Elezioni in Nigeria tra forti tensioni sociali etniche ed economiche
Si vota da oggi in Nigeria per le elezioni politiche. Sabato prossimo le presidenziali.
L’appuntamento si svolge in un clima di forte tensione. Alla vigilia del voto, almeno
12 persone sono rimaste uccise in due distinti episodi nei pressi di un seggio alla
periferia della capitale Abuja e nella parte orientale del Paese. Ma in Nigeria, lo
Stato più popoloso dell’Africa, si vivono anche tensioni legate allo sfruttamento
delle risorse, soprattutto quelle petrolifere, e al confronto tra le varie etnie.
Giancarlo La Vella ne ha parlato con Enrico Casale, esperto di Africa
della rivista dei gesuiti “Popoli”:
R. – La Nigeria
è un Paese che, come i Paesi della sua stessa fascia – Sudan, Ciad – sono Paesi divisi
in due parti, con un Nord culturalmente arabo e di religione fondamentalmente musulmana,
e un Sud africano e di religione fondamentalmente cristiana animista. Queste due culture
si scontrano e a questo scontro si aggiungono anche altre ragioni, legate soprattutto
alla gestione delle risorse: penso ai pascoli, penso all’acqua e penso – nel caso
della Nigeria – anche al petrolio.
D. – Proprio il petrolio è un argomento
che ha causato anche situazioni drammatiche …
R. – Sì: il petrolio è
una grandissima risorsa per la Nigeria, però è stato anche – negli anni – fonte di
corruzione, di tensione, di inquinamento e, soprattutto, le risorse del petrolio non
sono mai state ridistribuite tra la popolazione: né tra la popolazione del Sud, dove
ci sono i maggiori giacimenti, né tra le popolazioni del Nord. Questo ha creato tensioni
tra Nord e Sud e tensioni tra il Sud e il governo centrale. Ricordiamo, per esempio,
tutti gli attentati compiuti dai ribelli del movimento del Mend, nel delta del Niger,
che lottava per una ridistribuzione più equa delle risorse e una gestione più rispettosa
dell’ambiente di queste risorse petrolifere. Certamente c’è uno sfruttamento da parte
delle grandi compagnie petrolifere occidentali; a questo si aggiunge una classe politica
che sia in passato con le dittature, sia con l’avvento della democrazia, non è mai
riuscita a gestire in modo equilibrato queste risorse a favore del bene comune, ma
ha alimentato una grande corruzione e forti scontri e tensioni sociali all’interno
dello stesso Paese. Probabilmente, una migliore distribuzione della ricchezza potrebbe
permettere al Paese di crescere maggiormente sia dal punto di vista puramente economico,
sia dal punto di vista sociale ma anche dal punto di vista politico, come Paese di
peso che può avere una grande influenza su tutto il resto del continente.
D.
– E’ uno dei tanti Paesi di missione: qual è il ruolo del missionari, ma anche della
Chiesa locale?
R. – Il ruolo è molto importante. I missionari svolgono
un preziosissimo lavoro di dialogo con le componenti musulmane, cercando di stemperare
le tensioni molto forti che caratterizzano queste regioni; tensioni che – nella stragrande
maggioranza dei casi – non riguardano la religione: la religione viene presa come
una scusa per nascondere tensioni tra i gruppi etnici diversi, gruppi più legati all’allevamento
degli animali e gruppi etnici invece più legati all’agricoltura. Lo scontro non è
motivato da questioni religiose, quanto piuttosto da questioni economiche. (gf)