriori elementi su questa pagina di sangue, che
richiama alla memoria altre vicende analoghe avvenute soprattutto in quei Paesi nei
quali – come in Brasile – la vendita e il possesso delle armi è libero. L’ex presidente
Lula da Silva aveva fatto approvare nel 2003 il cosiddetto “Statuto per il disarmo”,
una legge che regolava in maniera più stringente il commercio di armi e munizioni,
ma il successivo referendum del 23 ottobre 2005 ha bocciato il provvedimento con una
maggioranza del 63%. Questo non ha spento a tutt’oggi la campagna di chi vorrebbe
un maggiore controllo sul settore e la strage nella scuola di Rio ne ha riproposto
in modo terribile l’urgenza.
Proprio in rapporto a questa situazione
che vive il Brasile, risuonano con ancor più incisività le parole con le quali Benedetto
XVI conclude il suo telegramma. “Di fronte a questa tragedia”, dice, invito “tutti
gli abitanti di Rio a dire 'no' alla violenza, che rappresenta una via senza futuro
e a cercare di costruire una società fondata sulla giustizia e sul rispetto degli
altri, soprattutto dei più deboli e indifesi”. L’ultimo appello del Papa è diretto
ai cuori di chi oggi è sconvolto dal dolore: “Perché la speranza – scrive – non venga
meno in quest’ora della prova e faccia prevalere il perdono e l'amore sull'odio e
sulla vendetta”.